Non ho mai visto di buon occhio coloro che venerano i propri beniamini senza senso critico. L’essere ossessionato da un disco, un artista o da un periodo storico definiscono una mentalità che preclude a molti l’ebbrezza di una nuova scoperta e l’ampliamento dei propri orizzonti.
Uno dei pochi che mi trascinò, a sua insaputa, nel circolo vizioso del groupismo intellettuale fu proprio Dargen D’Amico, complici anche i miei diciannove anni e due album che rimangono, anche a distanza di anni, due pietre miliari della mia esistenza. Introvabili e messi in vendita in rete a prezzi stratosferici, sono stati finalmente riportati in vita, formato vinile, dalla Tannen Records e verrano celebrati a breve attraverso un tour esclusivo (RE: MSM 2006/2016) in cui eseguirà solo brani estratti dai primi due dischi.
Sto parlando di MSM (Musica senza Musicisti) e di Di Vizi di forma Virtù che –rispettivamente nel 2006 e nel 2008– cambiarono il mio approccio all’ascolto del rap e in generale della musica italiana. Ricordo ancora il giorno in cui andai ad acquistare MSM da Vibrarecords (RIP) e la prima volta che ascoltai DVDFV dalle casse del computer, i cui driver dell’audio non resero sicuramente onore alle produzioni di Crookers, Bosca, Roofio e Zangirolami che lungo le ben 35 tracce del disco (doppio), come per i reticoli del DNA, davano origine ad una strana complementarietà, nonostante i sound di diversa matrice.
Esce il 13 giugno del 2008 e viene distribuito da Universal. Osannato già subito dopo il rilascio, dai suoi (già da allora) adepti, fu oggetto di pagine e pagine di topic e di impressioni ad opera degli utenti dei forum più attivi della penisola (Hot Boards RIP) che già venivano dall’adorazione/idiosincrasia dell’album rosa, la cui risonanza mediatica fu però nettamente inferiore. Solo in un secondo tempo fu apprezzato e talvolta incensato dalla stampa di settore alternativa, che raramente in quel periodo si occupava di dischi che appartenessero, convenzionalmente, al genere del rap italiano. Grazie anche alla considerazione inaspettata di alcune testate, come la copertina di Blow Up nel 2008, il rap (ri)acquistò credibilità anche agli occhi di chi l’aveva accantonato o di chi l’aveva sempre ascoltato sporadicamente.
Un lavoro ispirato al cantautorato italiano di peso, prima ancora che autodefinisse la propria cifra cantautorap e prima ancora di aver citato nella varie interviste i colleghi Ruggeri, Jannacci e soprattutto Dalla, omaggiato anche negli ultimi frame del video di Nostalgia Instantanea. La metrica coraggiosa su cui si potrebbe scrivere una tesi di laurea, l’utilizzo sfrontato dei quattro quarti, la sua plurivocalità, lo spostamento degli accenti e i testi paraletterari hanno reso questo album uno dei lavori della discografia italiana degli anni 2000 da citare nelle classifiche dei migliori dischi, nel futuro. Traversale nel suo essere camaleontico e spiazzante, anche musicalmente.
DVDFV è stata l’opera omnia di Dargen, molto prima di quella enciclopedica di D’iO.
Dentro c’è il rap dallo schema classico (Ex Contadino, Passerà al bar), l’autotune sparato a mille (In alcune zone del mondo, Moderata Crisi, il Rap per me) molto prima dell’ondata trap e in anticipo di qualche mese su ‘808 & Heartbreak di Kanye, il vocoder come diffusore di malinconia (E Sacrifici, I Love you but it Hurts), sprazzi di funk (Show me Love, Pubblicità), il vestitino french touch cucito su misura dai Crookers (Ticket Restaurant, Low Cash, Alì il Thailandese), la hit tamarra dai doppi sensi Banana Frullata prima del bis di successo a fianco di Fedez e la rap ballad strappalacrime (Arrivi, stai comodo e te ne vai).
E poi capolavori privi di ritornello come questa:
[youtube url=”https://www.youtube.com/watch?v=FseiLf4_sKI” width=”620″ height=”300″]https://www.youtube.com/watch?v=FseiLf4_sKI[/youtube]
Quello che avvenne dopo ormai è storia. Jacopo D’Amico è diventato, dal terzo disco in poi, un artista con una popolarità tutt’altro che scontata, ha disegnato una linea di occhiali da sole ormai sold out, ha collaborato recentemente ad un progetto con Radio Deejay. Si è esibito nei programmi pomeridiani della domenica, è finito ai piani alti delle classifiche FIMI e si è perso ormai il conto degli artisti con i quali ha collaborato, anche al di fuori della scena rap, incursioni spesso molto riuscite.
Quello che una volta forse era un amore esclusivo, nel quale pochi eletti, compreso me, potevano venerare la propria scoperta con toni onanistici, oggi, forse, non è più motivo di vanto. Dargli del “genio” sui Social nel 2016 non è come scambiarsi delle opinioni sul disco d’esordio su MSN con il diretto interessato (…chi sa, sa).
La verità è che si è avverato quello che molti di noi gli auguravano. Se oggi avessi di nuovo diciott’anni non escluderei di lasciare un “genio” random tra i commenti su YouTube. Se oggi fossi appena maggiorenne aprirei un numero indefinito di pagine su Facebook intitolandole “Le migliori frasi di Dargen D’Amico”.
Sia la ristampa del disco che i biglietti dei concerti sono acquistabili su Music Raiser o su Tannen.