Gli ONO tornano su DLSO per raccontarci, una traccia dopo l’altra, il loro primo album Salsedine, uscito il 15 dicembre.
Un disco in cui la parola è in primo piano (fatta eccezione per qualche pausa strumentale): 11 brani che tirano dritto, suonano sudati e si arrovellano tra cantautorato punk-rock e sperimentazione elettronica.
Mettete pure le cuffie. Il track by track lo trovate più giù.
La musica elettronica
Questo è il brano introduttivo, volutamente sporco. Inizialmente lo suonavamo solo live come aperura del concerto, il testo, che all’inizio non era previsto, è stato aggiungo da Cesare durante i live.
Ancora non si è propriamente in Salsedine, ma in una fase di acclimatazione. Impossibile da prendere sul serio, ci è sembrato un buon modo per mettere subito l’ascoltatore nel mood giusto: nessuna profondità da sondare, tutto è in superficie, semplice, diretto.
Il titolo gioca appunto su questa dissonanza: essendo spesso la musica elettronica un luogo di ricerca sia sperimentale che intellettuale ed essendo il brano in questione un semplice nonsense, abbiamo cercato subito di porci a distanza da certe ricercatezze musicali. Diciamo che è come vediamo noi la musica elettronica: una grande massa alla quale poi si aggiunge sempre quello che conosciamo meglio, il rock, non a caso la struttura del pezzo è così.
Krauti a merenda
Krauti a merenda è il libretto delle istruzioni del nostro album, se volete ascoltarlo insieme a noi qui ci sono tutte le regole. Vorremmo che chiunque dovesse esprimersi su come suoniamo, su cosa suoniamo o di cosa parliamo, avesse presente, o ancora meglio “compreso”, il testo di Krauti a merenda. Il brano è volutamente colloquiale e simil rappato, una cosa che abbiamo fatto, spesso più involontariamente che altro, è spaziare un po’ sui generi di ispirazione e cercare di portarli sempre all’elettronica; il rap è forse il genere più colloquiale, di confidenza e racconto.
Perec
Questa è l’apertura di Salsedine: l’infanzia e il ricordo che se ne ha una volta cresciuti. Innanzitutto la voglia di scrivere di questa tematica è nata dopo la lettura del libro “W o ricordo d’infanzia” dello scrittore George Perec, che tipo raccomandiamo a chiunque, da cui appunto il titolo del brano. Se Krauti a merenda è un manuale per ascoltarci in quanto ONO, Perec è un manuale per ascoltare Salsedine. Tutti i brani devono essere illuminati dalle scene accennate in Perec e soprattutto dall’ammissione presente nel ritornello: “o almeno questo è quel che ricordo…”. È il pezzone caricone.
L’infanzia e l’adolescenza di mio fratello
Uno dei primi brani che abbiamo scritto, all’inizio era un pugno punk di chitarra batteria violentissima. La tematica è sempre quella dell’infanzia ed è legata ad una storia familiare di Cesare.
Musicalmente parlando, è stata l’occasione per un’incursione drum and bass nell’album, che essendo un genere che apprezziamo molto ci sarebbe dispiaciuto tralasciare, e dava inoltre la possibilità di eseguire in sede live un momento del set molto carico. All’inizio è presenta una citazione di De André: la canzone è Il testamento di Tito e in quel periodo ce l’avevo spesso in testa e il buttafuori del locale che faceva passare comunque era dell’est. Non che a me mi abbia mai fatto passare, però gli altri sì (Cesare).
Intermezzo
Una pausa dalla tematica dell’infanzia (o quasi).
Infatti, anche se il brano in sé è giusto un esperimento che ci siamo sentiti di includere nel disco, abbiamo comunque voluto dare un senso alla cosa, e i samples con cui si apre e termina il brano sono estratti da una discussione sci-fi: da piccoli guardavamo, a dir la verità non abbiamo mai smesso, perché non si può smettere, Guerre Stellari, Stargate e Independence day; oggi, prima o dopo le prove, ci guardiamo spesso programmi trash sull’ufologia.
Orbite
Quasi completamente strumentale, ci sono solo due frasi parlate, che fanno riferimento a libri che hanno segnato particolarmente le adolescenze di un paio di noi: Frankenstein di Mary Shelley e Il giovane Holden di J.D. Salinger. Anche musicalmente si sono concentrate in questo brano molte influenze, più o meno manifeste nella forma finale del brano, dalla chitarra fuzz a synth arpeggiati a progressioni atipiche. Un coagulo di musica, letteratura e passioni: un centro da cui dispiegare varie Orbite possibili, ma comunque obbligate.
Plutone
Il brano si apre con un atmosfera trap che si evolve fino alla dance stile Daft Punk del finale.
Anche qui il testo richiama momenti vissuti: il Vidia, a cui si fa riferimento nella canzone, è un famoso locale di Cesena, in cui eravamo soliti andare il sabato sera quando frequentavamo le scuole superiori. Il titolo vuole appunto ricordare le serate passate nel parcheggio della discoteca, tra nebbia e freddo: c’era questa moda, ma c’è ancora, lo sa bene chi è della zona del Vidia, che poi non è una moda ma chiamiamola così, di stare fuori dal Vidia, o nel bar vicino. Fa molto freddo e te ne stai lì con il giaccone, la nebbia, i campi a fianco e ti chiedi parecchie cose: tipo perché siamo venuti qui? Ma dentro com’è? Entriamo o non entriamo? Quanto costa? Chi è quella ragazza? Chi è quel ragazzo? Quanto costa? Ah, te l’ho già chiesto? No guarda faccio un tiro solo, giusto perché è freddo. Sono le tre? Andiamo?
Odisseo
Il testo del brano è in parte originale e in parte una rivisitazione di un passo delle Odi di Orazio.
L’esperienza di cui si parla nel ritornello è una cosa che da bambini nella nostra zona si fa, o meglio si cerca di fare: cercare di vedere la terra al di là dell’Adriatico, salire sugli scogli per cercare all’orizzonte la Croazia. C’è anche la leggenda che si riesca a vedere se è molto limpido, uno di noi una volta ce l’ha fatta, non possiamo dirvi chi. Il titolo riprende la presenza del mare, il rapportarsi simil amoroso di qualcuno e la “tentazione” di sirene per Odisseo.
Musicalmente abbiamo voluto creare un brano molto semplice e diretto, che sfiorasse atmosfere dance e rock senza mai essere totalmente né l’una né l’altro. Forse è l’unico lieve accenno a una situazione amorosa “Aveva i capelli lunghi, ricci e mori, di sotto le voci dei suoi genitori”. Diciamo che tutti siamo entrati in camera di qualcuno quando al piano di sotto c’erano i genitori, siamo già in piena adolescenza, nella stessa età di Plutone.
Dedicato alla ragazza con i capelli lunghi, ricci e mori.
Il giovane Niccolò e il Ritorno dell’Uguale
Storia vera ma molto più recente delle precedenti, è il limite massimo dell’album per età, se iniziamo dall’infanzia e accenniamo all’adolescenza, questa è l’unico sguardo della vita universitaria.
Non sapevamo come raccontarla, né ci premeva raccontarla, ma questa storia è un bellissimo esempio di ciò che cerchiamo di comunicare: un’esperienza individuale che può diventare un’esperienza comune, simile a qualcosa che chiunque può aver vissuto.
Il testo si è praticamente scritto da solo (quasi).
Siamo affezionatissimi a questo brano, sia liricamente che musicalmente. Dal punto di vista del testo le citazioni sono ovviamente di Così parlo Zaratustra di Nietzsche, ma vengono costantemente attualizzate e riportate alla situazione che abbiamo avuto modo di vivere, anche per stemperare la scelta filosofica e soprattutto scherzare sul fatto che sia un filosofo diciamo molto gettonato. Musicalmente è il brano che più ci coinvolge quando suoniamo live, offre l’occasione di sviluppare a piacimento il finale che si trova nella versione studio, creando un momento di grande carica ed emozione, con cui spesso siamo soliti terminare i concerti. Dedicato con un grande abbraccio a Niccolò.
Lungomare
Il titolo è un richiamo all’omonimo brano dei Lust for Youth presente nell’album International.
Essendo il penultimo brano è un’occasione per ricapitolare i temi trattati in Salsedine, ricordando allo stesso momento di non prenderlo troppo seriamente, che qui vuol dire “intellettualmente”. La voce femminile è di Michela Puddu, che ringraziamo tanto, che oltre aver partecipato in un paio di brani studio, ci ha seguito in molti concerti dal vivo. Alla fine si parla di 2pac: un grande rapper, ma già questo si sa; qualcuno una volta ci disse che “2pac è morto perché sapeva troppo”. È una scusa per condire con l’amarezza, a volte piglia bene, ma c’è sempre un piccolo angolo amaro al lato della bocca, non si manda via, quasi mai.
Bibiena, 19
Ultima traccia sulla tracklist, è un omaggio al luogo in cui è maturata l’idea di Salsedine e dove abbiamo trovato le più grandi influenze, sia musicalmente che a livello di incontri: Cesare ed Edoardo abitavano in via Bibiena 19 a Bologna.
Il mood è necessariamente sonnolento e rappresenta allo stesso tempo la fine dell’album e la fine di una fase delle nostre vite.
Diciamo che se non volevamo parlare della vita universitaria, volevamo però conservare il ricordo di un continuo flusso di vite che passavano per quell’appartamento: una cosa che nell’infanzia c’è, tutte le amicizie che vanno e che vengono.
Se ci passate per la via c’è quell’appartamento che è pieno zeppo di storie, poi magari un’altra volta ve ne raccontiamo qualcuno, magari al prossimo concerto.