Domani 1° ottobre avrà inizio la prima edizione del Rome Psych Fest. La due giorni di psych music capitolina ospiterà 18 band nazionali ed estere che si alterneranno sui tre palchi del Monk, allestito per la nuova stagione dai migliori visual artist e pronto per confermarsi sempre più come epicentro musicale di Roma.
In occasione del drug-by track degli Edible Woman vi abbiamo presentato line-up e timetable ufficiale. Non contenti, abbiamo scelto di porre qualche quesito a una delle perle di questo festival (live domenica alle 22 sul Lupertola Stage), una band per metà italiana e per metà internazionale: i Cairobi.
La band, all’attivo con l’EP Distant Fire pubblicato nel 2014 e i tre singoli Gristly Words (2015), Lupo (luglio 2016) e Ghost (uscito ieri), di certo non ha paura di sperimentare sonorità e sfaccettature che vestano al meglio il loro stile sempre più pop-psych e dall’immancabile vena folk-latin che si aggiudica il ruolo di cordone ombelicale stilistico tra la rinnovata band e la precedente vita sotto il nome Vadoinmessico.
A luglio avete presentato il nuovo singolo Lupo accompagnato dal suggestivo video creato dall’illustratore londinese Sebaldo. Il video è un continuo mutare di semplici immagini disegnate a pennarello: trasformazioni di animali inghiottiti da vortici coloratissimi che continuano a modificarsi ininterrottamente. Anche il vostro prossimo disco seguirà il tema del “cambiamento”?
Direi di sì. Il cambiamento, cioè l’evoluzione, è qualcosa a cui nessuno può sottrarsi: cambiano tutte le persone e tutte le cose. Per quanto ci riguarda, negli ultimi anni sono cambiate le vite di ciascuno di noi, è cambiato il numero dei componenti del gruppo, è cambiato il batterista, il nome della band e la città in cui facciamo le prove e registriamo. Tutto questo ha avuto un impatto sulla nostra musica, l’ha cambiata.
In un universo mediatico saturo di definizioni, luoghi comuni e banalità, qual è la vostra libera e personalissima interpretazione di psichedelia?
Non credo di saperti rispondere, continuo a cancellare tutto quello che scrivo. La verità è che nel momento in cui provo a darti una definizione, per quanto libera e personale, subito mi saltano in mente mille elementi in cui credo con altrettanta convinzione, e che smentiscono tutto quello che sto scrivendo. In generale credo che la musica psichedelica sia la “musica sviaggiona”, poi il grado di sviaggioneria, il modo in cui sviaggiona, se sia uno sviaggionare musicale o del testo, forse per me non importa granché.
In base alla vostra interpretazione, qual è l’artista italiano più psichedelico di sempre? Accettiamo qualsiasi tipo di risposta!
Pop_X.
Siete un gruppo un po’ italiano un po’ internazionale, alcuni di voi vivono a Berlino per esempio. Come viene vista la scena musicale italiana da fuori?
Direi che non viene vista. L’Italia non esporta granché della propria scena, il che mi dispiace. Poi però può capitare che qualche giornalista illuminato di Le Monde vada a spulciare tra le nostre cose e ritenga che Mainstream di Calcutta sia il disco più bello del 2015, nel mondo! La musica italiana non vale meno di quella del resto del pianeta, lo so che è una cosa difficile da mandare giù, ma dobbiamo farcene una ragione.
Curiosità. Facendo un po’ di sano stalking musicale su Instagram, mi sono imbattuta pochi giorni fa in un vostro video girato al Brooklyn Bowl di Londra in occasione del concerto soldout dei Vulfpeck. Il super gruppo statunitense è attualmente una delle band di punta del funk internazionale, genere alquanto distante dal vostro… Quindi la domanda è: che tipo di musica ascoltano i Cairobi e quanto vi lasciate ispirare dalla Londra?
Ovviamente quando si ascolta qualcosa che ci piace è normale (e sacrosanto direi) lasciarsi influenzare. Credo che fare musica sia proprio questo: si ascoltano le cose che fanno gli altri e si notano alcuni elementi che a noi sembrano fondamentali (e che magari per un altro non lo sono). La somma degli elementi che abbiamo selezionato nei nostri ascolti costituisce il punto di partenza, l’impasto da modellare, la grammatica che ci dà modo di esprimerci, e che in nessun modo rende quello che abbiamo da dire più o meno originale.