A dispetto di una giovanissima età, Maya Jane Coles è uno di quei personaggi che non puoi non prendere con guanti di finissimo velluto. Facilmente bollata come l’ennesima dj deep house, ha commesso un solo errore fin qua: dare alla luce un album noioso come Comfort, fatto per assecondare un nome che cominciava a essere sulla bocca di tutti, ma per ben altri motivi. Maya Jane Coles ha infatti dato il meglio di sé come selecta, più che come producer. L’esordio fu con un memorabile Dj Kicks, ancora solido all’ascolto nonostante siano passati già tre anni (che nella musica elettronica sono tantissimi) e subito dopo ha proseguito con un Fabric in cui, va detto, di deep house, o anche solo di uk house, se ne trova davvero poca. Ora, con questo curriculum già ben stampato, la 27enne qualche domanda sulla propria libertà artistica e sul peso del proprio nome se la deve essere posta per forza; produrre qualcosa ancora col nome conosciuto poteva rinchiuderla in un giro vizioso, tanto da assomigliare a un cane che si morde la coda. Ecco perché, alla luce delle cose raccontate sopra, sembra una mossa intelligente quella di produrre il nuovo album sotto un altro nome che, per carità, non vuole celare alcuna identità, ma solo aggiungere un nuovo forte grado di libertà a queste nuove produzioni.
Sotto lo pseudonimo di Nocturnal Sunshine, la bella inglesina tatuata in petto si concede una cinquantina di minuti di divagazioni notturne, scure e introverse nel mondo dubstep, andando a suonare la musica che ascolta da sempre in compagnia di valide amicizie quali: Photek, Scuba, Mala.
Sono note le frequentazioni amichevoli di lei con questi nomi importanti della scena dubstep o post dubstep; creare queste 11 tracce non deve essere stata un’ impresa difficile. Maya pesca infatti dalle produzioni di Photek, ma anche di Scuba , Mala e Skream! ( pre diniego del genere ) e le rielabora semplicemente secondo il proprio gusto personale, marcando fortemente il senso della parola “post”, avvicinandosi molto più a quel movimento techno in cui molti artisti della golden era del dubstep hanno trovato asilo (basta Untold ? ). In più, aggiunge un personalissimo tocco nella visione che la stessa deve avere della notte, sia nelle parti del cantato, in cui è migliorata tantissimo, sia nei campioni e nei synth, ma soprattutto nella sezione ritmica dell’affaire; bellissima, ben costruita e ben amalgamata, ridondante come solo il buon dubstep sa essere. Suona tutto così lineare, così fluido, che davvero segnalare un apice risulta difficile: forse Take Me There, ma insomma sono tutte molto belle. Gira una foto di anni fa sul movimento dubstep, una bella istantanea in bianco e nero che è storia e vangelo: ci sono proprio tutti, e Maya vi troverebbe facilmente posto; pur in un ambiente prettamente maschilista come quello fotografato, il disco s’incastona perfettamente tra i migliori del suo genere e, credetemi, non è un paragone regalato né istintivo. Il dubstep è morto? Viva il dubstep, le sue visioni notturne al tramonto ci restituiscono un’artista matura, intelligente, capace, che dovrà forse porsi solo una domanda: è lecito oppure no, a questo punto, dimenticarsi il proprio nome di battesimo?