No No No dei Beirut è un vulcano enorme che sta eruttando pianissimo, così piano che sembra un fiore che sboccia a primavera o uno sbadiglio quando si ha tantissimo sonno, o un vulcano che erutta però su Plutone dove un anno sono duecentoquarantotto anni.
Anche il fumo grigio e denso esce al rallentatore, dando così il tempo a tutti di scappare, di mettersi le scarpe da ginnastica di preparare i panini di caricare i cellulari e poi spingere sopra l’acceleratore e scappare via.
Le scintille colorano l’azzurro del cielo non come fuochi d’artificio ma piuttosto come pennellate di pittori impressionisti, rimangono lì anche a guardarle in piedi con le mani sui fianchi. Nemmeno si sentono i clacson suonare, qualcuno cambia la stazione della radio, i papà guardano sorridendo i bambini dallo specchietto retrovisore. Una colata di fuoco liquido intanto inizia a squarciare a metà la montagna, rosso su nero, “tesoro, alza il finestrino altrimenti entra odore di bruciato”. Tutto sembra tranquillo eppure una cosa enorme sta succedendo, proprio ora. È la voce malinconica di Zach Condon in contrasto con i leggeri accordi di pianoforte a dirci che qualcosa sta per esplodere, ma abbiamo tutto il tempo per salvarci. E anche questo è uno spettacolo bellissimo.
Piede sul freno, prendiamo i panini e fuoriusciamo. Come i polsi dai cappotti, il fiume dai bordi, il latte dai crateri.
Mettiamo gli occhi tra le fessure roventi ma non vediamo in profondità: il fuoco ci fa miopi, ci mette fuori-fuoco. No No No è così: ti aspetti che ti porti sulle sabbie bianche e invece ti ritrovi negli stretti, tra le creste fratturate, le crosticine che si staccano dai vulcani e le nuvole di fumo che fanno i cappellai matti di queste caldere in depressione.
Tutto tranquillo, dirai. Il magma fa le effusioni ai coni e io faccio il guardone da lontano mentre un midtempo sixties mi concede anche il lusso di essere romantico.
No No No, ti ripete Zach.
Il vulcano è una cameretta, una soffitta. Che ci puoi parcheggiare tutto: le foto e l’R ‘n’b, i fiati e le corde spezzate, le note, i blocchi note e i macigni.
Ma poi esplode, con tutti i sedimenti.
─ Claudia Maddaluno e Valentina Rodella