Con una carriera già lunga e ricca alle spalle, sia sotto lo pseudonimo di Portable che quello di Bodycode, il sudafricano Alan Abrahams arriva a produrre il suo lavoro più ambizioso e personale scegliendo di intitolarlo, emblematicamente, proprio con il suo vero nome. Esprimendosi con una vocalità che si muove tra il baritono di un Matthew Dear ed il tono salmodiante di Brian Eno, artista questo che sembra comunque aver influenzato questo disco in alcuni dei suoi aspetti, Abrahams riconnette le proprie radici ritmiche con un elettronica alle quale si innestano sonorità più organiche ed una sensibile vena compositiva. Non mancano i momenti più prettamente club oriented ma la forza di questo lavoro sta altrove. Un album che, ascolto dopo ascolto, rivela ogni volta nuove affascinati sfaccettature.