A distanza di meno di un anno dalla sua creazione, da queste parti siamo già grandi fan della Sherpa Records, piccola etichetta lombarda che ad un notevole gusto musicale affianca una grande attenzione alle produzioni: dopo aver presentato i dischi di Morning Tea, Abiku e Omake e il primo remix di A Safe Shelter, oggi presentiamo il nuovo disco di un’interessantissima band indie dell’hinterland milanese (che personalmente avevo scoperto qualche anno fa, grazie a un minilive acustico registrato negli studi di Poliradio).
I Dust (Andrea D’Addato – voce e chitarra; Francesco Lodovici – piano e tastiere; Andrea Giambelli – chitarre e voci; Riccardo Carissimi – chitarre; Gabriele Prada – basso e voci; e Muddy Brambilla – batteria) sono 6 ragazzi che hanno rivitalizzato – passando attraverso dei cambi di formazione – un progetto nato nel 2002, in una prima fase prevalentemente orientato verso il blues-rock.
La seconda vita della band è iniziata con la pubblicazione di un Ep, Kind, uscito a gennaio 2012; a distanza di poco più di 3 anni, a marzo scorso i ragazzi hanno pubblicato il primo full lenght, “On the go”.
Un disco di cui, al di là delle atmosfere decisamente thenationaliane, ci ha colpito soprattutto la qualità sonora (merito anche dei ragazzi del Purania Studio di Vimodrone) e la capacità di andare oltre una semplice rivisitazione in chiave moderna del country-folk nordamericano, mantenendo un approccio pop e riservando grande attenzione alle melodie (su tutte, ne sono prova “If I Die” e “Cinema Part 1”).
Un disco che a noi sembra davvero adatto “per tutte le orecchie”, e che abbiamo deciso di farvi raccontare dagli stessi Dust.
(OUR ALIEN) MILLENNIUM
La prima canzone scritta per “On The Go”, nonché quella che esteticamente ha tracciato le coordinate di riferimento per il nostro sound attuale. Il brano disegna un paesaggio urbano tetro e sfuggente, in cui l’incedere a perdifiato della sezione ritmica sorregge gli intrecci di chitarre e synth e un’interpretazione vocale asettica, che sa di urgenza espressiva implosa. Il testo, l’unico scritto di getto e mai modificato, costituisce il primo tassello di un filo conduttore che riguarda la rappresentazione di due individui mai identificati, dei quali si racconta un’intimità ambigua, oscura (“Sometimes we just don’t mind about the wicked shades of our goals”), ma comunque necessaria.
IF I DIE
Il primo singolo di “On The Go” è sicuramente una delle canzoni che raccontano meglio i Dust del 2015. Qui le timbriche dark wave si aprono a una maggiore partecipazione emotiva, evidenziando la nostra ricerca di un equilibrio fra toni scuri e compassati di matrice “europea” e un approccio interpretativo figlio del nostro amore per il rock americano di periferia. Da segnalare il prezioso contributo di Roberto Redondi dei Donnie Lybra, che ha scritto e arrangiato le parti di synth.
CINEMA PART 1
Nato come ballad acustica, questo brano ha mutato il proprio aspetto in fase di arrangiamento grazie a una sezione ritmica percussiva ed essenziale che ne ha esaltato il lato più crepuscolare. Il testo è il più diretto e semplice dell’album e, almeno in apparenza, si discosta da un titolo che dialoga maggiormente con la parte musicale, per suggerire l’idea di proiezione di un mondo interiore.
IT’S BEEN A LONG TIME
Qui le ritmiche maggiormente sostenute e vivaci si scontrano con un’inquietudine di fondo destinata poi a prendere il sopravvento nella seconda parte, dove i tempi dalla lentezza narcotica e i tappeti di chitarra e tastiera aprono una digressione onirica che vuole essere una rappresentazione dello spazio del ricordo.
I’M NOT HERE
Questa canzone è nata durante una notte insonne nella baita in montagna dove spesso ci ritiriamo per scrivere. Per restituire la spontaneità del momento, abbiamo deciso di mantenere un arrangiamento molto minimale, sostenuto da una base folk-pop di chitarra acustica a cui si aggiunge il delicato contrappunto di un’elettrica; inoltre, il brano è l’unico dell’album eseguito rigorosamente live in studio. Il duplice senso di claustrofobia e desiderio di evasione che l’ascolto evoca, è lo stesso rappresentato graficamente dalla copertina di “On The Go”.
ON THE GO
Una ballata sulla transitorietà dei rapporti e sull’impossibilità di radiografare con esattezza la personalità di chi ti sta accanto. È l’ultimo brano composto dai Dust fino a questo momento, scritto dieci giorni prima di entrare in studio e vestito direttamente in sede di registrazione con un arrangiamento elettroacustico misurato, per rappresentare il senso di aridità interiore comunicato dal testo. Il finale, con le sue armonie vocali liberatorie sorrette da un letto di fiati, apre a una nuova consapevolezza.
DRIFTED
Nata nello stesso luogo dove è stata concepita “I’m Not Here”, è la prima composizione puramente pop di “On The Go” e forse quella che si avvicina maggiormente alla scrittura di “Kind”. Il testo fotografa i vani tentativi di un individuo di nascondere i propri errori agli occhi degli altri, ma lo fa con estrema leggerezza, tradendo la passione dei Dust per l’indie-pop anni ‘80/’90.
NELL’ARIA
Un brano semistrumentale dall’atmosfera dilatata e sognante in cui le poche parole cantate sono in italiano, anche per enfatizzare un senso di distacco dalla cupezza dei brani iniziali. Una vera e propria pausa di riflessione, come un interrogarsi sulla possibilità di una svolta netta.
CINEMA PART 2
Una versione maggiormente concisa e sussurrata del terzo brano dell’album. Rimanda alla possibilità di un ritorno al principio e, in generale, a un’idea di circolarità espressa nei testi dell’album, che spesso si avvitano su sé stessi senza proporre soluzioni esplicite.
NOT A TEAR
Un divertissement power-pop che suggerisce l’apertura a una diversità inaspettata. La canzone è nata da una volontà di avvicinare la scrittura dei Dust a soluzioni melodiche di presa rapida, ma la posizione in scaletta la carica anche di una sottile ambiguità.