Ormai si sa, le mode tornano di moda. Avviene ciclicamente e ormai ho raggiunto l’età per poterlo constatare senza dovermi inevitabilmente fidare delle generazioni precedenti. Facciamo un flick all’indietro e cominciamo a mettere un po’ d’ordine.
Saranno stati 13 anni fa quando ascoltai la prima traccia in questa direzione. Credo fosse un pezzo di Elephant Man che era stato inserito in una compila allegata ad uno dei primi numeri (se non addirittura del numero zero) dell’ edizione italiana di Groove Magazine, una sorta di freestyle che mi colpì perché dentro ci sentivo la metrica del rap, ci sentivo delle somiglianze con il raggae per via del jamaican patois , riconoscevo la struttura pop della strofa/ritornello e un qualcosa di più genuino e meno caricaturale del successo commerciale e del suono ripulito di Shaggy, che, come tutti sapete, nel 1995 diventò un’artista da classifica dal successo mondiale, riconosciuto a livello popolare come uno dei pochissimi rappresentanti dell’ampi(ssim)o spettro della musica jamaicana.
Da lì alla consacrazione mondiale della dancehall trascorreranno pochi mesi. Non so esattamente in che modo venisse considerata e trattata la dancehall nel panorma mainstream europeo prima del 2003 ma quello che avvenne con il Diwali Riddim, sul quale Sean Paul scrisse le strofe che lo porteranno a diventare una star di fama mondiale, non aveva precedenti. Fenomeno per altro abbastanza inspiegabile. Get Busy era un freestyle classico nello stile della dancehall di quegli anni e non rappresentava esattamente quel compromesso che oggi farebbe gola a molti artisti, per essere inseriti in heavy rotation dalle radio.
Il successo di Sean Paul puntò i riflettori sulla scena per la seconda volta e con un impatto devastante rispetto al successo discografico targato 1996 di Bounty Killer che con il suo sesto album My Xperience, riuscì a scalare le classifiche Billboard e ad aggiudicarsi le collaborazioni di The Fugees e Busta Rhymes.
Ne giovarono parecchi nuovi artisti e veterani come Elephant Man (indimenticabile lo spot della Puma con Usain Bolt), Beenie Man (a lavoro dal 2002 con The Neptunes, Stargate e Timbaland), Lady Saw (che fu anche nominata agli MTV Music Awards del 2003 insieme ai No Doubt) e Mr Vegas che con Pull Up creò un precedente, campionato sapientemente da Pitbull in una celebre hit del 2004 dall’indimenticabile titolo, Culo.
Qui sotto troviamo proprio un classicone prodotto da Pharrell e Hugo.
Gli stessi anni che videro gli esponenti della dancehall occupare le pagine delle riviste e apparire regolarmente sui canali televisivi musicali, sono stati anche quelli della golden age del reggaeton, che in parte è anche un ibrido della dancehall stessa. In più di un caso le carriere dei “rapper” giamaicani e di quelli sudamericani si intersecarono (Daddy Yankee/Elephant Man , Tito el Bambino/ Beenie Man, Tego Calderon/Sean Paul etc). Poi piano piano l’isteria popolare diminuì e la formula dei riddim, il compromesso della soca e l’hype intorno alla scena andò lentamente scemando sia in Europa che in America. In Jamaica invece artisti come Busy Signal, Mavado, Vybz Cartel (anche per via dei numerosi diss e alle vicende che lo hanno portato all’ incarcerazione) e decine di nomi più piccoli continuavano e continuano ad avere un seguito da star. La febbre della dancehall nel vecchio continente stava pian piano svanendo e molti degli esponenti di rilievo si giocarono la carta del feat con il rap americano e soprattutto del flirt con la musica pop e l’EDM per restare sulla cresta dell’onda, nel tentativo, in alcuni casi riuscito (vedi Sean Paul), di rimanere discograficamente a galla ma perdendo del tutto l’autenticità e la credibilità che li aveva resi in Jamaica dei numeri uno.
Per di più, recentemente molti degli artisti sopracitati sono stati accusati d’ omofobia dalle associazioni LGBT e molti dei propri show in Europa e USA sono stati cancellati in seguito alle proteste. Accuse che portarono addirittura Beenie Man a pubblicare un video di scuse ufficiali su Youtube, episodio che fino ad allora non aveva precedenti.
Poi lentamente, come se tutto ciò non fosse mai avvenuto, il mainstream e le macchine generatrici di hype si stanno ricordando day by day di un genere che ha contribuito tantissimo alla cultura musicale popolare (un po’ quello che sta accadendo col grime), cercando di renderlo di nuovo rilevante. Il rapper famoso partecipa con un cameo nel video dell’artista dancehall, Jamie xx chiama a rapporto Popcaan per uno dei singoli dell'”estate alternative”, Nicki Minaj fa un pezzo con Mavado che intanto firma con la We The Best, l’etichetta di Dj Khaled. Major Lazer diventano degli artisti da (alta) classifica, Rihanna minaccia di collaborare con parecchi artisti della scena per il nuovo album di prossima uscita e Assassin chiude il ritornello dell’ instant classic di Kendrick Lamar The Blacker The Berry.
Un prezioso documento pubblicato lo scorso anno vi spiega persino l’invasione delle dancehall queen e come il fenomeno della dancehall in Giappone si stia guadagnando rispetto e stia acquisendo credibilità. Non mi stupirei affatto se la dancehall nei prossimi mesi diventasse di nuovo la next big thing anche grazie a realtà come la Mixpak, etichetta discografica di Brooklyn che dal 2009 sta pubblicando tantissime release di parecchi artisti jamaicani di successo e di nuove leve del genere e non.
Qualcosa si sta muovendo, forse non è abbastanza per considerare questo periodo storico alla stregua del 2003 e probabilmente non ci saranno tormentoni da classifica a presenziare nelle charts soporifere del globo ma è sicuramente un’era prolifica per il genere, la cui major resurrection non ha nulla a che fare con un fattore stagionale. Te lo dice anche Popcaan:
I KNOW THERE’S GONNA BE (GOOD TIMES)