Il lato più difficile, il criterio più arduo da rispettare per un EP di remix è la coesione. Il maggior rischio è la ripetitività, il peggior timore è la mancanza di filo logico.
“Remixes EP”, uscito il 5 giugno su Black Marigolds Recordings, schiva ambedue le minacce, grazie all’evidente coinvolgimento diretto degli artisti chiamati a reinterpretare i pezzi. Non si tratta di una forzata sperimentazione, bensì di una direzione dichiarata e perseguita da ognuno di loro.
The RAah Project è un’idea impegnativa quanto il suo nome la fa sembrare: due compositori, diciotto elementi d’orchestra al loro cospetto.
La traccia principale mette in nitida luce la cura compositiva. Gli archi riempiono il vaso, la voce (pura, come in studio così in cuffia) lo decora con metafore e toni potenti. La distanza tra le corde diminuisce, l’inattesa batteria rovescia la tensione, con bassi cupi e hi-hats moderni, la più evidente innovazione al loro sound, in perpetua evoluzione.
Ritorna la voce, ora ipnotica cantilena, avvertimento dei nembi carichi di brutte notizie.
Le nuvole grigie separano il buio irrimediabile dal chiarore, proprio come nella copertina.
E il concetto è estendibile al disco intero: anche il passaggio da un remix all’altro risulta piuttosto fluido, mai troppo stridente.
Ryan Ritchie e Tamil Rogeon sono australiani: una cultura recente, contaminata da realtà antropologicamente opposte. Deriva anche da questo la loro insaziabile esplorazione sonora. Tratti di hip-hop e residui assaggi di jazz ritornano ciclicamente, a riprova dell’eclettico approccio alla base di questo progetto, proprio come in Score, che li introdusse a critica e pubblico nel 2009.
Pseudo-footwork, dub, e dubstep vera e propria si svelano una dopo l’altra.
Il londinese Silkie e il napoletano Franky B traducono Movement II in linguaggi differenti: il primo, fedele nostalgico dell’era argentea della dubstep, aggiunge i fiati, a guidare una marcia densa di percussioni verso i rabbiosi inni da club di cui il genere pullulava qualche anno addietro; il secondo, qui accompagnato dai Cryptic Monkeys, isola la voce al servizio di sub-bass profondi e synth stordenti, su una batteria semplice ma contagiosamente ridondante.
Al giapponese Goth-Trad (compagno di Silkie alla storica Deep Medi) è affidato il remix del singolo Kill Me In The Summer: la voce, a metà tra l’hip-hop e la spoken word in stile Spaceape, alimenta l’ansia ossessiva dei violini; le percussioni veloci sfiorano il tempo di un pezzo juke, a completare l’ampio spettro di suoni.
Un EP non destinato ad infiniti ascolti. Un cielo complesso in cui immergersi con prudenza, ma con la certezza di imbattersi in un buon livello di composizione, ricerca e mixaggio.