Tra qualche giorno uscirà il secondo album dei Mother Island, Wet Moon.
Dal teaser abbiamo già capito che sarà un’altra bombetta, che conferma, dopo l’esordio Cosmic Pyre, il loro stilosissimo psych-rock alla maniera degli Allah-Las.
Ed è proprio in onore della loro cifra lisergica che abbiamo chiesto alla band vicentina quali sono i migliori brani psych di sempre.
1. Beach Boys – God Only Knows
Brian Wilson rimase folgorato dall’uscita di Rubber Soul, che fece da molla per la stesura di Pet Sounds; i Beatles, a loro volta, ammetteranno che senza Pet Sounds non sarebbe esistito Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band.
“God Only Knows” è semplicemente una delle più belle canzoni di uno dei dischi più importanti della storia della musica pop. Particolarmente interessanti sono le armonizzazioni che risultarono totalmente fuori dagli schemi del tempo, un perfetto riflesso dello stato mentale di Wilson all’epoca, in totale distacco dalla realtà.
2. Pink Floyd – Set The Controls For The Heart Of The Sun
Siamo molto più vicini all’immaginario barrettiano, ma adoriamo comunque ciò che è stato prodotto dai Pink Floyd fino agli anni ’70: questo è l’unico pezzo (assieme a “Corporal Clegg”) in cui Waters, Barrett, Gilmour, Wright e Mason suonarono tutti assieme. Tra le nostre preferite di sempre, ascoltarla è ogni volta un’esperienza estatica.
3. Paul Kantner, Grace Slick, David Freiberg – White Boy (Transcaucasian Airmachine Blues)
Un vero e proprio testamento di ciò che fu Haight-Ashbury a cavallo tra gli anni ’60 e gli anni ’70. Le voci di Grace Slick e Paul Kantner si rincorrono in modo quasi spettrale in questa ballata psichedelica dalle atmosfere scure, mentre interrogano l’uomo bianco sulla sua storia fatta di terrore.
4. The Velvet Underground & Nico – All Tomorrow’s Parties
“All Tomorrow’s Parties” è un decadente inno alla Factory di Andy Warhol e a chi vi gravitava attorno; secondo noi uno dei pezzi più trascinanti di tutto il disco: un tamburo e un cembalo da marcia funebre, una chitarra sgangherata in costante lamento, un piano martellante (originariamente usato come esercizio da John Cale) e poi le liriche e la voce di Nico… tutto è nero, niente ha senso e nulla è mai stato meglio di così.
5. Electric Toilet – Within Your State Of Mind
Un nostro amico ci fece conoscere questa band, di cui non si sa quasi niente, nel periodo in cui stavamo mettendo insieme i Mother Island. Da allora “Within Your State Of Mind” è una di quelle canzoni che non mancano mai quando siamo in strada diretti verso qualche concerto.
6. The Beatles – Tomorrow Never Knows
Sarà banale ma non sarebbe stato onesto ometterla: “Tomorrow Never Knows” è la canzone che ti viene in mente quando pensi alla psichedelia. Dal punto di vista delle tecnologie usate in studio non ha precedenti: nella storia della musica pop non era mai stato fatto niente di simile, si tratta di pura avanguardia, che segna un momento di scissione tra la produzione musicale del tempo e quella a venire.
7. Electric Prunes – I Had Too Much To Dream (Last Night)
Furono tra i primi sperimentatori degli anni ’60, e per noi sono stati una importante fonte di ispirazione. Adoriamo follemente questo pezzo, che non esitiamo a richiedere a chi mette dischi dopo i nostri concerti: quel feedback fuzzoso all’inizio, il giro di basso, le chitarre sfatte di tremolo…
8. Dino Valente – Time
Questa è una di quelle perle nascoste che gli anni ’60 ci han lasciato in eredità. Fa parte di un disco poco conosciuto, scritto da Valente poco dopo essere uscito dal carcere e poco prima di riunirsi ai Quicksilver Messenger Service. Psych-folk distantissimo, onirico, disorientante.
9. Nico – Janitors Of Lunacy
È quasi impensabile che una canzone del genere appartenga al 1970. Restammo di sasso la prima volta che la ascoltammo, una delle canzoni più cattive e oscure di sempre. La decisione di inserire l’harmonium indiano in alcune nostre canzoni deriva anche da capolavori come “Desertshore”.
10. The United States Of America – Hard Coming Love
Psichedelia allo stato puro. A questa canzone siamo molto legati perché ci riporta direttamente all’Outside Inside Studio di Matt Bordin, la prima volta che siamo andati a registrare un disco come Mother Island. Ci piace tornare con la mente a quei giorni di totale estraniamento dal quotidiano, giorni in cui può capitare di stare svegli in studio fino a notte fonda, a fumare erba e ascoltare canzoni come questa per la prima volta.