Putignano, 27mila anime nel sud-est barese, è una cittadina nota principalmente per ospitare un carnevale tra i più antichi d’Europa. Da un anno a questa parte, “la città del Carnevale” è diventata un nuovo faro dell’elettronica in Italia. Il merito è da attribuire al Kode_1, club fondato dal putignanese Vincenzo Palazzo: in dodici mesi d’attività, dal paese pugliese sono passati alcuni dei migliori artisti italiani ed europei nell’ambito della musica elettronica. Il pubblico ha risposto “presente” e gli ospiti hanno speso parole al miele per la location e l’ospitalità ricevuta. Un miracolo elettronico pugliese.
In occasione del primo anniversario, abbiamo intervistato Vincenzo per farci raccontare genesi e programmi del club.
Quando e come hai sviluppato la passione per l’elettronica e la club culture? Cosa significa “club culture” per te?
Quand’ero un moccioso, i miei zii erano praticamente teenager e son cresciuto a ritmo di Smiths, Spandau Ballet, Michael Jackson e gli anni 80. Perciò mi sento un po’ figlio di quei suoni che poi andranno a contaminare la dance moderna. Ho sempre ascoltato di tutto, con una preferenza per l’Indie (quella vera) e tutta la scena della British Invasion. Number Nine dei Beatles mi ha aperto all’idea della sperimentazione “senza strumenti”, all’idea di loop ed “elettronica”. Il mio concetto di elettronica è nato attraverso l’ascolto delle sperimentazioni minimaliste. Da Steve Reich a Terry Riley (A Rainbow in Curved Air mi ha segnato molto) per poi passare all’ IDM. Brian Eno e i Boards of Canada sono forse i nomi che più ho ascoltato da ragazzino in ambito elettronica. Poi c’è stato il periodo U.N.K.L.E. e Death in Vegas, che preferivo molto più a Chemical Brothers e co.
Se invece andiamo a cercar radice all’avvicinamento alla club culture e perciò all’elettronica fuori dalla propria camera da letto, dobbiamo arrivare a Londra.
Fino all’età di 17 anni, vivendo in un paesino che non offriva praticamente nulla di realmente interessante, ed essendo musicalmente molto critico, non ho mai frequentato le discoteche. Frequentavo più che altro party abusivi in masseria e dancehall. Poi la svolta. Non ricordo qual era il nome del club, ma ricordo quel suono che non avevo mai sentito prima. Ero in un club e ascoltavo finalmente musica di qualità. Fermai una ragazza e le chiesi che musica fosse: “Dubstep”! Di lì in poi nulla fu come prima.
Per me il concetto di Club Culture è qualcosa che si estende al di là della musica e del club stesso. Son sempre stato fortemente attratto dai movimenti socio/culturali e le mode e tendenza che scaturivano da esse: le Subculture. Per me la club culture fa parte di questi e perciò sviluppa, intorno a sé, tutto ciò che ne deriva da qualunque movimento culturale.
Il primo disco/artista di cui ti sei innamorato?
Come raccontavo prima, i miei genitori, lavorando moltissimo, mi lasciavano nelle mani di mia nonna e dei miei zii, all’epoca poco più che teenager. Mio zio ascoltava gli Smiths, le mie zie Spandau Ballet e la New Wave e mia madre gli U2. Penso che i primi dischi di cui mi sono innamorato (e ho rubato a mie zii) son stati Achtung Baby degli U2 e Dangerous di Michael Jackson. È stato grazie ad Achtung Baby che ho scoperto l’elettronica e Brian Eno. Il primo cd invece che ho comprato con “i miei” soldi è stato The Great Escape dei Blur. Di li in poi è iniziata la mia bulimia musicale e la passione per il baggy style (si può dire così?!). Penso che il cd della svolta è stato WAH WAH dei James + Brian Eno.
Da quel momento il concetto di musica per me non è più stato lo stesso. Un capolavoro. Lo consiglio a tutti.
Quando hai deciso di dare vita a un club con tutti i crismi, non ti è mai passato per la testa di farlo in una città?
No, inizialmente no. Quando son tornato a Putignano ho iniziato a sentire la mancanza di una nightlife alternativa. Di quelli spazi e ambienti che nutrivano le mie passioni. I miei vizi.
Ho iniziato, con curiosità e astinenza, a girare per le varie serate e, devo ammettere, che qualcosa era cambiato fortunatamente. Ma non c’era nulla di ciò che cercavo. Le serate erano fortemente influenzate dalla scena Berlinese, scena che non mi ha mai fatto letteralmente impazzire. Sentivo la mancanza della scena clubbing d’oltremanica. E così è nato tutto. Inizialmente KODE_1 nasce con cadenza mensile, in vari locali di zona. Ma non era quello che volevo. Volevo portare nel mio territorio, nel mio paese quei concetto di “club stanza” che a Londra mi aveva cambiato la vita. Senza voler delirare, volevo il Plastic People, e volevo farlo nel mio paese.
Quali sono i vantaggi della provincia, secondo te?
Non credo che ci siano dei vantaggi in provincia. Ad essere sincero anzi, credo che siano tutti svantaggi!
Ma qui, la sfida e le soddisfazioni sono doppie, triple. Devo ammettere che non avrei mai creduto che, tutto ciò, potesse succedere.
La gente qui sta cambiando. Si sta “aprendo”. Conosco tanta gente che dalla commerciale italiana ora ascolta l’IDM. Non male direi…
Quali sono state le prime difficoltà che hai incontrato? Quali persistono?
Le prime serate nessuno riusciva a ballare in 50 mq e il dancefloor era sempre vuoto. Sostavano tutti al bar e fuori. Ora è quasi impossibile riuscire ad entrare. Le difficoltà son tante, come in tutta Italia. Qui soprattutto, in molti c’è ancora un atteggiamento di provincialismo, un non voler incuriosirsi e almeno provare qualcosa di nuovo. Almeno affacciarsi a vedere, sentire. A volte sembra, per un motivo o per un altro, il voler andare contro, boicottare un qualcosa. Il 90% del “popolo” KODE_1 è di fuori paese. Questa la dice lunga…
In che modo hai selezionato i resident di Kode_1?
Penso che sono stati loro che hanno scelto KODE_1.
I nostri ragazzi sono quegli outsider della scena locale. Ragazzi, come lo ero io, fortemente appassionati di musica e di un mondo che, per folklore, non ci appartiene. Penso abbiano trovato la loro casa, il loro spazio ideale dove potersi esprimere liberamente. La stima reciproca e il fidanzamento perciò son stati inevitabili.
Per quanto riguarda impianto e arredamento come ti sei mosso?
Era tutto nella mia testa. Sono ossessivo e ossessionato su certe cose.
Pensavo ad ogni dettaglio, ogni sfumature di colore. Qui non c’erano designer che potevano comprendere, tirar fuori e elaborare, consigliando, la mia visione. Perciò ho contattato una mia carissima amica di Milano, Chiara Lecce e Gabriella Mastrangelo che hanno seguito fin dal primo momento tutta la parte di realizzazione strutturale e di arredo del Club. Quasi tutto è stato realizzato da zero, a mano, su misura, perché era tutto nelle mia mente ed in continua evoluzione. Abbiamo fatto davvero un gran lavoro che ha portato via tantissime energie e tempo. L’impianto è pure stato studiato ad hoc da quel matto, ma genio, del mio fonico. Purezza del suono e potenza. Quei bassi tondi che ti “stuprano” a ogni bit. Uno dei migliori impianti che abbia mai sentito e, a quanto pare, anche gli artisti stessi che passano dal club, la pensano allo stesso modo.
Kode9 in primis e ne sono molto onorato.
Come lavori alla direzione artistica del club? C’è qualcun altro che ti dà una mano o che consulti?
La direzione artistica è solo figlia delle mie passioni e ricerche musicali. Continuo a ricercare e ascoltare musica ogni giorno, dalla mattina appena sveglio fino a quando vado a dormire. Non mi è mai interessato il “vincere facile” perché, inutile nasconderlo, il vincere facile da noi non è sinonimo, dal mio punto di vista e gusto personale, di una scelta musicale ricercata e di qualità. Con questo non voglio dire nulla di male, solo che sono al di fuori del mio concetto di musica. Perciò non bado al possibile riscontro di pubblico… anzi.
Il mio lavoro vuol’essere quello di offrire esperienze sonore diverse. Fare club Culture appunto. Sennò saremmo qui a parlare di tutt’altro, credo. Le mie scelte vengono confrontate e discusse con l’entusiasmo e critiche da veri appassionati, con Andrea Mi che tra l’altro cura una sua serata fondamentale al KODE_1: MIXOLOGY.
Quali club tra quelli che hai avuto modo di vivere ti hanno ispirato per Kode_1?
I club che mi hanno più influenzato sono stati il Plastic People e il Dalston Superstore in primis.
Ho frequentato moltissimo anche il Passing Clouds a Londra, tutt’altro che un club, ma musicalmente pazzesco.
Il Plastic a Milano mi ha fortemente influenzato invece a livello di aggregazione socio/culturale così come il Pink is Punk ai tempi del basement ai Magazzini Generali. Il Plastic, di Viale Umbria, è stato uno dei pochissimi posti che abbia mai visto, unico in Italia, che sia riuscito a creare un movimento, un’aggregazione propria che racchiude tutte quelle componenti sociologiche che possano far realmente parlare di Club Culture. Al di là della selezione musicale, che possa piacere o no. Anche se Guiducci, quando vuole far innamorare con le sue selezioni musicali, è ancora uno dei numeri uno in circolazione. Il mio sogno delirante, una vera e propria chimera penso, è quello di creare il CBGB dell’elettronica. Non a New York ma a Putignano.
Ma questo non dipende solo da me o da ciò che il KODE_1 propone…
In che modo la musica ─in particolare i mille mondi dell’elettronica─ possono valorizzare un territorio, soprattutto quando è poco avvezzo a certe sonorità per ragioni geografiche e di tradizione?
L’uomo fin dalla notte dei tempi ha sempre avuto bisogno di aggregarsi e lasciarsi andare, perdersi, nella magia sciamanica dei ritmi. Oggi la musica elettronica è il blues degli anni 20, il Soul e funky dei 70, la New Wave degli ‘80 e così via. Ogni periodo ha il suo inno, la propria musica, figlia delle mode e sperimentazioni del momento.La musica, la night life valorizzano eccome un territorio. Al di là della parte imprenditoriale, bancaria e lavorativa, riusciresti a immaginare Londra, New York, Berlino, Parigi, Milano stessa e così via, senza pensare alla vita notturna? No. Sono la vita notturna, i musei, mostre e concerti che infondono cultura al popolo e al territorio. In Italia, soprattutto in provincia, non c’è molto interesse verso l’arte, sopratutto in quella più ricercata e “underground”. In Italia è dura, da me è quasi impensabile per il momento, ma qualcosa sta cambiando. Ma se tutto andrà bene, ci vorranno generazioni per solo avvicinarci a realtà estere, troppo lontane per tradizione e costumi. Peccato che in Italia, certi movimenti e attitudini siano piccoli riflessi esteri per piccole nicchie.
Infamità: scegli le 3 serate che più ti hanno soddisfatto in questo primo anno di vita.
Oddio! Ogni serata è un mattone importante senza il quale non si sarebbe costruito tutto ciò.
A voler essere restrittivo penso che le serate che mi soddisfano di più son quelle con i residents, tutti eclettici e così diversi tra loro ma tutti dotati di un talento puro e cristallino. La figura del resident è l’anima di un club. L’ospite è la ciliegina sulla torta. Si tende troppo ad incuriosirsi e aggregarsi solo quando c’è l’ospite internazionale, che non è sempre sinonimo di superiorità qualitativa rispetto al resident. A voler proprio stilare una lista, le serate più significative in questo primo anno per il KODE_1 sono state quella con KODE9, Moirè e per una questione personale Throwing Snow. Che tra l’altro, il giorno dopo, tramite un tweet ha scritto “Plastic People seems to have been reincarnated in South Italy and is called KODE_1!”
Ho pianto come un ragazzino che ha appena perso la verginità con la più bella del paese.
Cosa bolle in pentola per i prossimi mesi a livello artistico? Quali le novità per lo spazio?
Lo spazio rimarrà invariato. Ha una sua impronta e personalità molto forte che non può e non deve mutare. Quando mi chiedono di spostarmi in uno spazio più grande rispondo che, per me, il club è questo.
In pentola bolle tantissima roba. Cose incredibili che mai avrei pensato. Dai Darksky sabato 14 Novembre a Lena Willikens il 28. Airhead il 12 dicembre, Tessela, Moiré, Pagaea e tanti altri.
Ben Ufo il 25 febbraio credo sia qualcosa di incredibile e storico. Ancora stento io stesso a crederci!! Uno dei migliori dj al mondo a Putignano per un centinaio di persone. Pura fantascienza. Nulla di eclatante diresti, se non fosse che parliamo di un piccolo club da 100 persone in un piccolo paesino della provincia del sud! Pazzesco.
Il modello di Kode_1 è esportabile in altre province italiane secondo te? In particolare al Sud.
Bella domanda. Non so, credo che sicuramente nel nostro piccolo abbiamo dato il LA ad un nuovo modo di concepire la club culture, a detta di molti non solo qui nel nostro territorio. Replicare è sbagliato perché ogni progetto è figlio di chi lo concepisce, delle proprie idee e personalità, giuste o sbagliate che esse siano.
Ho avuto gente che mi ha proposto di replicare KODE_1 in grandi città, volendo dare una mano. Anche a Londra. Sinceramente l’idea mi ha elettrizzato ed eccitato. Ovvio altrove sarebbe tutto più facile. Non ho mai guadagnato un centesimo da questa avventura, ma fortunatamente riesco a pagare tutti (sorride). Ma io amo il mio paese, il mio territorio, con le buone e cattive abitudine e i suoi pro e contro. KODE_1 è nato per una “missione” come dicono i più attenti. Sta dando ossigeno a tanta gente. E spero riesca a essere per chiunque, quel CBGB dell’elettronica tanto sognato.
In un piccolo club di un piccolo paese di provincia.