Del Duo Bucolico vi avevamo già parlato in passato su DLSO. Ad aprile scorso, per La Fabbrica e Cinedelic, è uscito Cosmicomio, sesto album della premiata ditta romagnola Maggioli-Ramberti. Irriverente, ironico, surreale: un nuovo passo per il cantautorato indipendente italiano. A distanza di qualche mese, Daniele Maggioli ci racconta il disco traccia dopo traccia. Mentre leggete potete ascoltarlo qui.
L’IMPERO DEI BAMBINI
È una canzone/manifesto. Ci stava benissimo per aprire il disco. Suona gommosa e nervosa allo stesso tempo. Un po’ come un bambino di 5 anni, in effetti. L’idea di puerocrazia ci ha sedotto da subito, appena affiorata. Non solo perché abbiamo figli piccoli, ma perché è una specie di allegoria della nostra idea dell’anarchia, un’anarchia esilarata, ebbra, felice e schizzata, che ci rispecchia molto.
“Una risata vi seppellirà”, diceva qualcuno. Esattamente questo. Tra l’altro, ho seri dubbi che un mondo governato da bambini sarebbe più caotico di quello in cui viviamo ora.
L’ASTRONAVE DELL’AMORE
È il brano che suona meglio in tutto il disco. C’è suono. C’è anche il mistero della batteria, che è una batteria elettronica fatta con l’iPad, ma suona come fosse un batterista vero.
In questi giorni in cui fingiamo di riflettere seriosamente sulla sessualità e su quello che l’eros rappresenta nella nostra società bigotta (dove anche gli alternativi si rivelano bigotti e puritani) noi vogliamo alzare il tiro. Basta chiacchiere su coppie di fatto, omosessualità, ninfomania, transgender: Amore Extraterrestre, la vera avanguardia hard.
Oh, Ramberti l’ha provato, e mette a dura prova: solo per veri professionisti.
AMO I POLITICI
Speravamo si creasse un caso di odio virale nei nostri confronti. Forse tutti hanno creduto che scherziamo, in realtà noi i politici li amiamo veramente, ma per una volta che non scherziamo nessuno ci ha preso sul serio. Siamo troppo fighi per sembrare democristiani. E il PD alooooooraaaaaa!!!1!???’1!!! In genere il problema è inverso: fai una canzone ironica, tutti credono sia seria. Ma poi, in fondo, se guardiamo dentro il nostro cuore: chi se ne frega?
L’andamento un po’ west coast del brano mi dà sempre una bella sensazione, un po’ come se mi ritrovassi a surfare a Marina di Carrara con Bersani.
PING PONG
Forse il primo brano composto realmente tutti insieme, BANDA BUCOLICA come creatura creatrice. Eravamo in teatro per fare delle prove, come al solito le prove vanno in alto mare e da un’improvvisazione è nato questo giro di accordi. Io subito mi sono annotato l’immagine di quest’uomo che cerca disperatamente qualcuno con cui giocare a ping pong, e dalla Riviera Romagnola si ritrova catapultato nello spazio siderale, alla ricerca di un compagno di giochi.
È una canzone molto struggente che forse in pochi hanno capito, non perché sia difficile, ma perché è molto aperta. Sicuramente questo pezzo continua a parlare anche dopo molti ascolti.
L’ODIO COSMICO
Il grande capolavoro del disco. John Lennon ribaltato e sbeffeggiato dentro uno studio di registrazione di Forlì. Il brano era nato male, non riuscivamo a trovare la chiave giusta, ma io mi ero fissato, e volevo fare questa canzone sull’odio che governa l’universo. Anche Gianni Perinelli, un nostro uomo, mi ha detto che ero pazzo ad abbandonarla.
Ho quindi finto di accantonarla e ci ho lavorato segretamente, cambiandola del tutto, finché non ho avuto l’illuminazione di Give Peace A Chance. A quel punto in studio mi sono fatto mettere un microfono e ho chiesto a tutti i musicisti di prendere una percussione. Non avevano mai sentito il pezzo. Abbiamo fatto un take e il pezzo era pronto. Poi abbiamo aggiunto il vocoder e dei glitch elettronici assurdi nella coda, per violentare ancor più a fondo le utopie lennoniane.
È molto bello poter avere questa libertà creativa, mi sento davvero molto felice su questo piano.
BARBANERA
Anni fa siamo stati a suonare vicino a Forlì, in una comunità di matti. Il concerto fu fantastico, e abbiamo oscillato tra cinismo e amore per tutta la sera. In particolare ci si attaccò addosso un personaggio incredibile, che per tutta la notte ci ha sussurrato cose assurde e incomprensibili nelle orecchie. Iniziava i suoi discorsi urlando e li finiva in un bisbiglio impercettibile. Geniale. Ci ha rotto le palle con i suoi soliloqui fino a notte fonda, ma ce ne siamo in qualche modo innamorati. Poi non ne abbiamo più parlato.
Quando abbiamo scritto Barbanera, tipo sei anni dopo, pensavamo a un pazzo qualunque che vaga in un giardino pubblico con la coscienza in frantumi e tutta la Storia dell’umanità che lo trafigge. Solo dopo aver registrato il pezzo ci siamo resi conto che la canzone parlava del pazzo di Forlì, quindi è a lui dedicata, anche se non ricordiamo il suo nome.
Nel pezzo ci sono ospiti i nostri fratelli I CAMILLAS. Quando abbiamo scritto il ritornello: “…LUNEEEEDIIII’ ANDRO’ DALLO PSICOLOGO…” era chiaro che il pezzo doveva cantarlo Ruben Camillas.
SENZA TE STO
Come sta un uomo senza la sua donna? Come una canzone senza testo.
Il motivetto che sentite ci è venuto in mente tra Messina e Catania, laddove gallerie e palmizi ispirano il cantautore errabondo. Lo abbiamo fatto arrangiare e registrare ai nostri eccellenti fratelli SUPERMARKET, che oscillano pericolosamente tra i caraibi e la Romagna, capitanati dal sublime chitarrista Alfredo Nuti dal Portone.
CIAVATTA K
Su questo brano i nostri avvocati ci sconsigliano di parlare. Quindi diremo solo quattro parole: Jannacci/Rotterdam/Campanello/Cesena.
I CAMALEONTI
In effetti non tutti sanno che i camaleonti sono miliardi, ma non vengono certificati, perché sfuggono alla loro vista. Il tema musicale di questo pezzo è una delle cose che mi rendono più orgoglioso: non ricordo bene come l’ho fatto, forse con samples di chitarra, di voce, di synth e di Rodhes, ma ha un suono per me magnifico e mi fa viaggiare lontanissimo tutte le volte.
Vi prego di notare anche la classe con cui il maestro Antonio Ramberti suona la sua Casiotone/Ranocchia.
MANOLA ROBOT
Una volta in un locale di Milano abbiamo conosciuto un vecchio cabarettista del Derby, uno davvero esperto, uno della vecchia scuola. Dopo il nostro concerto ci ha detto: “Un buon spettacolo fa ridere, ma deve far scendere sempre anche una lacrima”. In effetti forse ora siamo più maturi e riusciamo a muovere meglio l’ascoltatore tra le diverse atmosfere.
Non vogliamo recluderci nella sola comicità. Questo brano è ambiguo e struggente, tragico e grottesco, e ogni volta che lo suoniamo ci emozioniamo, perché ci rendiamo conto che abbiamo messo il piede in un territorio diverso, una specie di palude elettrica, e non abbiamo perso il senso di avventura che ci rende quello che siamo.