Big Fish, o chiamatelo semplicemente Fish, è uno di quegli artisti che ti viene in mente al primo colpo quando ti chiedono di parlare dell’hip hop in Italia. E non solo: ultimamente si è spostato con così tanta passione verso l’elettronica, abbattendo i pregiudizi di chi storce sempre il naso di fronte ai cambiamenti, da essersi guadagnato un’uscita sulla Mad Decent di Diplo ed essersi creato la sua stessa etichetta. Ci siamo beccati a fine anno per fare una chiacchierata che tiri le somme degli ultimi passi del suo lungo percorso, e, statene certi, non si è trattenuto dal prendere posizioni.
Ciao Fish, come stai? Benvenuto su DLSO! Mi piacerebbe iniziare questa intervista percorrendo a ritroso la tua carriera. Una delle ultime soddisfazioni che ti sei tolto è l’uscita dell’EP “Midnight Express” su Mad Decent: raccontaci com’è andata e se lo ritieni più un punto di approdo o di partenza.
Ciao Irene, grazie! È un piacere. L’EP su Mad Decent è nato in modo molto naturale: in Doner Music eravamo già in contatto con loro da tempo per le release del nostro Aquadrop, abbiamo mandato loro un paio di pezzi che avevo pronti e sono piaciuti. È senz’altro un risultato importante per il mio percorso artistico, a 43 anni ho deciso di proporre per la prima volta dei miei progetti all’estero e seppur tardiva, è stata un’ottima partenza. Sto continuando a produrre pezzi innanzitutto per divertimento e passione, facendo la musica che mi piace senza pormi troppe domande: sicuramente continueremo a proporli a Mad Decent e label straniere, valuteranno loro dove meritano di “approdare” i miei pezzi.
È anche uscito da poco il tuo remix del brano “Be Right There”, firmato da Diplo e Sleepy Tom. La tua versione strizza l’occhio alla UK bass che ha completamente dominato il mercato della musica dance/pop dall’uscita di “Latch” in poi: al di là dei gusti personali, non ti ha un po’ stancato il genere?
Sinceramente no, è un genere di cui sono innamorato e a cui mi sto tutt’ora ispirando. Credo che abbia ancora molto da dire e da dare al mercato della musica elettronica, in varie forme. Prendi due pezzi come “Feel The Volume” di Jauz e “Deep Down Low” di Valentino Khan, uscite rispettivamente per la Mad Decent di Diplo e la OWSLA di Skrillex: sono due hit che si rifanno al sound della UK bass ma che sono perfette anche e soprattutto per il mercato americano, gli artisti hanno preso un suono e l’hanno fatto proprio, rielaborandolo e rendendolo distintivo. In questa fase storica i generi della musica elettronica non nascono dal nulla ma da una ricombinazione dell’esistente, le novità sono più concettuali che di sound design. È una cosa che nel mio piccolo sto provando a fare anch’io, se prendi il drop del mio remix di “Be Right There” ho inserito una batteria 2step che normalmente non senti in pezzi di quel genere: è un piccolo particolare, che però crea una novità a livello ritmico all’interno di quel filone. Sto lavorando a un nuovo EP in cui sto cercando di mescolare nei pezzi uk garage, bass house e 2step con un tocco pop ad amalgamare il tutto: in particolare sto cercando di dare una nuova veste alla UK garage della fine degli anni ’90, più che volermi inserire in filoni dell’EDM e dintorni.
C’è una domanda che vorrei farti da sempre, o almeno da quando hai fondato la tua etichetta/management agency: come mai hai messo su un rooster interamente composto di produttori e hai lasciato da parte gli MC? Non ti sarebbe piaciuto diventare un radar di giovani artisti esattamente come hai fatto con l’elettronica?
A dir la verità Doner è nata proprio come label rap, ha prodotto dischi di Nesli, Ensi, Onemic, Rancore & Dj Myke, Santiago, Daniele Vit. Purtroppo ho imparato che i rapper hanno la necessità di aver successo, navigano a vista col miraggio delle major, cercando oro dove di oro in realtà non è che ce ne sia molto. La maggior parte dei rapper è fan del successo, più che della musica. Ho preferito a quel punto lavorare in un mondo dove ci sono più persone innanzitutto appassionate di musica, e che condividono la mia idea che i risultati sono la naturale conseguenza di un metodo di lavoro guidato in primis dalla passione. Sentire parlare di views su Youtube e discorsi simili come priorità a una certa mi ha nauseato. Per i miei progetti e quelli della mia etichetta ho preferito quindi dedicarmi ad altro, nel mondo del rap lavoro ancora solo per le produzioni conto terzi.
Hai un progetto di lungo termine per gli artisti della Doner? Soprattutto, ha senso parlare di lungo termine quando si parla di scena elettronica italiana, o sono pochi quelli che riescono a fare davvero questo lavoro per la vita?
L’obiettivo di Doner è quello di essere il punto di riferimento per la crescita artistica e professionale degli artisti del roster, per chi vuole fare della propria passione e del proprio talento un lavoro. Forniamo loro consulenza e servizi integrati di etichetta discografica, management, publishing e booking. Il progetto è assolutamente di lungo periodo, nel roster abbiamo sia artisti che nel tempo sono riusciti a fare della propria passione il loro lavoro, sia dj/producer giovani e talentuosi per cui ci auspichiamo una bella crescita futura. Da Aquadrop, che da anni produce ad alti livelli per label straniere, a Kharfi, che ha 18 anni e penso sia il talento numero 1 in Italia tra gli “under 20”.
Tra i tuoi due album solisti sono trascorsi 8 anni durante i quali hai prodotto Mondo Marcio, Fabri Fibra, Two Fingerz… Che opinione ti sei fatto in quel periodo della scena elettronica italiana invece? Chi ti sei messo ad osservare?
I primi due nomi italiani che mi vengono in mente sono Crookers e The Bloody Beetroots, sono riusciti a rappresentare la scena italiana diventando tra i principali esponenti dell’elettronica a livello mondiale. Tra i miei due dischi solisti sono rimasto folgorato da Magnetic Man e Chase & Status, è ascoltando la loro musica che è iniziato il mio “spostamento” verso la musica elettronica e il percorso che mi ha portato all’album “Niente di personale”.
Sei anche apparso in “Numero Zero – Alle Radici del Rap Italiano” di Enrico Bisi, che ho avuto il piacere di guardare quest’estate al Magnolia. Mi ha fatto molto ridere (in senso positivo) il teaser di Frenkie Hi-Nrg che elogia l’autore già solo per aver pensato di realizzare un prodotto del genere: 1 ora e mezza di documentario sulla golden age dell’hip hop italiano. Tu hai trovato l’idea altrettanto curiosa o invece doverosa rispetto a un periodo che forse non tornerà mai più?
È stata una bella idea e basta, in quel periodo è nato un nuovo genere dove non era necessario saper suonare uno strumento, si faceva tutto in casa. La gente viveva questa cosa con passione e voglia di crescere più che guardare al successo come primo obiettivo, i risultati venivano poi da sé.
Mi dici il miglior disco rap e il miglior disco elettronico del 2015 secondo te, sia in Italia che all’estero? Tanto per fare un nome, io sono rimasta rapita da “Darkswing” di Francesco Paura e da “TPAB” di Kendrick Lamar. Mentre credo che l’elettronica non abbia vissuto uno dei suoni anni più brillanti (escludendo tutti quegli album che hanno attinto a piene mani dal genere, ma sono fondamentalmente lavori pop, come “Beauty Behind Madness”).
Il miglior disco di questo 2015 per me è stato “Beauty Behind Madness”, più che all’elettronica si avvicina all’R’n’B quindi te lo citerei come “fuori classifica” rispetto alla tua domanda.
Miglior disco rap: “Compton” di Dr Dre.
Miglior disco di musica elettronica: l’EP di Jack Ü (Diplo & Skrillex). È un crossover di generi, ha riscritto il sound design e le formule strutturali della musica elettronica rendendo dei pezzi con suoni “grossi” e credibili delle belle canzoni pop, “Take U There” ha portato la trap dai club alle radio. Sinceramente non ci sono stati dischi italiani che mi hanno particolarmente impressionato al punto di individuarne uno migliore.
Nel mondo hip hop esistono una serie di competizioni piuttosto “infantili” tra gli artisti. Diciamo che, se stessimo organizzando la cena di fine anno, non metteremmo allo stesso tavolo Ensi e Maruego. Nella scena elettronica riscontri le stesse difficoltà o trovi che sia più facile trovare colleghi che si stimano?
In tutti e due i generi molto spesso i colleghi sono amici per finta, per convenienza. La scena elettronica è come la scena rap, anzi forse ci sono più poser. La tavolata di fine anno gliela lascerei fare senza problemi…
Qui vi ascoltate il mixato che Fish ha preparato per Diplo & Friends su BBC Radio 1Xtra, andato in onda il 3 gennaio: