Di FiloQ abbiamo già parlato facendogli qualche domanda in occasione del lancio del video per il brano PAYPHONE, traccia che anticipava l’album Jazz Crash.
Adesso lasciamo che sia la musica a parlare, con la lista di quelli che sono i suoi dischi fondamentali.
Flying Lotus – “Los Angeles”
L’ho visto performare per due volte in due pomeriggi al Sonar di Bacellona, non avevo idea di chi fosse sto ragazzone, un vibra pazzesca, qualcosa di insolito in mezzo a tutte le proposte dei palchi disseminati per il museo. E’ stata la prima spinta verso la beat scene di Los Angeles.
dEUS – “In a bar under the sea”
Una delle band che da ragazzino meglio mi ha mostrato come si potesse portare una canzone in territori che non ritenevo pensabili. In “Theme From Turnpike” per la prima volta mi sono trovato di fronte un brano rock…se così si può dire… costruito su un sample jazz.
dèBruit – “Outside The Line”
Uno dei musicisti che più mi hanno colpito ultimamente, scoperto nell’ultimo anno, ho fatto il suo incontro al Jazz Refound e mi sono trovato di fronte ad uno dei live set in cui da tanto tempo non vedevo convivere così bene l’attenzione per la mente e quella per il corpo.
Romare – “Projections”
Altro artista scoperto piuttosto recentemente, ho amato il suo suono grezzo, il suo blues, sporco, le sue scelte originalissime degli ordini delle cose creano i livelli sonori di questo disco.
Casino Royale – “Sempre più vicini”
Album che ascolto ancora oggi con grande piacere, la cui contemporaneità è tutt’oggi pazzesca, e che all’epoca ci aveva sbattuto in faccia come anche qua in Italia fosse possibile fare ciò che stava succedendo fuori.
Branko – “Atlas”
Lo seguo da tanto nei Buraka, nelle sue produzioni soliste, nella sua attività di discografico e in questo suo ultimo lavoro fatto in giro per il mondo, ma che odora di Lisbona, un città che sento vicinissima alla mia Genova, quello che condivido con lui è il non avere paura di sporcarsi con cose diverse, di metterle insieme a sistema e farle convivere, come le nostre città di mare fanno.
Trojan – “Dub rarities Box set”
Butto lì una raccolta per raccontare un mondo, un approccio alla musica, a come la si tratta, a come la si ricicla, al suono, a quello che con i suoni possiamo fare e disfare a nostro piacimento costruendo sempre qualcosa di diverso e coerente. Il remix parte da qui, da questa cultura che non buttava via nulla.
Dengue Dengue Dengue – “Siete Raices”
Prendo questo disco, ultimo loro uscito, ma non so bene dire il perché, quello che so è che da parecchio tempo tra i miei ascolti girano in loop loro pezzi, remix, mixtapes… soprattutto mi accompagnano nei viaggi in automobile.
Beck – “Mellow gold”
Per un ragazzino che ascoltava tutto l’indie lo-fi americano di quegli anni questo disco rappresenta la dimostrazione che si poteva fare altro fondendo tra loro linguaggi più disparati, che si poteva usare l’elettronica, il campionature, la chitarra acustica e l’armonica a bocca. Insomma ammorbidirsi e aprirsi a tutto.
Dj Shadow – “Endtroducing”
Il disco che penso più di tutti mi ha buttato dentro a quello che faccio oggi senza che nemmeno me ne rendessi conto, un opera in cui c’è tutto, piani di lettura a non finire, trame che si incrociano, particolari nascosti e soprattutto la manipolazione del suono altro, del suo significato originale per arrivare al suo nuovo significato.