Durante il rituale della luna piena gli uomini lasciano la Terra e viaggiano verso “IWA”, il regno degli spiriti del mondo. I loro capelli scuri sono imbiancati dalle piume dell’avvoltoio reale. Nel corso di un rituale sacro che dura fino all’alba, gli uomini comunicano con gli spiriti attraverso una trance indotta dal canto.
Un approccio mistico e politeista, un dialogo con gli dei fatto di mani protese prima al cielo, poi alla terra. Preghiere di buon auspicio alla natura, all’equilibrio, all’energia. L’esordio di Montoya per White Forest è un rito religioso che viene da lontano: un atto d’amore verso la terra natia, le sue tradizioni e credenze . In 30 minuti di celebrazione intrisa di sacralità, questo ragazzo venuto dalla Colombia offre ai suoi dei una spiritualità interiore, espressa in maniera morbida ma dirompente e accompagnata da ritmi e suoni che, pur sintetizzati da macchine, vivono in forma organica nella composizione di questo straordinario poli-strumentista. Le tracce bagnate di animismo sono otto capolavori dai tratti cinematici di profonda atmosfera.
Musicalmente Iwa è una perfetta convivenza di folktronica, chillstep, latin music, sinfonia classica e spiritualità, Montoya orbita tra Four Tet e Mala di “Mala in Cuba” (Fagua) arrivando fino al bel jazz con cui Yba chiude il lavoro. Lo fa mettendoci comunque molto, moltissimo di suo: violino su tutto, percussioni e armonie, field recording e mille altri suoni si sciolgono perfettamente nell’Ayahuasca corposa e persistente che crea per la sua opera prima. Il lato ritmico di Iwa è di base un chillstep caldo ed esotico fatto di suoni volutamente tribali e meno sincopati rispetto al solito e bassi dalla nota lunga e sorda. Melodie e fascinazioni sono invece affidate soprattutto al violino che lo vedono splendido interprete e del quale ha una conoscenza che si protrae fin dall’infanzia. Infine, il colpo di genio: i sample vocali. I canti tribali che accompagnano tutto l’album sono rituali che le antiche tribù colombiane usavano e ancora usano per ringraziare terra e dei. Le canzoni, ognuna con una sua propria ouverture e un suo preciso crescendo fino alla propria consacrazione (figlie di uno studio classico immaginiamo), raccontano il soprannaturale e la reincarnazione, la natura e gli animali (Antumia); rivelano i segreti degli sciamani (Jai); parlano del Sole e delle stelle, di tenebre e di oscurità, dove Chuqui (la sacerdotessa) osserva il volo libero e velocissimo della Quincha, il colibrì che simboleggia il guerriero del sole e messaggero degli dei.
È un esordio sfavillante quello di Montoya, un diluvio uditivo e visivo che conduce chi ascolta in uno stato di trance mistica in cui si riescono benissimo a immaginare riti e usanze di divinazione, regala pace ai sensi e all’anima, oltre ad una sensazione di liberazione che si fa profonda e persistente per tutta la durata del suo lavoro. White Forest mette a segno uno dei colpi più importanti di questo 2015 arrivato ormai al suo giro di boa.
Bello, nobile, perfetto.
Iwa di Montoya è fuori per White Forest Records il 9 giugno.