Il 1° Aprile è uscito “Panama 11” , primo disco solista di Ale Zin, membro del collettivo 13 bastardi; tale album è già un punto cardine nella carriera dell’artista partenopeo. Lo abbiamo intervistato per approfondirne le tematiche e non solo.
Ciao Ale, benvenuto su DLSO: battiamo il ferro finché è caldo e buttiamoci sul tuo album “Panama 11”. Perché questo titolo? Sentivi da tanto l’esigenza di esprimerti in solitaria? Ti sei sentito più libero?
Ciao ragazzi, dal momento in cui ho sentito di voler intraprendere questo viaggio nella musica, mi sono sempre posto la necessità di usare un mezzo e/o di sfruttare la musica stessa quale strumento per potermi spostare tra una sensazione e l’altra, tra aneddoti, trame e vicende della mia vita, e a questo giro il mezzo stesso ha preso forma, materializzandosi in un taxi, la cui sigla è Panama 11. Alla guida di questo, si sa,il driver è unico, solo, non ha sostituti o collaboratori alla guida e questa consapevolezza lo rende libero di percorrere, a seconda delle proprie percezioni, il tragitto che più lo ispira. Era già da un po’ che sentivo di volermi esprimere come solista e la venuta di Panama 11 non ha fatto altro che darmi la “fotta” giusta per poterlo fare.
Che ne pensi della scena napoletana attuale? Secondo te è riuscita a rendersi competitiva col resto d’Italia e ad emergere come meritava? Il clima a Napoli, speciale se si tratta di eventi, è stato vivacizzato?
L’attuale scena napoletana, a mio avviso, oltre a sfornare giorno dopo giorno sempre più produzioni, si sta nuovamente evolvendo. In generale gli mc’s e i producers partenopei, oltre a strizzare un occhio alle novità musicali d’oltreoceano, ascoltano con entusiasmo anche quelle che possono essere le cose con un suono più classico, e questo mix ci sta portando forse a ricreare un nuovo calderone di stili Made in Naples. Anche i temi trattati stanno finalmente trovando nuova luce dopo l’ondata di mc filo Gomorriani; sto sentendo ragazzi che spaziano e vanno oltre quello che è un qualcosa di già fatto da altri.
Poi mi chiedi se Napoli è riuscita a rendersi competitiva col resto d’Italia? Napoli si è sempre distinta ma non ha mai avuto le possibilità per farlo sapere troppo in giro. Qui abbiamo il motore potente ma non abbiamo il carburante, mi spiego meglio: qui a Napoli non abbiamo le grandi emittenti televisive che si interessano di musica, o le grandi stazioni radio che dedicano intere rubriche al rap e infatti i nostri rappresentati più conosciuti sono quelli che attualmente non abitano più qui. Un ragazzo di Napoli sa di dover affrontare molte più difficoltà per emergere, e purtroppo questo processo talvolta non lo può intraprendere restando tra la sua stessa gente . Lo stesso clima di eventi si è vivacizzato, certamente, ma viaggia sempre di più nella direzione che va per la maggiore, supportando magari il prodotto mainstream non interessandosi all’artista locale.
Hai avvertito competizione tra i principali mcs napoletani? Pensi si aiutino a sufficienza ad emergere?
Come in ogni scena che si rispetti la competizione fa bene, bisogna però saper scindere la parte sana e obiettiva da quella lercia e parziale, e qui a Napoli, come del resto in Italia, puoi trovarle entrambe; la prima si impegna a fare e a proporsi mettendosi in gioco con lo spirito di chi ha voglia di dare e di ricevere e quindi competendo incontrandosi col prossimo.La seconda si autoproclama pura e giusta aggrappandosi o ai vecchi lustri del passato, convinta di non poter essere disturbata, o addirittura non avendo un confronto reale, vola in un ego trip assurdo di vittimismo e incomprensioni. La scena è scissa, secondo il mio parere, da questo dualismo e, fino a quando non riusciremo ad ammettere e ad affrontare i nostri sbagli, possiamo stare sicuri che sarà sempre più dura emergere.
Oltre quella di Napoli, quali altri scene apprezzi in Italia?
Oltre a quella che è una parte della scena nostrana, apprezzo molto la scena calabrese, quella sarda, in pratica apprezzo molto la scena dei migranti in generale ma credo che anche la scena romana stia continuando a fare il suo, mantenendosi attiva e compatta.
In questo disco hai voluto puntare sullo storytelling, talvolta molto diretto e talvolta meno diretto; da dove nasce questa scelta? Qual è lo storytelling del rap che preferisci?
Sai, in Panama 11 non ho pensato più di tanto sotto quale forma dovevano nascere i pezzi, ci sono beat che mi hanno concesso di esprimermi in un modo e altri in un altro. Ogni brano si è trasformato in quello che è il suo risultato finale in una maniera del tutto spontanea. Ogni rima è una proiezione sensoriale che mi è stata suggerita dalla magia dello spazio nel mio essere, quindi nel mio storytelling racconto del contesto in cui mi trovo inserito ma allo stesso tempo rifletto in esso le mie emozioni.Tra i brani di altri artisti che hanno puntato su questo stile ricordo e apprezzo molto “shoot’em up” di Nas, “One day” di Geru the Damaja,oppure ancora “it was a good day” di Ice Cube e ovviamente i pezzi dell’immancabile Slick Rick.
Personalmente penso non ti sia voluto rifare precisamente anche ad una figura americana, puoi confermarlo o meno? Oppure gli artisti stranieri ti danno effettivamente ispirazione?
No, non mi sono voluto rifare a nessuno degli artisti sopracitati, anche se sicuramente ne avrò assorbito l’essenza stilistica ascoltandoli. Siamo delle spugne e inconsapevolmente ci appropriamo e trasformiamo l’energia che ci viene donata dall’universo.
In questo disco non hai voluto inserire collaborazioni, come mai questa scelta?
In Panama 11 non ho chiamato all’appello altri mc’s perché durante tutta la mia carriera ho sempre collaborato all’interno di gruppi e quindi, a questo giro, fare il mio primo disco “solista” doveva rispettate almeno in parte la sua definizione letterale.
Per quanto concerne il comparto delle strumentali ti sei mosso con un sound abbastanza classico, ma con qualche tocco di modernità, lo definisci un punto di forza del disco?
La maggior parte delle strumentali sono state curate da Breakstarr, a cui assegno attualmente la più alta versatilità nel campo del beatmaking a Napoli e solo avere il suo tocco stilistico in questo mio progetto per me è un punto di forza. Per il resto affido l’ardua sentenza a chi avrà voglia di salire a bordo di Panama 11.
Ringraziamo Ale Zin per la disponibilità e ricordiamo che il 21 aprile ci sarà il suo showcase di presentazione all’Agorà di Napoli.