Da qualche anno a questa parte, novembre è quel periodo nel quale Torino si configura come la capitale della contemporaneità. Status conseguito grazie a manifestazioni come Artissima, Paratissima e The Others, ma che non sarebbe tale senza Club To Club, il celebre festival di musiche, arti e culture elettroniche, quest’anno alla sua quindicesima edizione. Un traguardo ragguardevole, che è stato celebrato fin dall’avvio dell’anno con anticipazioni disseminate lungo la Penisola e l’Europa. Una sorta di rassegna itinerante, racchiusa tra il canale della Manica e il Bosforo, ed eclettica, in quanto indagatrice degli attuali trend musicali (FKA Twigs e Run The Jewels, per citarne alcuni) e delle realtà più avanguardiste e sperimentali. Una tensione che è paradigma dell’animo di Club To Club e che pertanto si ripercuoterà sul main event, in programma dal 4 all’8 novembre nella città sabauda.
Al di là del gretto campanilismo di certi torinesi, che individuano in Club To Club, più che un’opportunità, un moloch da debellare, la ricetta proposta quest’anno dal festival è difficilmente demonizzabile. Un programma imponente che conferma la dimensione internazionale acquisita dalla manifestazione, e di cui vi proponiamo una chiave di lettura nelle prossime righe. Una disamina che rivolgiamo in particolare a coloro che beneficeranno dell’esperienza festivaliera nella sua totalità, ma che tuttavia riserva molti spunti utili anche per chi sceglierà solo una giornata di Club To Club. Magari i ritardatari, che possono ancora acquistare biglietti per il sabato su Mailticket.
I protagonisti
Senza ombra di dubbio, il protagonista di questa quindicesima edizione di Club To Club è Thom Yorke. Il frontman dei Radiohead, a Torino in veste solista per l’unico passaggio nel Belpaese della tournée di Tomorrow’s Modern Boxes, ha infatti attuato una sorta di personalizzazione del festival, monopolizzandone la comunicazione partendo dall’iconografia. Tuttavia, i più attenti avranno notato come la manifestazione torinese porterà, oltre al folletto oxoniense, alcuni degli atti al centro dei radar mediatici di quest’anno. I primi che citiamo sono i Battles, un po’ per la stessa facilità di Yorke di unire un pubblico rock con uno elettronico. Il loro ultimo lavoro, fuori per Warp e dall’onomatopeico titolo La Di Da Di, è infatti il loro capitolo discografico più meticcio e ricco di richiami elettronici. Una nuova alchimia alt rock danzereccia che accompagnerà nella serata di venerdì la nostalgia rave di Jamie XX, l’etno-house di Four Tet e l’universo noise di Prurient. Tutti quanti reduci, quest’anno, da una release in grado di catalizzare grandi attenzioni; una in particolare, In Colour, capace addirittura di creare un incredibile dualismo tra sostenitori e detrattori.
Inoltre, nuove importanti uscite sono state licenziate da artisti come Nicolas Jaar, tornato ad occuparsi del suo progetto solista dopo l’avventura Darkside, e Carter Tutti Void, supergruppo electro/post-industrial composto da due membri della seminale band industrial Throbbing Gristle (Chris Carter e Cosey Fanni Tutti) e dalla voce e chitarra dei Factory Floor (Nik Colk Void), al Club To Club per la loro prima italiana, così come LA Priest, la collaborazione tra Mumdance e Novelist, e Floating Points. Quest’ultimo particolarmente atteso per la sua performance in programma il giovedì sera, nella suggestiva cornice barocca del Teatro Carignano. Ultimo, ma non meno importante, Oneohtrix Point Never, genio sregolato attorno al quale si è alimentato un certo hype per l’imminente pubblicazione di Garden Of Delete, lavoro che sembra risentire dell’esperienza di spalla ai Nine Inch Nails e Soundgarden dell’anno scorso.
L’accelerazionismo digitale
In una scena underground sempre più cibernetica, è interessante come gli umori del tecnocapitalismo confluiscano nella musica. Un fenomeno che in molti hanno ricondotto ad un filosofia politica: l’accelerazionismo. Non poteva quindi mancare un’attenzione da parte di Club To Club su questo ritorno al futuro, al festival nella sua declinazione più HD: prima con i render lucidissimi e gli energy drink di Sophie e QT, poi con il cervellotico avant-pop di Holly Herndon. I primi due nomi riconducibili al bacino PC Music, label che in poco più di due anni si è evoluta da fenomeno del web a vero e proprio movimento culturale, attualmente al centro di un dibattito controverso: considerata da alcuni come la “Jeff Koons della musica”, ossia come uno sguardo critico rivolto al consumismo di massa tramite una scintillante estetica kitsch; altri l’hanno inquadrata come una denuncia contro la monetizzazione della cultura finita per assecondare ad litteram il linguaggio corporate, rifugiandosi poi nella confortevole retorica dell’ironia—legittimazione che non ha sempre funzionato. Se poi voi a questo punto non vi siete ancora fatti un’idea a riguardo, allora la serata del giovedì potrebbe fare al caso vostro.
Holly Herndon, considerata “la regina della tech-utopia”, esplora invece gli effetti dell’interazione tra il sé e il digitale. Aspetto sviscerato sia in Movement sia—con un taglio filo-pop—in Platform, tramite la processazione della voce attraverso i software del proprio laptop. Emerge quindi una narrazione imperniata sul dualismo intimità/tecnologia che si declina in concetti come la subveglianza o l’intermediazione della privacy personale sul web. Un lavoro altamente politicizzato, così come lo è—per lotta alla white supremacy e all’omofobia—quello di Lotic, la cui performance è prevista per sabato 7. J’Kerian Morgan è infatti nero e queer, oltre che un producer riconducibile al discorso accelerazionista più distopico ed un esponente della Janus di Berlino, club night di cui fanno peraltro parte M.E.S.H. e Kablam, con l’obiettivo di sovvertire la nozione di dominanza sincronizzando il termine cool su ciò che è più radicale e—soprattutto—libero. Una sorta di controparte europea della GHE20G0TH1K di Venus X.
La dialettica locale/globale
La natura non-territoriale del web è stata finora il casus belli di numerosi paradossi, ma nella musica ha sicuramente avuto il merito di sdoganare produzioni che altrimenti sarebbero cadute nell’oblio. Abbattendo le frontiere, i network globali hanno dato la possibilità a diverse realtà di ricontestualizzare il locale; ed è quello che è successo con la dabka di Omar Souleyman o la ricetta afro-portoghese (un centrifugato di tarraxinha, batida e kuduro) di DJ Nigga Fox, artista proveniente dal vivace cenacolo artistico Príncipe, che sarà protagonista della domenica di Club To Club—ancora una volta accolta nel punto nevralgico della creatività torinese: San Salvario. Un’attitudine world che si riscontra, secondo modalità differenti, anche in TĀLĀ, la cui forte impronta britannica—tra RnB/UK Pop—è sporcata da influenze provenienti da lontano: un’artista su cui avevamo già scommesso in tempi non sospetti.
La creatività italiana
Non possiamo infine non citare la creatura nata in seno a Club To Club, atta alla promozione della nuova creatività artistica italiana: The Italian New Wave. Un format in fieri, in quanto non ha ancora individuato un ruolo preciso—ora a metà tra agenzia di booking e promotore di iniziative, che ha comunque il merito di mettere in luce ed esportare una scena in particolare fermento. Un contesto artistico, quello italiano, del quale si incarneranno portabandiera durante il festival il local hero Vaghe Stelle, i Niños du Brasil e il loro carnevale punk, Not Waving e i suoi suoni spigolosi e ruvidi di casa Diagonal, Shapednoise, per l’occasione in The Sprawl insieme ai due pesi massimi del grime 2.0, Mumdance e Logos, e Furtherset, al festival fresco di pubblicazione e di esperienza alla Red Bull Music Academy. Quattro artisti e un duo, ai quali si aggiungerà uno dei collettivi più rappresentativi di questa nuova onda, Gang Of Ducks, etichetta che opera sull’asse Berlino-Torino e che si ritiene figlia, più che di un’entità territoriale, del web.