Andrea Suriani nasce a Ivrea nel 1988. Da alcuni anni, è l’uomo dietro alle diverse fasi di produzione di molti tra i più acclamati artisti italiani odierni, dai Cani – di cui è anche tastierista – a Calcutta, passando per Colapesce, Cosmo, M+A, Gazebo Penguins e tantissimi altri. Tutti progetti in cui – quale più quale meno – ha rivestito un ruolo fondamentale per il raggiungimento del risultato finale. All’attività di produzione si aggiunge anche quella di fonico live, che l’ha visto anche in compagnia degli inglesi Is Tropical. Last but not least, un passato nelle fila dei mai abbastanza rimpianti My Awesome Mixtape.
Un profilo autorevole e competente nonché una persona squisita e disponibile che ama la musica e il suo lavoro, con cui DLSO ha voluto chiacchierare per scoprirne passioni musicali, metodi operativi e – perché no? – anche per capire meglio di cosa parliamo quando si parla di produzione, mastering o missaggio di un album.
La tua formazione inizia sin da tenera età suonando il pianoforte. Eri un bambino prodigio o semplicemente ti applicavi molto?
In realtà è nato tutto un po’ per caso. I miei genitori quando avevo 5/6 anni mi hanno chiesto “che strumento ti piacerebbe suonare?”, non so il motivo ma risposi “pianoforte!” e da lì iniziò tutto. Sembrava che dessero per scontato che qualcosa avrei suonato comunque, non importava che strumento.
Hai mai pensato a come sarebbe stato iniziare da un altro strumento?
Sinceramente no. Ho passato il liceo a suonare anche il basso elettrico, ascoltavo solo heavy metal e le tastiere erano un po’ sacrificate in quel genere! A distanza di anni però son contento della scelta, mi ha dato molto iniziare dal pianoforte, è uno strumento davvero completo.
La tua attività musicale si divide tra studio di registrazione, fonico live, musicista. Quali le differenze e quale il fil rouge che collega questi ruoli? In cuor tuo ne prediligi uno più di altri?
Il fil rouge è la passione. Sono attività molto differenti tra loro ma ognuna ti dà qualcosa di diverso, oltre ad essere tutte interessanti. L’attività in studio è forse l’attività che mi prende più tempo. Negli anni ho cercato di specializzarmi in tutto quello che la riguarda, dalla produzione artistica al mastering. L’unica pecca è che quando si passa così tanto tempo in studio a volte si ha la necessità di staccare. Per questo ho affiancato sempre il contesto live, sia da fonico che da musicista. Li metto sullo stesso piano, sono modi per confrontarsi con il fuori, gli ascoltatori, altri musicisti e fonici, e per trovare nuovi stimoli ed ispirazioni.
Hai studiato per diventare tecnico del suono e di registrazione, diplomandoti. È un’esperienza che consigli a chi è alle prime armi oppure basta affiancarsi ai giusti maestri?
Dovevo andare ad ingegneria finito il liceo. Era il percorso “normale” che avevo in mente, andavo molto bene a scuola. A 19 anni mi son chiesto “è davvero quello che voglio fare per tutta la vita? L’ingegnere?”. Così mi sono dato un anno per provare a seguire la mia passione e mi sono iscritto al corso di tecnico del suono della Scuola di Alto Perfezionamento Musicale di Saluzzo. Ho passato sei mesi in classe, e poi tre mesi di stage in studio insieme a Francesco Donadello (Giardini di Mirò, Efterklang, Moderat…) e Giacomo Fiorenza (42records, Homesleep, Moltheni…). Il corso aiuta tantissimo a crearsi delle basi su tutto quel che riguarda l’attività di studio, ovviamente mi sento di consigliarlo, anche come esperienza. Tuttavia è una base di partenza per il vero lavoro, non si diventa tecnico del suono con un corso. Quello si impara solo sul campo, costruendosi un’esperienza, lavorando con attenzione a fianco di chi è più bravo, cercando di imparare sempre da tutti e da tutto. Credo che il giorno che smetterò di imparare smetterò anche di fare questo lavoro.
Spesso si fa confusione tra mastering, missaggio, registrazione e le altri fasi della produzione musicale. Ti va di dare una definizione di ogni fase per i neofiti?
Una produzione musicale inizia dalla preproduzione, che sarebbe la fase in cui la band porta i provini dei brani che vuole registrare, si cerca di capire l’idea che la band ha dei suoi brani, se ne discute insieme, e se favorevole si ridefiniscono le strutture, si mettono in discussione gli arrangiamenti e si buttano giù le idee sul come affrontare ciascun brano.
La registrazione è la fase in cui si registrano su hard disk o su nastro le performance dei musicisti a tracce separate per aver maggior possibilità di intervento nella fase successiva che è il missaggio, ovvero il miscelare quanto registrato e trovare un equilibrio di volume, risposta in frequenza e immagine stereofonica tra gli elementi che compongono il brano, in modo che rispecchi l’idea del musicista o del produttore del brano registrato.
Il mastering è la fase conclusiva, dove i brani mixati vengono ottimizzati in modo tale da essere uniformi di dinamica e spettro di frequenza tra di loro nell’ascolto dell’intero disco, adattati in base al supporto in cui verranno stampati e per farli suonare il meglio possibile su tutti i supporti di riproduzione.
Cosa non dovrebbe mai mancare in uno studio di registrazione?
La luce naturale! Solitamente la luce che trovi negli studi è artificiale, anche di giorno. Può essere molto alienante perché non hai più il senso del tempo: parti la mattina, sembrano passate poche ore perché sei concentrato e magari fuori s’è già fatta notte! Nel nostro nuovo studio, l’Alpha Dept. a Bologna, abbiamo fatto in modo di mantenerla naturale sia in sala di ripresa, dove suonano i musicisti, sia in regia dove lavoro io. In questo modo è molto più rilassante lavorare e suonare. Non ti senti in una caverna e capisci quando hai dato abbastanza per quel giorno!
Hai militato nei My Awesome Mixtape, hai nostalgia di quegli anni? Cosa ti porti con più orgoglio di quella esperienza?
Li ricorderò per sempre quegli anni. Eravamo appena ventenni, senza pensieri. A distanza di tempo non so come facevamo, era proprio un approccio diverso. Suonavamo sempre e dovunque, abbiamo girato tutta Europa, stavamo via anche un mese di fila suonando tutte le sere. Siamo riusciti anche ad andare a New York che per noi era tipo un sogno. Pensavamo solo a suonare, conoscere nuove persone e fare casino sul palco. Quello che porto con più orgoglio è lo spirito con cui lo si faceva: con umiltà e sempre con i piedi per terra. Potevi darci qualsiasi cosa, un super palco o anche un marciapiede, potevano esserci cinque persone o mille, sarebbe stato lo stesso, cercavamo di fare sempre del nostro meglio, ci divertivamo e portavamo a casa il concerto.
Il tuo lavoro con gli Is Tropical è stata la tua prima esperienza con un artista non italiano (credo). Come è nata la collaborazione? Hai trovato delle differenze rispetto al rapporto con i musicisti nostrani?
Li ho conosciuti ad un festival a Terni, io ero con i Niagara, a cui facevo da fonico. I Niagara dal vivo sono veramente potenti, e fargli i suoni è molto divertente perché riesci davvero a spremere gli impianti lavorando di fino. Suonavamo prima degli Is Tropical e obiettivamente abbiamo fatto un gran concerto! Ci han fatto molti complimenti sia loro che il loro fonico. Poi abbiamo fatto serata tutti insieme fino all’alba. Gli avevo lasciato i miei contatti nel caso avessero bisogno in futuro. La settimana dopo mi han chiamato per seguirli. Ho fatto qualche data in Italia ed un tour in Europa con loro, è stato molto divertente.
Le differenze principali nascono un po’ dal fatto che, a differenza della maggior parte dei gruppi italiani, sono abituati a suonare in tutto il mondo più che nel loro Paese d’origine. Hanno un’apertura mentale e musicale maggiore. Loro in particolar modo amano viaggiare, suonano per quello e per divertirsi. Suonare tanto e così lontano ti porta ad adattarti sempre a nuove situazioni, più complesse che facili, sia logisticamente che tecnicamente. Quando sei in aeroporto che parti con loro lo vedi che hanno la naturalezza di chi l’ha fatto altre 500 volte. Ovunque vadano danno il massimo per fare il loro concerto, non si lasciano intimidire dalle situazioni, né li ho mai visti lamentarsi.
Hai prodotto Aurora, uno dei più bei album del 2016, e sei ormai parte integrante del progetto Cani. È la tappa più importante del tuo percorso?
Sono veramente contento di aver lavorato a questo disco con Niccolò. Nei due dischi precedenti avevo eseguito il mastering, mentre su Aurora abbiamo lavorato insieme in studio anche in registrazione e in missaggio. È stato molto stimolante lavorare con lui, ha fatto un grande lavoro di scrittura come sempre e come anche i dischi precedenti aveva un’idea ben precisa di come doveva suonare, è un artista molto indipendente da questo punto di vista. Mi son potuto concentrare solo sul farlo suonare bene e cercare di tradurre al meglio quello che aveva in mente.
È sicuramente la tappa più importante del mio percorso fino ad adesso, mi sento fortunato a farne parte, è un progetto che mi piace molto e in cui vedo un futuro musicale. In più per un tastierista è davvero il gruppo ideale!
La migliore e la peggiore esperienza mai avuta in veste di fonico live (e perché?).
Migliori ce ne sono diverse. Ai primi posti ricordo Gazebo Penguins per l’ultimo AntiMTV Day. Era una delle mie prime date con loro, ed era anche una delle prime loro del tour di Legna. Era molto sentita perché sarebbe stato l’ultimo AntiMTV Day. Fu sudatissimo, un caldo infernale all’XM24 di Bologna. La gente era letteralmente impazzita. Pinguini incredibili, concerto storico davvero. Fu la volta credo che sia io che loro sentimmo che stava cambiando qualcosa nel nostro percorso.
Un’altra degna di nota fu con gli M+A al KOKO di Londra, data in cui stetti 23 ore sveglio, partenza in aereo alle 3 di mattina e ritorno di notte dopo il concerto! Non so perché non mi riposai ma ebbi la grande idea di fare un giro per Londra il pomeriggio a trovare un amico. Il concerto era linecheck a mezzanotte, molto impegnativo tecnicamente perché hai solo 15 minuti per settare tutto e partire. Mi ricordo che andò tutto bene, locale bellissimo e gente carica.
Di negative invece mi ricordo agli inizi inizi. Ero giovane ed inesperto. Feci i suoni ad una band in apertura ai Gossip. Fu la prima volta con un impianto molto grande. Feci abbastanza schifo! Ma fu una lezione anche quella.
Ripensando al tuo percorso sinora trovi qualche passaggio opaco?
Lo scioglimento dei My Awesome Mixtape nel nostro momento musicale migliore. Avremmo potuto fare un grande disco, caldi di tanti concerti insieme. Invece fummo dei cazzoni.
Cosa ti colpisce di più di un artista, tanto da spingerti a collaborarci?
La musica. Quando un brano lo ascolto una volta, anche per caso, e mi rimane in testa. Che io ricordo tra quelli con cui ho collaborato m’è successo con Drink To Me, Cosmo, Calcutta, M+A, I Cani…Con Calcutta fu assurdo perché prima che facesse il disco avevo sentito live Cosa mi manchi a fare, una volta sola, chitarra e voce. La canticchiai senza averla più sentita finché non me la son trovata in studio a mixare tre/quattro mesi dopo!
I 5 dischi che avresti voluto produrre:
Tame Impala, tutti
LCD Soundsystem – Sound Of Silver
Major Lazer – Peace is the mission
Slayer – Reign In Blood
The Strokes – Is This It
I 5 live per cui avresti voluto/vorresti far il fonico;
Verdena, Bon Iver, Caribou, Jungle, Pantera.
I 5 artisti con cui avresti voluto o vorresti suonare.
Tutti quelli che ho appena citato.