Vai fradi è l’album d’esordio solista di Doro Gjat, rapper e cantante classe 1983 già voce del gruppo friulano Carnicats. Ce lo racconta traccia dopo traccia.
IL MOMENTO È ORA
Il primo pezzo del disco è ‘il primo pezzo del disco’ dal momento in cui l’ho scritto. Maqs Rossi è stata una scelta (quasi) obbligata perché è un gran professionista, oltre che un talento incredibile che ancora non è esploso. E perché ci stava da dio, che discorsi! Dek, dal canto suo, mi ha regalato questo bridge in friulano che ha una potenza emotiva come poche. Tradotto nell’idioma italico fa più o meno così: “ti lascia senza fiato e senza pensieri come in presenza di qualcosa di meraviglioso, è lì anche se non lo vedi come il sole quando nevica”. Si riferisce chiaramente a quello slancio spirituale che è alla base di tutto il pezzo (ma anche di tutto il disco), quella cosa che ti fa dire “diamoci da fare, perché il momento è adesso.” Vai fradi, appunto!
VAI FRADI
Quando ho sentito il beat di Mole per la prima volta ho capito immediatamente che era perfetto per “Vai Fradi”: il groove tribale, i controtempi, i sample vocali… Tutto mi comunicava un’energia positiva, perfetta per questo slogan che mi sono inventato di sana pianta. L’identità territoriale è alla base del pezzo e ne è una prova il ritornello in friulano così come parti del testo (“fieri di noi stessi anche senza appartenere, fieri di ‘essere’ anche senza ‘avere'”). La Carnicats Live Band ha co-arrangiato il pezzo insieme a Dj Deo e Davare: ci abbiamo aggiunto la chitarra suonata da Sanchez (chiaramente in levare… e dai, ci voleva!) e il basso fusion suonato da Michele Orselli (in controtendenza con quello che ti aspetteresti, ovvero un bassone profondo reggaeggiante). Il tutto è un melting pot di lingue e di stili diversi che è perfetto come singolo di lancio, soprattutto se lo si accompagna con un video girato in Carnia con un tizio vestito con una pelliccia da pappone slavo e un cagnolino che guida un’Alfa Romeo Giulietta del 1965!
ZENIT
Quante volte capita di voler scappare? Voltare le spalle a tutto e a tutti, andarsene ai tropici, dove c’è il sole allo Zenit e le ombre se ne stanno sotto i piedi? Un sacco di volte, soprattutto qui in Friuli, dove piove sempre e a volte sembra che sia il 31 gennaio anche a metà luglio. Il pezzo si apre con un invito a “prenderla per mano e dirle ‘dai! andiamo!'”, sopra una produzione di Davare assistito da tutta la Carnicats Live Band. Nella seconda strofa ribalto il concetto dicendo che “voglio prenderla per mano e dirle ‘dai, restiamo!'” perché a volte capita che si cerchi tanto una cosa per poi rendersi conto che la si aveva sotto gli occhi fin dall’inizio. Quindi magari il sole era già allo zenit, “ma se non alzi gli occhi è chiaro che non lo vedi!”
RESTI VIVA
La storia dietro a questo brano è una delle più interessanti del disco e ci tengo a raccontarla. Ho cominciato a lavorarci a distanza con Railster e Mattia (Delta Club) nell’autunno del 2013; ai tempi Rail stava a Londra e Mattia a Copenhagen e si faceva queste lunghe call su skype per aggiornarci in merito a come volevamo che venisse il pezzo. Poi però sono successe una serie di cose, in sequenza spaventosa, tra cui la partenza di due amici molto stretti e la rottura di una relazione molto importante, che hanno contribuito ad alimentare un certo senso di abbandono e di solitudine. La stessa sera in cui ho rotto definitivamente con la mia ragazza ero ospite a casa del Deo a Udine. Railster e Mattia mi hanno girato la prima bozza del beat proprio in quelle ore: io e il Deo l’abbiamo ascoltato assieme, ne abbiamo parlato per un attimo (i consigli del Deo sono sempre ‘on point’, ve lo assicuro) e poi sono corso a casa dei miei dove ai tempi avevo uno studiolo. Ho scritto il pezzo e l’ho registrato tutto d’un fiato, in un paio d’ore, finendo alle 5 di mattina con il cielo che rischiarava nei primi accenni dell’alba. Quello che sentite è il take originale, non l’ho mai ri-editato né ri-registrato. Lilac ci ha poi aggiunto le parti di violino, scritte interamente da lei, e mi ha definitivamente aperto il cuore a metà. È sicuramente il pezzo più sofferto dell’intero disco.
L’IMPASTO
Questo è il pezzo idealmente più vecchio dell’album. Racconta di un certo tipo di vita dissoluta che per un periodo della mia vita (diciamo fino a un paio di anni fa) faceva parte della mia routine quotidiana. Ho lavorato per anni come proiezionista in un cinema quindi capitava spesso che, a fine turno, mi fiondassi nel bar più vicino e finissi a passare la nottata bevendo e fumando fino a quando in bocca si crea quell’impasto caratteristico che ti impedisce di scandire bene le parole. Zeno dei R.esistence in Dub ci ha aggiunto dei fiati dal sapore balkan che rendono il beat clubbettoso di Davare un po’ più eclettico e il risultato è uno dei pezzi più divertenti dell’album.
DANCE WITH ME
Da quando ho cominciato a lavorare a “Vai fradi” ho sempre voluto un pezzo in due quarti. Ho pressato Davare talmente tanto che alla fine mi ha portato questo tuono di beat (la cui bozza si chiamava “FricoLatino”, mi sembra giusto dirlo). Dek ill Ceesa ha un animo latino parecchio spiccato e qui ha appunto unito il frico (noto piatto friulano, n.d.r.) con un riff latineggiante assolutamente contagioso e danzereccio.
FAME LIRICA (Notturno pt. 1)
Con questo brano comincia la metà notturna del disco. Questo in particolare “respira” Trieste, città bellissima che ho avuto la fortuna di vivere di striscio per parecchi anni. Dj Color, triestino DOC, mi ha girato un arrangiamento di piano e synth che accompagnava perfettamente le riflessioni che facevo una volta uscito da casa sua mentre percorrevo la città a piedi a tarda notte, diretto verso casa. Ricordo proprio un silenzio assordante in cui “ogni tonfo fa ritorno.” Davare ha aggiunto delle parti elettroniche, Michele Orselli ci ha aggiunto un giro di basso appoggiato dove non te lo aspetteresti e Sanchez e la pianista Giulia De Paoli hanno ri-arrangiato e ri-suonato il piano. Il risultato? Dovreste sentirla suonata dal vivo per capire!
NIGHTCALLS (Notturno pt. 2)
Se “Fame lirica” è il ritratto della notte triestina, “Nightcalls” lo è di quella parigina. L’ho scritto durante le riprese di “Ferragosto”, mentre eravamo a Parigi a girare negli ultimi mesi del 2013. Il beat di Topp (2loud) è stato l’unico beat del disco che ho scelto senza riserve, così com’era, senza pretendere alcuna modifica. Mi ha subito trasmesso quella sensazione che si prova quando la sera si esce per fare festa, trasportati da un misto di rabbia e disperazione che si traduce in uno slancio autodistruttivo. Ka-Li, cantante electro-soul friulana, era perfetta per ricantare “Nightcall” di Kavinsky e dare un’anima al tutto. Le chitarre di Sanchez hanno fatto il resto.
FERRAGOSTO (Notturno pt. 3)
Ho già ampiamente parlato di “Ferragosto” proprio sulle pagine di DLSO. Mi limiterò a riportare quello che ho scritto allora:
“Quassù in Carnia ci sono volte in cui nelle notti di luna piena il cielo sembra illuminato a giorno. Sarà perché l’aria è pulita o perché la neve ad alta quota riflette la luce della luna. O forse un insieme delle due cose. In tutti questi anni ho cercato molte volte di tradurre in musica le sensazioni che mi dà guardare il cielo in notti come quella. E, paradossalmente, ci sono riuscito per la prima volta con un pezzo che si intitola “Ferragosto”, che con la neve ad alta quota c’entra poco e niente. Ironia della sorte, maledetta. La storia che racconto è la storia di lei, rosa dai dubbi e dalle insicurezze, schiacciata dalla monotonia della vita in provincia, che fissa il cielo cercando le risposte a tutti i suoi dubbi lassù, dove i dubbi non arrivano. Perché nella vita di tutti i provinciali arriva il momento in cui si è messi alle strette da una domanda: me ne vado? Nel pezzo non ho voluto dare risposte certe, non ho voluto fare la morale a nessuno; non è un pezzo che ti dice se sia giusto o sbagliato abbandonare amici, affetti, luoghi per andarsene in cerca di lavoro, opportunità e (perché no?) se stessi. Non è mica roba da poco, diciamocelo. Poi, chissà, magari succede anche a te quello che è successo alla lei protagonista di “Ferragosto”: che ti accorgi che “quel legame rimane, non prende ruggine” e che “quando torni in fondo non è un ritorno / Casa resta quella”, le radici rimangono. Sempre e comunque.”
PRIMA DI ADDORMENTARMI
Questo brano è una dedica spassionata alle persone che sento più vicine. Ai miei “paisàns” in Carnia, in particolare. Ci sento tanto la mia terra qui dentro, in particolare nella seconda strofa quando parlo della mia “famiglia fuori casa” e di come ci sentiamo: “col malcontento a causa del maltempo spremiamo la poesia dai sassi del Tagliamento” (fiume friulano, n.d.r.). Tutta la Carnicats Live Band prende parte al pezzo e Zeno ci ha aggiunto i fiati nei ritornelli e un assolo finale da paura. Perché se vivessi in un sogno, sapendo di non poterti svegliare più, a cosa penseresti prima di addormentarti?
ANCHE SE
Chitarre anni ’80 su un beat elettronico con evidenti influenze euro-dance? Fatto! Gianni Rojatti (chitarrista di indubbia fama sul territorio nazionale, n.d.r.) ha dato un tocco di classe a un beat del dj Deo che già era un tuono di per sé. Elvis Fior (batterista della Carnicats Live Band) ha poi scritto la reprise appositamente per dare un background aggressivo all’assolo di chitarra. “Liricamente” è il testo di cui vado più fiero in tutto il disco. Parlo del rapporto tra l’arte e la vita e come l’una dia senso all’altra. Può sembrare pretenzioso, me ne rendo conto. Quindi lascio parlare la musica, giudicate voi:
riuscire a tutti i costi
è la malattia più diffusa ai giorni nostri
non è che se fallisci sei stronzo, piuttosto
se ci riesci ti ricordano da morto
lo vedi? è questo il punto,
che la morte mette fine a tutto
e quello a cui puntiamo è di vivere più a lungo
vogliamo essere immortali per assurdo
e l’arte per me è questo, oasi nel deserto
tra tutti i falsi déi ho trovato un punto certo
in tasca ho solo “se” e se mi perdo
ho la penna ed un quaderno così vivo in eterno
Vai Fradi di Doro Gjat è uscito il 25 novembre.