[column size=”3/4″ center=”yes”]“Son cresciuto in mezzo alle montagne, con le persone che quando gli spiegavo cosa mi sarebbe piaciuto fare mi guardavo come se avessi una malattia rara portata via chissà da quale angolo della Terra. Quindi come si diventa Crookers? Eh, lavorando davvero tanto, affinando il proprio gusto, la propria passione fino al punto in cui non sei contento.”[/column][spacer size=”10″]
Non ci impiega tanto a dire le cose Francesco, non fa giri di parole particolari, è sempre diretto (come i numerosi asterischi testimonieranno), e ti fa capire immediatamente quello che vuole intendere, anche quando non lo dice espressamente. Francesco Barbaglia è da anni che si fa chiamare Phra, e che lavora sotto il nome di Crookers, al singolare, ci tiene a specificare. Sono passati oramai 7 anni da quando il nome Crookers ha cominciato a circolare sempre più insistentemente, diventano infine una vera e propria istituzione. Tanto che si farebbe forse prima a dire cosa Crookers non è, piuttosto che elencarne tutti i meriti.
Come fai a dire di no quando ti offrono la possibilità di intervistarlo, è impossibile non avere un migliaio di domande già pronte, tanto che il problema diventa scremare, cercare di essere puntuale.
E quindi ho raggiunto Phra al telefono mentre era in macchina, in Svizzera (dove vive), seduto comodo sul sedile del passeggero, con la sua fidata manager al volante, e mentre si preparava ad essere uno degli headliner (insieme a Dargen D’Amico, Marta sui tubi e altri) della quarta edizione del Big Bang Music Festival, a Nerviano (MI) dal 29 maggio al 2 giugno.
Vedrai che 15 minuti ti basteranno per quanto parlo veloce ahah.
Ce ne è voluto qualcuno in più, di minuto, anche perché Crookers, al singolare, di cose da dire ne aveva.
Partiamo dal principio, una delle prime cose che si vorrebbe chiedere a uno come te è: come si diventa Crookers?
Facendoti un culo così! È l’unica risposta che sento di poterti dare, nel senso che: io parlo per me, e quando io ho cominciato ad approcciare le produzioni avevo 15 anni. Non ho mai avuto modo di consultare qualche tutorial di Youtube, o cose del genere, che mi spiegassero come fare le cose, e non ho avuto la fortuna di essere cresciuto a NY, o a Londra o anche solamente a Milano, dove magari c’era qualcun altro che voleva fare la stessa cosa che volevo far io.
Qualche giorno fa, uno dei miei amici di Facebook, ha postato il mixtape di Crookers, quello dove sono presenti, tra gli altri, Dargen e Ghemon. Mi sono riproposto di chiederti qualcosa sul rap. Tu che ci sei sempre stato molto vicino, ti aspettavi questa botta di attenzione per il rap nel nostro paese, che si è decuplicata negli ultimi due, tre anni? Come l’hai vissuta?
Io faccio una differenza tra rap e bello e facile. Cioè: c’è gente che sa rappare e gente che c’ha una bella faccia e non è buona a far niente, e te ne parlo come chi ne è oramai fuori, un ascoltatore puro quindi. Un ascoltatore però attento, perché il 92/93 era l’anno in cui cominciavo a scratchare con i technics il rap, quindi so cos’è quella cosa. E penso di saperlo abbastanza da potermi permettere di criticare quando vedo della musica in cui non mi ritrovo.
Io la vedo da un doppio punto di vista, certamente positivo ma, come sempre quando esplode qualcosa, dal punto di vista negativo. Perché abbiamo vissuto negli anni corsi e ricorsi di stili musicali diversi, e abbiamo sempre assistito al paradigma esplosione che porta alla distruzione del genere, il genere viene mangiato e ca****o fuori sotto forma di arachidi.
Diventa quindi un surrogato dell’originale.
Sì, diventa la vendita delle frutta di una roba che invece dovrebbe avere stile.
Torneresti mai indietro?
Credo di non avere i piedi in questa cosa perché non ho il tempo, ma comunque collaboro con dei rapper, vedi Guè. C’ho fatto una collaborazione per un nuovo album che uscirà. Di mio io ero dentro il rap degli anni ’90 in Italia nel senso che lo seguivo moltissimo, mi esaltava, era una roba completamente nuova. Era bellissimo vedere questa fotta, vedere tutta quella gente innamorata di una cosa, che si sentiva veramente parte di quella cosa. Mi piace tenere quel ricordo la, quindi non penso che, al di fuori di trovare qualcuno che è un genio a rappare (parlo dell’Italia), che rimescoli le carte e migliori il livello attuale, io non è che smanio dalla voglia di collaborare con un rapper italiano.
Poi, di beat io ne ho via un qualche milione, quindi se trovassi qualcuno che mi insegna il flow, sarei contentissimo di darglieli.
Come ci si sente ad essere il caposcuola di un intero filone musicale?
Tante volte non penso che tutti lo sappiano davvero, che tu (Crookers, ndr) sei quello che ha inventato un qualcosa, in un certo senso. Soprattutto in Italia, è difficile trovare una persona a caso che mi venga a dire “tu hai fatto iniziare una cosa per cui è cambiato anche il pop del mondo per 3, 4 anni”.
È difficile che qualcuno se ne sia accorto, forse perché c’è meno attenzione rispetto a quello che succede nel Mondo…e anche un po’ di invidia mi suggerisce la mia manager (si ride).
Io non lo so, io l’invidia non la conosco, quando vedo qualcuno che va bene mi dico “ma beato lui!” che mi frega. Ma forse sono io che vengo dallo sport e sono molto sportivo (in senso culturale). Forse come disse una volta Massimiliano Blardone finita una gara arrivato secondo “bravo lui, poverino io”.
Io, di mio, avendo messo da parte 12 anni di gavetta provandoci, avendo ricevuto tante porte in faccia, tanti no, molti più no che sì, ti dico che questa cosa mi ha cambiato generalmente l’esistenza, la consapevolezza di aver fatto qualcosa di importante e avere in giro per il Mondo persone che me lo ricordano. È una cosa che a livello di “fiducia in te stesso” ovviamente aiuta, le mie cose le ho fatte e vado avanti a fare quello che devo fare.
In questo mondo (anche se ammetto di non sapere neanche io di che mondo sto parlando) c’è molta gente che storce il naso quando viene anche solo nominato Steve Aoki, o una certa porzione di EDM. Tu che hai avuto modo di averci a che fare, e quindi sei arrivato al livello di non essere più il potenziale rosicone che sta sotto e quindi denigra, come dicevamo prima, solo per “invidia”, ma anzi, sei diventato quello che il rosicone a volta denigra, come ti rapporti al “signor rosicone”?
Allora, comincio col dirti che a me l’EDM quella pura fa cacare, davvero tanto, peggio di prendere una malattia brutta. Con me quindi sfondano una porta aperta. IL problema è quando danno a me dell’EDM, perché vuol dire che non capiscono un cazzo e non sanno cosa stanno leggendo. Come se leggessero il braille quando invece ci vedono benissimo.
Quando la gente si è infottata contro l’EDM, ieri praticamente, perché l’altro ieri andavano a ballarla, io ero già infottato contro l’EDM da 8 anni, e non ho mai cercato di infilarmi in quella grossa famiglia.
Il discorso su Steve Aoki è diverso: con me è sempre stato una brava persona. Non ti parlo di DJ, di produttore o quant’altro. Cioè con me è sempre stata una persona iper-gentile, simpatico, carino. E ci siamo sempre trattati bene quando siamo in giro insieme. Meglio di tanti altri cacaca**o dell’undegroud, che invece sono delle gran facce di m****a e ti trattano col c**o, solamente perché hai fatto un pezzo che ha venduto 17 milioni di copie nel Mondo (Day n Night). Pensano che tua sia un venduto, ma invece sono i dischi che han venduto, è diverso. Io ho fatto una canzone dalla mia cameretta, ero a Mergozzo, sul Lago, ho fatto Day n Night con le casse del sistema 5.1 perché non avevo ancora messo i monitor in cameretta. Ed è diventato quello che è diventato.
Io la capisco la guerra all’EDM, io la faccio musicale, perché le formule non mi piacciono. Tanto è vero che dopo Day n Night, non ho fatto nessuna Day n Night per i futuri 6 anni. Perché la formula, in generale, è una cosa che non mi piace, non mi interessa. L’EDM è diventata una formula, una barzelletta sopra una formula musicale. Da questa barzelletta si sono girati soldi a palate in un sacco di persone, ma non solo DJ, anche ghostproducer, si è cominciato a parlare troppo di questa roba. E quello ha fatto nascere il problema contro l’EDM. Un po’ come per la disco, per il rap e tutte quelle cose lì. Quando tu esageri, oversaturi un ambiente musicali, o porti una cosa, che dovrebbe rimanere in un certa maniera, la porti all’estremo, la gente dopo un po’ ha il pudore di dire basta, mi avete rotto.
Attualmente, oltre a tutta la Lucky Beard, cos’è che in Italia ti piace o ti attira dal punto di vista musicale?
Sai che non ne ho la più pallida idea? Mi devi scusare, ma io arrivo da due mesi e mezzo a LA, non ho seguito la musica italiana per mancanza di tempo più che altro. Mi piacerebbe tantissimo una persona che ha il mio stesso gusto, che mi facesse una scrematura e mi mandasse delle robe nuove da ascoltare. Io sono sicuro che ci sono dei produttori, cantanti, rapper, cantautori che spaccano.
L’unica cosa che posso dirti, e davvero non lo faccio per tirare l’acqua al mio mulino perché non mi interessa, e che la gente che esce su Lucky Beard è molto molto molto figa e non ha niente a cui invidiare a nessun altro produttore estero del mondo.
Come Digi, Stabber, Natlek , Anubi e tutti gli altri, come ci sono loro, che ogni volta che sento un loro pezzo penso “tu devi essere davvero una persona di un certo tipo, e avare una particolare voglia di spendere il tuo tempo per fare una cosa del genere. Sei particolare, e sei quel genere di persona che a me piace. Perché spendi il tuo tempo nella maniera che ti piace.”
Immagino che di gente così in Italia ce ne sia a frotte, perché noi qui siamo super-intelligenti, e super-fighi, e io sono uno molto pro-Italia, anche se vivo all’estero.
Spero sempre che la gente si accorga che non deve andare sempre a chiamare i soliti a Berlino, non far venire a suonare l’inglese e trattarlo come se fosse Gesù, quando magari a fianco al club in cui suona quello che tratti come Gesù, ci sta un ragazzino di 18/19 che quando va in giro a suonare, all’inglese che tu pensi sia Gesù, gli tira pure il culo.
Qualche giorno fa, preparandomi qualche domanda, ho visto l’intervista per “The Producers” di Vice, dove tu dici una cosa che mi ha colpito molto, e che prima hai ripetuto: “mi piace che qualcuno faccia qualcosa che gli piace, e che possa piacere” mentre nell’intervista dicevi “voglio fare cose che quando le suono al club tutta la gente che sta ascoltando mi viene e mi dice cos’è questa roba?”.
Continua ad essere quindi solo quello il modo, il fine ultimo della tua musica?
Sì, è l’essenza di quello che uno fa per passione. Nonostante sia diventato un business, un lavoro, ci siano tanti altri cazzi a cui pensare. Tu fai tutti gli altri cazzi, ma dopo questi tu fai musica e la voglia ti viene di cercare e spingere quello che fai, in un territorio che per me è quello giusto. È un po’ quello il discorso: io non penso di fare musicale a 360 gradi bella, per tutti, però faccio musica bella per quello che per me è bello.
Com’è cambiata la vita di Francesco, da quando Crookers è diventato CROOKERS scritto in maiuscolo su tutte le locandine?
La mia vita è cambiata nel senso che: io sono cresciuto non solamente cercando di farcela, e quindi lavorando tantissimo per provare a farcela, ma anche non avendo un supporto di famiglia o chi altro, perché mia mamma e mio padre avrebbero sempre voluto che io facessi altro nella vita, e mi hanno messo abbastanza i bastoni tra le ruote. Quindi ho cominciato a vivere meglio, molto più tranquillo quando ho avuto la risposta sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori, quindi quando è esploso Crookers è cambiato davvero tutto. L’unica cosa che non è cambiata sono io, che rimango abbastanza un montagnino. Non sono diventato uno con la puzza sotto al naso.
È uscito da pochissimo il tuo nuovo album quindi magari è prematuro parlarne ma, cosa devono aspettarsi i fan di Crookers?
Allora, faccio una premessa. L’album è uscito ma in realtà non è stato ancora promosso, perché stiamo tutti aspettando l’America, nel senso che fortunatamente abbiamo fatto tutte queste licenze in giro per il Mondo, in Giappone, in Australia, in America e il singolo ha cominciato a funzionare, in Australia è al numero 1, in UK al 16 e sta cominciando a scalare posti, in USA le venticinque radio più grosse l’hanno messo in rotation, quindi stiamo tutti aspettando il momento per spingere forte l’album e tirarlo fuori.
Ora: l’album a me piace, però io sono un coglione che ha la capacità immensa di scordarsi le cose mentre le promuove. Quindi io ho fatto l’abum ma ne sono già dimenticato.
Le nuove cose sono: 3 remix che usciranno a breve, Club Cheval nuovo singolo, dei ragazzi che si chiamano Carousel e altri che hanno una hit pazzesca che si chiama “King” e che si chiamano Years & Years, che mi hanno detto andare molto forte in radio in Italia.
Poi sono stato a LA e ho prodotto un tot di gente, e mi sono portato a casa una 10 di acappella che non vedo l’ora di mettere a fuoco in studio.
Ho un botto di roba pronta, e anzi la prima cosa che uscirà sarà un EP con DJ Funk, appena dopo l’album e poi dopo tutta una serie di cose nuove, sempre house (perché io mi labelo house), ma molto più morbide, più lenta, più da club.
Quali sono le più grandi differente tra il Mondo e l’Italia?
La differenza più totale di tutte è che negli altri posti la gente tende a spingere sempre, dando la priorità a quelli della stessa nazionalità. In Italia se sei italiano è molto più difficile che riesci a funzionare. Questa è la maggior differenza.
Poi io mi prendo bene ad andare ogni tanto in USA perché gli USA sono una fucina di talenti per la roba che piace a me, cioè rap o R’n’B, cioè a me piace il soul, ne produco un sacco ma nessuno lo sa.
Detto questo il talento lo trovi ovunque, ma l’unica cosa che non trovo in Italia è della gente che sappia cantare nel modo in cui piace a me. Perché quando trovi le grandi voci in Italia, vogliono cantare sempre le solite cose, amore, cuore, sole e dici “vabbe raga, io non ce la faccio”.
Parlando di remix, com’è il passaggio da Crookers che fa il remix di Kid Cudi come mi dicevi, un po’ a caso, a Crookers a cui quelli forti chiedono il remix perché sono Crookers?
Quella li è una cosa di mercato. Il successo arriva finche fai della musica bella o che ha generato stupore nella gente, e li ti riconoscono. Poi è chiaro, fai la hit mondiale e la gente ti si *******. Da li in poi ti conoscono e tutti ti chiedono di fare qualcosa per loro, e devi stare attento a non fare qualcosa per tutti.
Però in linea di massima è una roba di mercato, tante volte la gente crede troppo a l’hype, e ti rendi conto che qualche richiesta è solo di hype quando magari tu mandi qualcosa che per te funziona, e ti rispondono “non è quello che ci aspettavamo” allora ti rendi conto che tu non mi conosci, ma hai sentito dire da qualcuno che io sono bravo, ma non hai idea di cosa faccio.