“… THE LITTLE THINGS
I NEED TO SAVE MY SOUL”
La prima traccia di Telefone è un’onda che si infrange sulle nostre gambe che sono coste alte e frastagliate, di sicuro non spiagge di riviera pronte ad accogliere una cosa così forte. Ma l’onda arriva, ed è impossibile non bagnarsi com’è impossibile non alzare la testa per ascoltare attentamente le parole, attirati dal crescendo della voce di Noname, lasciando al suo destino tutto quello che stavamo facendo fino ad un attimo fa.
Anch’io, come lei, voglio fare una lista di cose piccolissime di questo disco che mi fanno stare bene:
— La calma, la stessa calma che si sente seduti in un giardino di begonie con un libro di Virginia Woolf in una mano e un succo di pompelmo – il pompelmo, il dolce tra gli aspri – nell’altra.
— Il coraggio
— Le doppie voci in Diddy Bop
— Le batterie
— Il ritratto di lei bambina in copertina, con quella luce sul mento e diviso a metà dalla fila di bottoni sulla camicia che continua con la riga tra i suoi capelli scurissimi
— Chance the Rapper, che si sente dappertutto anche se non c’è
— La paura e la morte definite in contorni neri ma colorate in tinte pastello
— La voce di Noah Ritter (sì, quel Noah Ritter, quel bambino che non era mai stato in televisione e un attimo dopo è diventato un video virale) che si sente in All I Need se alzate il volume – e se non me lo sono sognato.
Tutto quello che dice è così vicino e così vero che serve un attimo per pensarci, sono cose che ci toccano e che in un attimo si espandono dentro di noi prendendo spazio, visibilmente. Come se partendo dalla cucitura a punta sulla tasca della camicia (la sinistra, sopra il cuore) una macchia di inchiostro blu improvvisamente diventasse sempre più grande a contatto con ogni filo di cotone. La penna che se ne stava lì aggrappata al taschino da settimane, proprio oggi ha deciso di rompersi, esondando sulla camicia pulita alle dieci di mattina poco prima di una riunione importante. E così il nostro cuore e la nostra mente, si aprono oggi pur essendo sempre stati lì.
Noname è una emcee e poetessa di Chicago, ha 24 anni e i capelli ricci, ci siamo innamorati di lei in Warm Enough di Donnie Trumpet and The Social Experiment. Telefone è una conversazione intima e introversa con qualcuno che conosciamo appena, immaginata dietro la cornetta. Non un tweet o un messaggio vocale, ma un racconto personale e nostalgico in cui Chicago diventa teatro di scontri violenti con la polizia, di preoccupazione, di rassegnazione fuori da un negozio di liquori ( “What a pretty lady in the valley of shadows / I’m thinking she lost the battle / I’m thinking she found the bottle” canta in Freedom Interlude), ma anche di fede, di libertà e di rassegnazione. Questo infatti è un disco in bilico tra gli estremi: tra la purezza e la distruzione, il trauma e la calma, la violenza e la pace, la vita e la morte. E’ un disco che ci fa vivere entrambe le parti fortissimo, dandoci la forza per rimanere in equilibrio sul confine. Le due dimensioni le vediamo anche davanti al lilla della copertina stessa, ci sono i fiori e c’è il teschio. E poi ci sono i suoi occhi grandi che si riempiono (di luce, di acqua, di ricordi), senza la presunzione di aver fatto un disco che rimarrà per sempre, ma semplicemente per condividere la sua vita e la sua storia.
Yall wanted a tape…
Now yall got one.
Back in the shadows I go.
— Noname (@noname) August 4, 2016
Telefone prende benissimo, anche in montagna.
Si sente tutto. Si sente il dolore della popolazione afroamericana ma soprattutto delle donne afroamericane, lo stesso di cui parla Jamila Woods in HEAVN (altro disco bellissimo che dovete subito ascoltare), e di Dino Buzzati, degli ex voto, di Giotto e di come mi immagino sia l’Algeria. Un dolore che ti fa a pezzi e li incolla di nuovo tra loro fissandoli con dell’oro o dell’argento liquidi usando la tecnica giapponese (e bellissima) del Kintsugi, riparandoti e rendendoti prezioso, senza farti vergognare di essere fragile.
Bye Bye Baby è la storia di un aborto, Noname interpreta sia la madre che il bambino mai nato. In Shadow Man invece, lei Saba e Smino contemplano le loro morti e i loro funerali, accompagnati da questo senso di pace e accettazione di chi sa che potrebbe succedere in qualunque momento. Un dolore che diventa forza e ferita preziosa, una nuvola riflessa in una pozzanghera quando non riesci a guardare il cielo. Le produzioni di Cam O’bi, Phoelix, Saba e Monte Booker giocano un ruolo fondamentale nel disco, accarezzandoci e tenendoci la mano senza traumatizzarci ma facendoci comunque spalancare gli occhi di attenzione e di stupore.
È tutto così elegante, così intimo.
Noname ha fatto suonare la morte come una silenziosa mattina d’estate.
“DON’T FEAR THE LIGHT THAT DWELLS DEEP WITHIN.
YOU ARE POWERFUL BEYOND WHAT YOU IMAGINE.
JUST LET YOUR LIGHT GLOW”