Ci eravamo lasciati con Epsilon, ormai tre anni fa. Oggi ritorniamo a parlare dei Drunken Butterfly, in occasione del loro nuovo album CODEC_015 che decodificheremo nel track by track che segue nella consueta formula del Disco raccontato.
Elettronica viscerale, industrial scuro, post punk che ti esplode dritto in faccia.
1. IL BELPAESE
È il primo brano che abbiamo chiuso in sala prove per il nuovo disco e ci è subito stato chiaro che avrebbe dovuto essere la traccia di apertura.
Sono quelle cose che vengono fuori di getto, senza pensarci troppo su e che esprimono perfettamente la tua natura. Si tratta di un giro semplice se vogliamo, all’interno di una struttura molto lineare, ma ti entra in testa, ti martella e non ti molla più. Il testo è una rielaborazione di una poesia di Pier Paolo Pasolini che parla della nostra povera Italia. Pasolini è stato l’ultima coscienza critica del nostro paese, accusava l’intera classe politica italiana di degrado e degenerazione in cui maggioranza ed opposizione sono facce della stessa pratica politica e dove il vero intellettuale si scopre impotente. Cosa è cambiato oggi? Purtroppo nulla.
2. L’AMERICA
Tutto il male che si è impossessato della parte occidentale del mondo nasce da lì, dall’America. La storia è lì a testimoniarlo e dovrebbe essere per noi un insegnamento, un monito.
L’esportazione di sani principi, della democrazia, di valori considerati più giusti di altri sono tutte menzogne, manipolazione delle nostre menti per farci credere che noi siamo i buoni e gli altri sono il male. E così si giustificano attacchi, guerre e clima di terrore. Musicalmente la canzone si sviluppa in tre parti distinte: c’è un incipit, una sorta di strofa lunga, poi una pausa piuttosto eterea che prepara il terreno per l’esplosione finale dell’ultima parte. In questa canzone c’è il dominio assoluto dei sintetizzatori, niente chitarra né basso.
3. ADDIO
La fine di un amore, il momento in cui due persone non si amano più e non riescono a trovare quell’equilibrio iniziale che le faceva stare bene insieme.
Purtroppo, come succede in molti casi, non si ha la lucidità per capirlo subito e agire di conseguenza, la relazione si trascina portando solamente conseguenze negative agli amanti. Ma come recita il testo “Non è necessario tutto questo, diciamoci addio ora”. Qui abbiamo una classica struttura alla Nirvana: una strofa potente ma che si mantiene su un livello sonoro più contenuto, una sorta di bridge elettronico che lega la strofa con un ritornello esplosivo, la voce diventa urlata a squarciagola, la batteria pesta senza freni e si sommano molte tracce tra chitarra distorta, basso e componenti elettroniche. Non a caso questo ritornello ha creato anche qualche problemino in fase di mix, proprio nel cercare di far percepire tutte le tracce in maniera distinta.
4. MARIE
Una canzone d’amore struggente calata in una società dove è divenuto sempre più difficile vivere dignitosamente. Le fatiche quotidiane, le paure, le incertezze sul futuro, si riversano reciprocamente verso chi ti è più vicino, il partner.
Allora la scelta più drammatica, consapevole: farla finita. Anche in questo caso si tratta di una struttura alla Nirvana strofa/ritornello ma questa volta con l’aggiunta di un finale pompatissimo di batteria, basso e sinth. Qui c’è una forte integrazione tra strumentazione classica ed elettronica, tra le componenti suonate e le basi del computer.
5. NERVI
Questa canzone è stata scritta al computer, contrariamente ad altre che sono nate in sala prove e altre ancora che invece rappresentano un po’ una via di mezzo tra queste prime due strade. Un altro testo dominato dai sentimenti, dalle relazioni umane; qui c’è la naturale ricerca di ogni essere umano di essere amato, compreso, di non essere giudicato ma semplicemente accettato per quello che è. Il pezzo, con un’elettronica piuttosto industrial, richiama un po’ le sonorità dei Nine Inch Nails di cui noi siamo fan dichiarati. È un brano in cui la produzione artistica di Cristiano Santini dei Disciplinatha si è fatta sentire di più rispetto ad altri brani, rispetto ai provini iniziali sono stati aggiunti molti suoni e diverse parti.
6. COLTELLI
È la traccia più anziana del disco, proviene dalle vecchie sessioni del disco precedente, l’abbiamo suonata tantissimo durante tutto il tour di Epsilon anche se aveva una struttura diversa prima di metterla su disco. Volevamo una traccia strumentale nel nuovo album, qualcosa che volendo spezzasse un po’ il ritmo tra un testo e l’altro, così l’abbiamo razionalizzata, abbiamo lavorato sulla struttura rendendola più funzionale e di impatto. Molta elettronica, molti sinth, è un pezzo moderno e futurista, potrebbe essere una buona colonna sonora per un ipotetico seguito di Blade Runner.
7. NUOVO ORDINE
Un’altra canzone scritta al computer, probabilmente la più facile e immediata del disco. Una struttura da singolo con un giro accattivante.
Il fatto che nella traccia su disco non siano stati registrati né il basso né la batteria acustica ci permette, nei concerti, di giocare a scambiarci i ruoli e approcciare strumenti diversi, aprire nuove strade e sondare nuovi terreni che è sempre stato un elemento molto stimolante e fondamentale nel nostro percorso artistico. Il testo è una riflessione intimista incentrata su una generazione, la nostra, che non ha più uno scopo né un posto.
Citando la battuta di un bellissimo e significativo film di Fincher: “La pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti. Fare lavori che odiamo per comprare cazzate che non ci servono. Siamo i figli di mezzo della storia”.
8. GENOVA
Questo è il brano in cui viene dato un bello spazio alla chitarra con un riff dal ritmo sghembo e dalle sonorità taglienti, in effetti nella strofa c’è un giro che è una vera e propria rasoiata.
Il ricordo dei tragici fatti di Genova, ma più in generale una critica verso le forze dell’ordine che invece di tutelare e difendere i cittadini non perdono occasione per menare le mani e colpire sempre i più deboli e gli indifesi.
Anche questo brano, come altri del disco, è secondo noi un esperimento riuscito di connubio tra strumentazione classica e parti elettroniche, la chitarra e il basso si avvicendano in maniera naturale con parti di sintetizzatori. La struttura è forse una delle più particolari di tutti i brani, dopo due strofe pesantissime e intervallate da un assolo di chitarra acidissimo, la canzone apre verso un ritornello più melodico e malinconico, per poi ripiombare in un finale di un unico accordo suonato con tutta la violenza possibile.
9. SETE
La degna chiusura di un disco che è lo specchio di quello che stiamo vivendo in questi anni, cupo, a tratti disperato.
Nel testo c’è una dichiarazione di resa, la sensazione di essere sopraffatti da tutto quello che ci circonda e che non ci piace affatto, anzi ci disgusta. In questa canzone c’è una base dubstep che fa da guida e sulla quale noi tre suoniamo sopra. La struttura somiglia un po’ a quella de L’America, una lunga strofa, una pausa con pochi suoni minimali e l’esplosione finale con una gran concentrazione di tracce tutte molto aggressive e con i decibel a palla.
Assieme a Nervi è il brano con la produzione artistica più marcata, Cristiano ha inciso pesantemente nel risultato finale del pezzo, diciamo che ha dato una sterzata che ha portato il brano ad avere un’efficacia nettamente più profonda, basti pensare che nel provino iniziale la batteria acustica non c’era.