Fai l’amore con me, non affannarti a dare un senso a tutto ciò per cui respiri, per cui ti batte il cuore; spegni la luce: voglio sentire la musica, godere del vino e del tuo respiro. Sii il mio angelo in questa notte scura. Why Make Sense? è a metà del suo percorso; inizia Dark Night: io la conosco a memoria, lei la ascolta per la prima volta e i suoi occhi brillano più dei diamanti.
Viene naturale partire da un momento bellissimo e intimo per parlare del lavoro eccellente di un gruppo che, con questo tesoro, arriva senza dubbio all’apice del proprio percorso artistico nella maniera più accattivante e spontanea: parlando d’amore. E lo fanno declinando il più nobile dei sentimenti nelle sue varie forme, dalla gioia alla paura, all’auto-sabotaggio che ne deriva. Dieci gemme che sono dieci singoli, in cui gli Hot Chip alzano il tiro e la gittata delle proprie frecce di Cupido e retoricamente si interrogano sull’utilità di dare un senso alle cose quando è il mondo intero che, per primo, si rifiuta di avere senso (Why Make Sense?). Le frecce centrano il bersaglio, con un effetto a rilascio prolungato che dura per tutto l’ascolto e che spinge a un nuovo ascolto, e poi un altro e un altro ancora.
Si parte con il clubbing di Huarache Light, che ha già conquistato e messo d’accordo il movimento bipartisan sì/no vocoder, poi ci si tuffa nel morbido UK garage di Love Is The Future (crescerà tantissimo nel corso degli ascolti fino a diventare, forse, la più bella): in un attimo è già amore, fatto di longevità e speranza. Si parla di un sentimento reale, fatto di high and low, di momenti in cui si ride e di altri in cui si piange.Ecco allora le tanto temute lacrime, pronte ad essere servite in Cry For You: pur con un titolo da festival sanremese, quando ne metabolizzi le parole ti accorgi che stai piangendo, e nel frattempo stai ballando senza sosta e alzando le mani al ritornello, perché il tutto avviene sopra un contro tempo da dancefloor fatto di bassaccio e breakbeat .
Gli Hot Chip sono fatti così: gamba, cuore, ritornello, il ritmo si fonde con le emozioni e ci si trova a ballare mano nella mano con i propri sentimenti e le proprie pulsazioni umorali. Si va di traccia in traccia dalla ballad voce, chitarra e camino di White Wine And Fried Chicken, ai deepponi della già citata Dark Night, il cui ritornello va subito a memoria: “I’m calling for an angel to bring me a dark night, to bind me in my daydreams, darkness finds me It takes me somewhere I need to be if you can’t see me at least you can feel me”; c’è la house UK accelerata di Need U Now, altro pezzo killer dell’ album quasi, forse, in area Disclosure. Gli Hot Chip fanno il loro dannato mestiere e lo fanno al meglio: suonano bene e mostrano, in fase di scrittura, abilità di altissima rilevanza; un po’ pop, un po’ elettronici, i ragazzi sono in forma smagliante e forse hanno confezionato quello che, ad ora, si contende il titolo di AOTY con Ibeyi. La formula è fresca perché creata con una semplicità disarmante, per appeal e facilità d’ascolto: tutto è dato alla luce senza rinunciare a suonare nel proprio stile e senza, soprattutto, rinunciare a quell’eclettismo palpabile che caratterizza tutto il loro lavoro.
Chi ha amato il percorso artistico di questa band ora sorriderà sornione, la zampata vincente è arrivata: se sia inaspettata o meno non è cosa su cui ragionare troppo; forse la maturità artistica, agognata come un sacro graal, chiede questo tipo di risultati ma ci sono gruppi e progetti che non ci arriveranno comunque nemmeno vicini. Non si sentono spesso lavori come questo, ed è forse il motivo per cui si usa il termine “capolavoro”. Ascoltatelo, consumatelo e usatelo per farci l’amore: a luci spente, appena prima che faccia sera. Bellissimo.
L’album è completamente in streaming qui.