Già in occasione di un punto della situazione di quello che avevamo e che avremo da questo 2015 musicale mi sono soffermato sull’importanza di avere una visione d’insieme, di provare a non perdere i vari pezzi nell’oceano delle release musicali. E sempre in quell’occasione avevo lodato la pazienza di Tony nel mettersi ad elencarli, anzi a raccontarli, per far sì che non diventiamo tutti noi dei semplici collezionisti seriali di mb negli HD.
Per cui, sempre diffidando dalle imitazioni, godetevi questi ultimi dischi elettronici da portare in vacanza.
Gianluigi Peccerillo
Fin dal titolo la compilation “Balearic” non lascia spazio a dubbi. Al suo interno è contenuta solo musica composta, suonata e prodotta con l’intento di far star bene l`ascoltatore. Curata da due guru del genere chill-out e capisaldi della scena balearica come Chris Coco e Jim Breese, la raccolta mette assieme novità e chicche scelte con cura di artisti ben noti agli appassionati del genere come Phil Mison, Rui Da Silva, Don Carlos ed Enzo Elia, Afterlife con qualche puntatina in zone limitrofe, vedi la partecipazione dell´uomo del momento Nils Frahm. Se nelle prossime vacanze agostane, per fare da colonna sonora ai vostri tramonti in riva al mare, decidete di portare con voi un solo album nuovo, fate che sia questo.
Non molto noto ai più ma sicuramente nemmeno produttore all´esordio, il londinese Ashworth trova un alleato ideale nella label Needwant e con questa dà alle stampe il suo album di debutto intitolato “Grain”. Composto da dodici tracce tutte strumentali, il disco è un generoso concentrato di estroversa e solare musicalità dalla spiccata vena melodica che nonostante alcuni momenti più robusti e dancefloor oriented non manca mai di mostrare un suo lato più sentitamente emozionale.
Il duo degli Yard One, composto dai britannici Jordan Bruce e Larry Jones, si rifà alla house più sofisticata, spirituale e colta in questo “When Elements Collide”, LP ricco di sfaccettature ed arricchito dalla vocalità fresca e soulful di Rachel K. Collier.
Da quattro anni in quel di Londra Seb Wildblood è iniziatore e curatore del club Church e, nonostante il profilo basso, produttore di talento. Il suo primo album “Foreign Parts” è un interessante showcase del suo modo di intendere la musica elettronica.
Di origine sud coreana, cresciuto a Berlino e residente ad Amsterdam, Hun Choi, meglio conosciuto come Hunee, ha attirato su di sé l’attenzione sulla stregua di alcuni riusciti 12” che ne sono bastati a far rizzare le orecchie agli ascoltatori più esigenti. Nel suo primo album “Hunch Music” il suo background culturale del produttore si mischia a quello musicale per dare vita ad una house “altra” nella quale si possono distinguere le fonti di ispirazione ma senza essere in grado di prevederne struttura e svolgimento. Un disco che suona dall´inizio alla fine familiare ed allo stesso tempo fresco.
Silkie si muove sugli stessi territori jazzy e futuribili di Lone o Hudson Mahowke ma senza i preziosismi un po’ stucchevoli del primo e senza la pesantezza d´approccio e la vaga presunzione del secondo. Al contrario, il produttore londinese si mantiene in equilibrio per tutta la durata di questo suo terzo album -intitolato “Fractals”- tra la necessaria sofisticazione ed una naturale, spontanea vena melodica. Esattamente il genere di disco di cui avete bisogno quest´ estate ma di cui non ne eravate ancora a conoscenza. A Settembre poi ci ringrazierete, senza fretta.
Coloro che seguono con attenzione la carriera di John Talabot e della sua label Hivern si saranno sicuramente giá imbattuti nella sigla INIT. Dietro a questa si celano Nadia D’Alò e Benedikt Frey, quest’ultimo già fattosi notare per le sue produzioni su Mule Musiq e Live At Robert Johnson. Questo loro lavoro in tandem, intitolato “Two Pole Resonance” si allinea perfettamente con il sound della label barcellonese, riprendendone ed approfondendone i temi e personalizzando il tutto con colte citazioni di elettronica vintage che ben si prestano ad abbellire l’impianto intimistico dei brani contenuti. Tra questi si distinguono decisamente Talking About Talking e Blind End -quasi in odor di cold wave- e la più dancefloor friendly Blackbird.
Pur essendo stato fin dalla seconda metà degli anni ottanta parte integrante della scena musicale elettronica svedese più sperimentale, Andreas Karperyd è arrivato solo di recente alla pubblicazione del suo primo album solista. Sotto il titolo di “Woodwork” sono raccolte otto lunghe tracce registrate per la gran parte completamente dal vivo. Ed è proprio la spontaneità dell’approccio che regala a questa raccolta un organicità che nel genere non sempre può essere presa per scontata. A.Karperyd va così oltre la sua specializzazione di beatmaker d’avanguardia per avventurarsi nell’ambient più astratta e vicina al rumorismo confezionando un album consigliato soprattutto a coloro che amano immergersi in piena concentrazione nell’ascolto.
Si apre con l’epica e straniante Necronomicon -nove minuti di cassa e bassline pulsante, distorta e corrosa da filtri, riverberi e phasers- l’album di debutto di Matrixxman. Il titolo “Homesick” lascia intravvedere un anima dolente dietro un apparenza fredda, ruvida ed a tratti perfino ostile, tale è infatti l´impressione che la musica dello statunitense Charles Duff in alcuni episodi suscita. Un ascolto più attento rivela strati e strati di complessa umanità e mostra quanto il produttore sia animato dalla stessa visionarietà dei pionieri della techno detroitiana rendendolo promettente esponente di qualla che potremo definire “la nuova scuola della vecchia scuola”.
Un piacevole senso di déjà vu è quello che si prova durante l`ascolto di “Quantum Paths of Desire”, secondo album del musicista e produttore danese Claus Haxholm sotto lo pseudonimo di Assembler. Il disco, in uscita su Infinite Waves, riattualizza le enigmatiche, aliene architetture sonore del primo Aphex Twin utilizzando una tavolozza sonora molto personale, con i synths usati per imitare gli strumenti acustici a sottolineare il tema conduttore del disco, ovvero l´incontro/scontro tra l´uomo e la macchina, tra l`organico ed il sintetico.
Uno dei nomi ricorrenti sulla newyorkese L.I.E.S. Records, Jahiliyya Fields arriva in questi giorni nei negozi di dischi con “Change Life”, un album che rispecchia molto bene l´immaginario per il quale la sua etichetta è diventata oggetto di culto. Urbano, cupo e claustrofobico ma con l’inimitabile calore e la ricchezza di sfumature timbriche e ritmiche che solo il suono analogico può trasmettere.
Per concludere l´album dei “00110010”, firmato dal duo dei Poligono Hindu Astral, testimonianza del rinnovato interesse della scena elettronica spagnola –nella fattispecie, ma in generale a livello mondiale- nei confronti della kosmische musik. Un appassionante ritorno al futuro.