La vaporwave è una cagata pazzesca. Anche questa citazione lo è, ma è così istantanea, immediata e genuina di essere al contempo giustificabile, a tratti apprezzabile. C’è chi leggendola magari ha riso, la ha adorata. Ecco, come la vaporwave.
Prima di entrare in un loop infinito, ai limiti dello snervante, occorre fare un passo indietro, guardarsi allo specchio e proseguire con i sensazionalismi, come in apertura: produrre musica, oggi, non ha più senso. Siamo arrivati alla logica conclusione dell’arte. Siamo arrivati al post-post-modernismo. La vaporwave, appunto.
Sìsì, non stiamo parlando di novità assolute, siamo nel 2015, in questi ultimi cinque anni questo genere è passato dall’essere l’erede del punk a una delle mille influenze che il Capitale di Marx ha lasciato nel XXI secolo. Distruzione, dunque, con conseguente riassemblamento, non sempre troppo canonico. Nessuna novità, certo: ma avete mai trovato un album davvero così?
Smettendo i panni dello strillone, non viene che da farsi un’altra domanda: quante volte, quasi rapiti dalla noia o alla ricerca della svolta in una serata riassumibile come “dieci in una stanza”, il vostro computer ha iniziato a riprodurre (su vostro ordine, non siamo ancora alla guerra dei mondi) pop BRUTTO anni ’80/’90, alla ricerca di una risata, di una trovata che allo stesso tempo vi inorridisse ma vi attirasse tanto, magari, da tornare, in un’altra serata in cui la noia la fa da padrona? Il sottoscritto ci si è ritrovato infinite volte, ma forse non fa testo, essendo un amante della musicabbrutta. Ma sono sicuro che chiunque di voi, almeno una volta, ha vissuto questa esperienza ai confini con il mistico.
Tutto ciò per arrivare all’album della svolta delle mie emozioni: capita che una sera fossi giù di morale per svariati motivi e che l’unica cosa capace di alleviare il mio dolore, senza lenirlo pienamente, fosse postare sad frog su 4chan. Capita che, in quella notte buia e tempestosa, un mio amico arrivasse in soccorso, con un link bandcamp, capace di tirarmi fuori dal limbo emotivo di cui prima e elevarmi spiritualmente, fino a portarmi a scrivere queste righe. Fu così che scoprii Blank Goofee.
Arte moderna. O meglio: dadaismo, nulla di più. Campioni di musica brutta, jingle fastidiosi, versi ancor più fastidiosi utilizzati per creare dei loop e creare dei dischi. Prendere per il culo la musica per trarne fuori qualcosa di geniale. Una cagata pazzesca, come si diceva prima. Ma una cagata pazzesca bellissima.
Parliamoci chiaro: Pippo di artistico non ha un cazzo. Ha una voce fastidiosa, è scoordinato, è brutto, è sfigato. La musica d’ascensore, il jingle di artistico ha meno di Pippo. Insieme, beh, sono arte.
Non c’è solo questo, all’interno c’è tanta bella musica della mia infanzia, tanto che dopo tre minuti e dieci mi ritrovo a correre per la Forest Interlude, nel secondo mondo di Donkey Kong Country 2. Con a-hyuk online mi ritrovo a bestemmiare contro Windows che si impalla sul suono d’accensione, ora che non tocco un computer con installato il sistema operativo delle finestre da almeno cinque anni. Ancora infanzia. Ancora arte.
Non resta dunque che abbandonarsi a strane danze e strani suoni, pensando che la vita è bella. Ma Pippo di più.