John McBride, in arte Synkro, era atteso al varco da tutti coloro che negli ultimi anni ne avevano apprezzato il talento attraverso una miriade di uscite discografiche sulla corta distanza. “Changes”, il suo primo album, è finalmente una realtà e non delude in nessun modo. Il debito che il produttore ha verso la musica del ben più popolare Burial è evidente, ma nel suo insieme il disco dimostra quanto di personale egli sia comunque in grado offrire, dal cantato di Shoreline alla struggente purezza della pianistica Empty Walls fino alla sinuosa melodia di Midnight Sun. Un più che convincente e bellissimo esordio.
Fin dai suoi inizi con il progetto GOD, passando per i Techno Animal fino alla sua incarnazioni in The Bug, il britannico Kevin Martin ha esplorato i limiti più remoti, oscuri, pericolosi e rumorosi dell´elettronica. Anche la sua collaborazione con i vocalists Roger Robinson e Kiki Hitomi sotto il moniker di King Midas Sound si mantiene ben lontana dai sentieri musicali abitualmente battuti dai più presentando però una differenza sostanziale: con questa formazione non è la manipolazione del suono ad essere spinta verso le sue più estreme conseguenze quanto piuttosto è il potenziale di introspezione di generi quali soul e reggae che viene sfruttato al massimo per raggiungere i recessi più intimi dell´anima. In questo “Edition 1”, primo di una serie di album che di volta in volta vedranno componenti esterni entrar a fare parte attiva della formazione, il terzetto si avvale dell`apporto dell´alchimista sonoro austriaco Fennesz. L´equilibrio tra i paesaggi sonori creati e le parti vocali è sempre perfetto, l`effetto narcotizzante. Un disco che entra sotto la pelle fin dai primi ascolti e che con il passare del tempo continua a scavare sempre più nel profondo. Tra tanti prodotti usa e getta, una trionfante eccezione.
Solitamente dedito ad una più soffusa ed impalpabile ambient music, il produttore Peter Prautzsch -attivo anche sotto lo pseudonimo di Palac e già collaboratore del più noto Vladislav Delay- per questo suo quarto album, intitolato suggestivamente “Fever Drawings”, ha optato per un suono più complesso e stratificato dove gli strumenti a percussione hanno un ruolo di primo piano disegnando ripetitivi, labirintici patterns. Tra improvvisi inserti orchestrali, spettrali apparizioni vocali e preziosismi vagamente jazzistici il disco avvince, e concvince, ascolto dopo ascolto.
Grischa Lichtenberger è un giovane musicista e produttore tedesco con una lunga e composita attività nel campo delle installazioni e della visual art. Questo “La Demeure; Il y a Péril En La Demeure”, pubblicato da Raster-Noton e primo di una serie di cinque uscite discografiche, è un efficace showcase delle sue qualità di sound designer. Materiale sonoro denso, ribollente come magma in continua fluida mutazione spinto da secche, meccaniche e frammentarie parti ritmiche.
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Fa il suo esordio su Stroboscopic Artefacts, con un album intitolato “Blurse”, il connazionale Dario Tronchin in arte Chevel. Il disco ben si colloca all`interno del catalogo dell´etichetta pur risultando personale e rivelando una certa originalità di approccio all`elettronica ed una completa rinuncia a facili luoghi comuni. La precisione e la misura con la quale Chevel incastra gli elementi che compongono il suo suono meritano un attento ascolto in cuffia per poter essere apprezzati appieno.
I Post Office sono una strana creatura musicale, un collettivo di strumentisti e cantanti al punto di incontro tra jazz, musica contemporanea, elettronica e pop. Con bravura confezionano un disco di brillante ed eccentrica musicalità come questo “The Marylebone Greenwave”. Al suo interno, tra gli altri, Eddie Stevens tastierista e collaboratore di Roisin Murphy e Sia Furler. Ed è proprio quest´ultima che offre un cameo d`eccezione comparendo in veste di vocalist nel brano Pin Out My Eyes. Un album che vuole rappresentare una vera e propria scommessa, Marylebone Greenwave infatti è un angolo preciso dell´urbanistica londinese dove -secondo una leggenda metropolitana- i tassisti sfidano la sorte azzardandosi a percorrerne gli incroci senza rispettare la luce rossa dei semafori. Un disco che nella sua imprevedibilità e temerarietà potrebbe far venire in mente gli ultimi due album dei Talk Talk, la Cinematic Orchestra o i Radiohead più sperimentali. Per palati fini.