Il 20 novembre il produttore venezuelano Arca ha deciso di presentarsi all’appello, ad un anno preciso di distanza dal suo LP di debutto, con un nuovo album per la Mute Records, contenente ben 20 tracce. Il progetto è stato rilasciato in sordina, se paragonato all’hype generatosi intorno alla sua, al tempo misteriosa, figura e al suo primo lavoro ufficiale Xen che confermò pienamente il suo ormai indiscutibile talento e non deluse le aspettative di tutti coloro che lo aspettavano al varco dopo essere finito tra i credits di Björk, Kanye West e FKA Twigs. Al suo fianco, ancora una volta, l’inseparabile amico e coinquilino, l’artista e filmmaker Jesse Kanda che si occupa della copertina e dell’aspetto visuale del packaging.
Mutant è un album davvero complicato da comprendere fino in fondo e che, ancora più del precedente, necessita di parecchi ascolti per poter essere assimilato e minimamente digerito. Un concept difficile da inquadrare, con un Arca sicuramente più umano e androgino crossdresser, a tratti più melodico ma che riprende il flusso di coscienza, apparentemente random, che aveva caratterizzato Xen ma soprattutto il suo tape &&&&&.
Un disco che ti fa venire voglia di immergerti lentamente nella contorta successione delle note per mettere ordine e capire.
Per questo ho deciso di dividere le mie sensazioni in due blocchi, nel tentativo di giustificare le sensazioni contrapposte che mi sono rimaste dopo diverse sessioni d’ascolto.
COSA MI PIACE:
Arca va ascoltato, va capito e va riascoltato di nuovo. Il miracolo sta nel constatare che alcuni pezzi, inizialmente anonimi, atonali e sghembi riescano a incastrarsi lentamente nella tua testa. Ripercorrendo a mente le linee melodiche dei 3 minuti di durata media delle tracce si scopre ogni volta un passaggio nuovo, ogni volta un frammento a cui ancorarsi per andare avanti con l’ascolto. Uno dei casi eclatanti è il secondo singolo estratto Soichiro, ode celebrativa a Jesse Kanda (Soichiro il suo “secondo nome” in giapponese). Provate a isolare tutti gli echi, le distorsioni e le esplosioni di suoni e sembrerà tramutarsi improvvisamente in un motivo perfetto, da inserire nei titoli di coda di uno science fiction postapocalittico o di una serie manga giapponese. Lo stesso processo avviene anche con gli altri due singoli EN e Vanity che suona come la seconda parte di Now You Know del precedente album.
La title track è un caso a parte. I primi due minuti ti suggeriscono insistentemente di skippare e passare oltre. Poi, dopo aver superato l’enorme ostacolo della cacofonia, ci si immerge in un crescendo melodico che apre alla linearità per poi cambiare nuovamente rotta nel finale. Un grower che ti mette alle strette ma probabilmente una delle migliori tracce della sua carriera.
Ottimi gli episodi più “ambient” come Extent, Gratitud, Front Load e la conclusiva Peonies, influenzati dai suoi studi classici e che riconfermano le sue doti spiccate nel creare delle melodie affascinanti. Un mood da intermezzi di un concerto postpunk.
COSA NON MI PIACE:
Ammetto che il non essere pienamente convinto della riuscita di Mutant, nella sua totalità, possa dipendere dalla mia incapacità di comprendere tecnicamente le sue sperimentazioni e soprattutto dalle aspettative che riservavo per questo secondo album.
Molte delle nuove tracce erano state presentate durante la prima fase del tour in giro per i club di tutto il mondo, durante la promozione di Xen (QUI trovate il report del concerto al Berghain di Berlino). Sinner ad esempio faceva parte della setlist del tour in una versione reppata in spagnolo mentre EN, Umbilical e Hymn erano state rilasciate all’inizio dell’anno nel mixato per la Hood By Air.
Mi aspettavo delle voci, mi aspettavo la voce di Arca, come nei primi e introvabili tape , avrei voluto più accessibilità e meno sperimentazione fine a se stessa, come in Anger, Beacon e Umbilical che poi sono gli stessi motivi per i quali Arca non è ancora diventato, come di diritto, uno dei big della scena mondiale. Speravo di trovare un Alejandro Ghersi più moderato, più affine ai lavori con Björk e Kelela e che potesse dare spazio, (scusate il termine) all’orecchiabilità e al suo lato più pop (scusate di nuovo), mi auguravo coinvolgesse altri artisti.
Così non è stato. Ma Mutant non è una raccolta di B-Side né tantomeno il tentativo di ripetere la forma del precedente disco ma ne bensì ne è il degno successore ma che purtroppo non aggiunge e non toglie niente alla sua(da me tuttavia amata) attuale discografia.