Ex L’Amo, Alessio Forgione torna ad accoltellarci fortissimo con il nuovo progetto Giona che parla di sé come se stesse parlando di me o di te o di una terza qualsiasi persona. E non per distacco ma per un fatto puramente dialettico.
“Per tutti i giovani tristi” (To Lose La Track, Fallo Dischi, Stop Records) è un alterco che comincia con i missili che bucano le casse, chitarrate a sbieco che ti gonfiano di mazzate e finisce a urlarti addosso una canzone d’amore mentre se lì che cerchi di dormire.
Non ti lascia in pace mai perché non ha bisogno di convincerti di nessuna verità di cui tu non sia già abbastanza consapevole.
Streaming e track by track (ove mai fossi ancora in cerca della verità).
Guardia
Guardia nasce nell’Agosto del 2013, nel giro di qualche ora era bella che scritta e registrata – piuttosto frettolosamente, lo ammettiamo – perché Michele aspettava in macchina e Alessio voleva a tutti i costi fargliela sentire. Più che parlare, Guardia ricorda le nottate passate sul tetto della stazione a fumare le schifezze, i giubbini bucati per scavalcare i cancelli, le unghie sporche, le tarantelle. L’adolescenza è il momento della vita in cui impari a disprezzare, in cui incominci a capire chi sei partendo da quello che non vuoi essere. L’adolescenza è rifiuto e basta. Un rifiuto irragionevole, viscerale e sincero e Guardia va per quei territori e ricorda un’adolescenza approssimativa, senza sbocchi o sfoghi, vissuta in giro, per un quartiere dove in giro ci puoi trovare solo guai.
E poi è successo quello che è successo, in quello stesso quartiere dove Guardia è stata prima vissuta e poi scritta: una guardia, in una notte qualsiasi, ha sparato a un ragazzo, colpevole di non saper dove buttare la sua irruente adolescenza, distruggendo una vita e trasformando una canzone che credevamo soltanto privata in una canzone che racconta di un’esperienza comune. Si crede la vita altrui sempre più lontana di quanto pensiamo e, a volte, speriamo. Questa canzone non parla e non ricorda Davide Bifolco, ma parla e ricorda anche Davide Bifolco e questo è male, molto peggio, perché testimonia una recidività: cose sempre accadute e che accadranno sempre nel disinteresse generale, ma che, quando veramente eclatanti o spendibili, conquistano le bacheche Facebook di tutti – ma solo per un giorno, fino a che quella notizia non arrivi sul fondo, coperta dall’ultima novità o da un video con i gattini. Ad oggi nessuno più ne parla e forse nemmeno nessuno ricorda. Nessuno parla del processo in corso, nessuno parla del fatto che il quartiere è più invivibile di un anno fa, nessuno parla del fatto che niente di nuovo è accaduto, nemmeno mettere una panchina. E questo silenzio, questo palpabile disinteresse è il sincero sentimento riguardo quello che accadde quella notte e quello che accade tutte le notti, ma Giona si chiama così perché Giona, quello vero, tenne il punto e non dimenticò le proprie e le altrui colpe.
<< Ti sembra giusto essere sdegnato così? >>.
Squassanti
Squassanti parla di sesso non usando le parole giuste e non andando dritto al punto, ma facendo il giro largo, come il sesso dovrebbe esser fatto.
Pendere
Mai pendere dalle labbra di nessuno, un po’ per una questione di comodità – è veramente una brutta posizione quella dell’appeso – e soprattutto perché tutte le persone di questo mondo – anche quelle vestite male, soprattutto quelle vestite male – sono irrimediabilmente vanitose e, in quanto tali, piegheranno la verità alla verità a loro più comoda. Diciamo che su questo tema vi consigliamo “Questi Fantasmi”, uno dei tanti capolavori di Eduardo De Filippo.
Coerenza Tralalà
La coerenza è una di quelle parole che in un qualsiasi tipo di conflitto salta sempre fuori, soprattutto quando c’è qualcuno nell’angolo, in difficoltà e con tutti gli altri argomenti che si confondono in lontananza. È l’ultimo appiglio, perché facilmente genera almeno un sospetto negli ascoltatori, un dubbio facilmente confezionabile per il proprio prossimo, per tutti eccetto che per il proprio interlocutore. A Giona non piace la coerenza esibita come certificato di santità. La coerenza, molto spesso, è la virtù di chi non ha nessun’altra virtù; la coerenza non è azione e non è certezza di ragione; la coerenza non è un valore assoluto; la coerenza esclude il confronto e lo scontro; parafrasando quello che Tolstoj diceva in Anna Karenina riguardo la fedeltà, che non necessitando di azione per essere compiuta è simbolo d’amore solo in negativo e non in positivo, la coerenza è una proiezione di se stessi solo negativa, non positiva, non è azione, ma una dichiarazione d’inazione: d’altronde si potrebbe essere perfettamente coerenti facendo assolutamente nulla per tutta la vita. Detto questo, la canzone parla di rapporti che finiscono.
Tutto Tutto Vero
A Giona piacciono le persone che si sporcano le mani con l’unto del reale. Che quell’unto sia vernice, sudore o fango, non fa niente, esistono un sacco di prodotti per detergersi, l’importante è sporcarsi. E poi pulirsi.
Gaiola
Gaiola è una nota spiaggia napoletana. È bella, ma di notte – con la città apparentemente viva e fortunatamente lontana, col cielo che incombe, pesante, per poi inghiottire tutto – è più bella. Per farlo devi scavalcare un alto cancello: ti dicono che è vietato, ma tu ignorali. E portati le birre, perché non avrai più modo di comprarle.
Gaiola, la canzone, è molto distorta – come la notte – e privatamente felice, cioè che non sembrerà felice agli altri, ma per chi conosce lo è. D’altronde l’amore è quella cosa lì che elimina il mondo: si è felici a due per volta. Gaiola, la canzone, dunque, altro non è che la telecronaca di una delle notti più belle di sempre. E sì, faceva freddo nonostante fosse già primavera.
Peroni
Peroni è l’ultima canzone scritta per questo disco e un po’ ne rappresenta un riassunto. Quando ti accade qualcosa di speciale anche bere una Peroni – cosa che Giona fa con una certa passione e piuttosto frequentemente – ti sembrerà speciale. La Peroni c’è, ti serve qualcosa di speciale per brindare. Se finisce la Peroni mentre la cosa speciale è ancora viva compri un’altra Peroni; se finisce la cosa speciale mentre bevi una Peroni allora ti attacchi alla Peroni. Peroni sempre!
BAR
Chiacchiere d’amore al tavolino di un bar. Sembra poco, ma poco non è. E poi sì, Giona è abitudinario: va negli stessi posti, anche se quei posti non gli piacciono. Forse per scoprire quando quei posti sono cominciati a non piacergli per poi riparare lo strappo. Giona, dispensatore di seconde possibilità fideisticamente offerte.
Tutto Tutto Nero
E’ il nascere che non ci voleva, ma ora è il crescere che non ci vuole.
Do You Wanna Dance?
Essere i Ramones.
Traiano
Questa canzone per molto tempo si è chiamata Napoli, ma non sarebbe stato giusto. Non racconta Napoli, ma solo una Napoli: esattamente quella parte di città che comprende gli ultimi, gli affamati, gli sconfitti. La Napoli proletaria e sotto-proletaria – usando parole antiche, ma calzanti. Contrariamente a quanto si pensi, Napoli è una città di gente che sta bene, di gente che vive tranquilla, lamentandosi di qualche sciocchezzuola ogni tanto, ma senza crederci davvero, lamentandosi non per ottenere, ma giusto per sentirsi meglio, per non sentirsi parte del degrado. Napoli è perlopiù una città di piccolo-borghesi intenti a parlare delle buche in strada, dell’incessante pioggia novembrina, dell’asfissiante caldo estivo e della metropolitana che non passa mai in orario e poi le cozze non sono più buone come una volta e una casa di proprietà e una casetta estiva o magari un camper e il figlio, trent’anni e un anno di triennale ancora davanti a sé, ma che ci vuoi fare, è un anticonformista, si fuma gli spinelli, ma è un bravo ragazzo, maturerà, presto forse e la cinquanta euro per il sabato sera, però, gliela da mammà, che io già pago la benzina, e che so’ fesso?
La vita è troppo breve per prestare attenzione al nulla e poi la regola numero uno è non rendere esistente l’inesistente e allora Traiano parla dei quartieri che abitiamo e di gente viva, male, ma viva e di quelle femmine grasse, che puzzano di merda di neonato, ma che hanno la faccia della Madonna; e poi, nel secondo capitolo, entrano in scena i parcheggiatori abusivi, tanti bellissimi parcheggiatori abusivi che cantano questo coro allegro, tipo fanfara e delle schegge di dialoghi – non liti, ma pacifici dialoghi – tra persone che finiscono a sfidarsi a gara, nel buio assoluto, illuminati solo da una luce a occhio di bue, a chi ha il coltello più grosso, come quando da bambino facevi a gara di sputi.
Assonnata
A leggere quel che Giona scrive non sembra, ma questo è un disco positivo, felice, non ci sono tormenti o patemi. Non c’è l’intenzione di cambiare il volto della musica, ma l’ambizione di migliorare la giornata di chi lo ascolta. Accadono delle cose sgradevoli, questo sì, c’è gente che ti stai togliendo di torno e le vicende si svolgono al tavolino di un bar di un quartiere orribile, ma che cosa c’importa di tutto questo se c’è l’amore? Cosa mi puoi mai interessare di quello che accade o di quello che dicono gli altri se non ho occhi e orecchie e cuore che per te? Sì, la gente avrà i suoi affanni, ma io ho altro a cui pensare. Il centro, il motore della vicenda è la storia d’amore che non finisce e che quindi finisce bene. Assonnata è stata scritta un istante prima d’andare a dormire e lei, come buonanotte, anziché ricevere un messaggino su WhatsApp, si ritrovò una canzone registrata velocemente con GarageBand. E così fu.