Come posso restare indifferente a Chiara Monaldi, se si presenta con un artwork così?
Se in Una settimana difficile ci sono i cereali e i fiammiferi, gli occhialini rossi, un bollitore e un cappello di lana sciupato dal tempo.
E, insieme, una voce delicatissima.
Non lo so se per te è una settimana difficile ma mettila un attimo in pausa e schiaccia play qui sotto. Poi leggi il track by track.
Ho scritto alcune di queste canzoni (Lunedì e Venerdì) nel 2014, pensando ad un pezzo per ogni giorno della settimana che fosse in grado di catturare alcuni frammenti della mia vita quotidiana tra spensieratezza e delusioni dei miei ventitre anni a Roma. Non ho mai registrato la settimana perché forse parlava di me in un modo troppo distante, ironico, quasi come se avessi bisogno di mascherare la pesantezza di alcune cose che stavo vivendo. Due anni dopo sono ripartita da quell’idea aggiungendo tasselli più maturi e riflessivi, sono cresciuta e ho avuto il coraggio di fermare queste canzoni. Non avrei mai potuto farlo senza Priscilla De Pace, che ha suonato con me e anche pensato al senso di questo lavoro in ogni sua fase, e Giacomo Nardelli che ci ha registrate mentre deliravamo con i suonini del microkorg.
LUNEDÌ
Il primo pezzo è il risveglio. Una stanza familiare in cui ci si sveglia in due e per qualche secondo si fantastica sul poter rimandare tutto il resto del mondo ad un dopo. Come dire “fino a che non apro la porta il fuori può anche non esistere”. Sembra quasi una filastrocca, l’ho scritta con quello che era il mio ragazzo al tempo. Questa canzone parla della bellezza di non avere bisogno di altro, ma anche del rischio che questo comporta. Il suono del microkorg è stato dibattuto, ma io e Priscilla lo abbiamo tenuto come qualcosa di un po’ alieno: sembra un tappeto ma allo stesso tempo porta anche un po’ fuori da questa presunta dolcezza, in linea con la mia idea di un amore totalizzante che ci fa credere di “non voler sapere niente” del resto.
ROMA
Questa canzone è l’ultima che ho scritto. L’ho cominciata a strimpellare in camera ed è come se si fosse scritta da sola. Penso che sia il pezzo più pop del disco. In questi anni ho cercato di semplificare al massimo la mia scrittura, cercando melodie orecchiabili e immagini immediate più che lunghe narrazioni. Roma parla ovviamente della città in cui sono nata e vivo, ma soprattutto della mia migliore amica a sedici anni, di crescere, di dover accettare di non sapere più niente sulla vita di persone che hanno fatto la mia storia, portandomi in giro di notte tra Garbatella e Balduina su motorini scassati.
NOI DUE NEL BAR
Questa è una cover tradotta, con una grande libertà, di Lived in Bars di Cat Power. L’ho scritta perché alcuni amici mi avevano invitata a suonare ad una serata per il Pierrot Le Fou (il locale di Roma dove ho fatto il mio primo live da solista) che purtroppo stava chiudendo. Sono molto attaccata al bar come un luogo necessario per parlare, suonare, bere, innamorarsi di sconosciuti. Ho provato a tradurre tutta la canzone, ma non riuscivo a trovare qualcosa che mi convincesse per la seconda strofa, così è metà in italiano e metà in inglese ma alla fine mi piace (un po’ Truceklan!).
LA RABBIA
Questo pezzo è diventato il primo singolo dell’EP. Tutto è successo molto spontaneamente, ero a cena con delle amiche, tra cui Ludovica De Santis, che ha montato il video, e ricordavamo cartoni e anime che hanno plasmato la nostra percezione dei rapporti uomo-donna. Dopo aver cantato tutte le sigle a memoria, ci è venuta l’idea di montare scene del cartone Rossana (Kodomo no Omocha) su una canzone che parla invece di tutta la parte violenta che è in noi, quella imprevedibile.
VENERDÌ
Venerdì faceva parte della settimana originaria. Probabilmente è il pezzo a cui sono più affezionata perché quando l’ho scritta mi ha aiutato a verbalizzare un malessere che non riuscivo ad esprimere. Parla di differenti visioni, di avere venticinque anni e poter credere in un progetto oppure continuare a collezionare contesti sociali fatti spesso solo di discorsi vuoti. La cosa più importante della canzone per me è la melodia di piano, me la canticchiavo per calmarmi quando sentivo di voler fuggire da situazioni in cui mi sentivo fuori luogo perché mi mancava un affetto vero, anche un silenzio.
DI TORNARE
Questa è una chiusura dedicata a tutte le persone che ho dovuto salutare perché hanno scelto di vivere altrove. Il mio augurio è che tornino, che si ricordino di Roma e di me non solo come una fotografia di una “bella Italia da villeggiatura”. Tornare a casa e a un’autenticità.
È FINITA
Sono 50 secondi di chiusura, avrei dovuto forse mettere cori e mille effetti. Alla fine l’ho tenuta così semplice chitarra e voce, perché è una specie di preghiera a me stessa. Come dire dopo questa “settimana difficile” avrò imparato a smettere di stare in guerra con l’amore, la distanza, le scelte diverse dalle mie, i ricordi e le assenze?