Probabilmente vi ricordate ancora del nostro super speciale dedicato al cosiddetto French Touch e a quella fortunata ed eccitante era musicale, e se non l’avete letto magari è il caso che lo recuperiate. Visto il successo che ha riscontrato, abbiamo deciso di fare un esperimento: abbiamo raggiunto due tra i produttori francesi più interessanti tra quelli che animano la scena dance underground d’oltralpe per sapere qualcosa a proposito dei loro ricordi di quell’epoca d’oro, ma anche per avere qualche informazione su quello che di interessante si muove da quelle parti nel 2016. I produttori e djs in questione sono Cabanne, uno dei primi residents del club Concrete e fondatore della label Minibar nonché in uscita proprio questo mese con il suo primo solo album “Discopathy”, e Lazare Hoche aka Charlie Naffah, titolare dell’etichetta LHR e membro assieme a Maline Génie e Samuel Madsen del progetto Mandar, il cui ambizioso primo album è uscito da pochissimo.
Ecco quello che i due ci hanno raccontato:
Cabanne
Ci puoi raccontare che ricordi hai della classica era del french touch, gli artisti che più ti piacevano ed il modo in cui l’hai vissuta personalmente?
Prima dell’inizio dell’epoca del french touch c’erano già Ark e Bradock che producevano sotto il nome di Trankilou, prima di dedicarsi alle proprie carriere soliste… Roba fantastica! Motorbass e I:Cube a quei tempi erano anche molto buoni. In quel periodo io suonavo ancora con delle bands di funk per cui trovavo qui grooves perfetti.
Ci puoi raccontare qualcosa dei tuoi inizi, sia come clubber innanzitutto che poi come dj e produttore?
Ho iniziato con l’andare ai raves nei primi anni 90, in Francia. All’inizio il tutto mi sembrava strano ma presto la house di Chicago ha iniziato a scorrermi nelle vene. A queI tempo producevo già i miei primi beats e naturalmente da lì ho iniziato a mischiare queste influenze nelle mie produzioni. L’attività di dj è cominciata più tardi visto che inizialmente mi esibivo in performance live, solo in seguito ho combinato al tutto anche dei dischi, per avere più libertà e fare ballare la gente.
Cosa ci racconti invece della club scene francese nel 2016? Ci sono clubs ed artisti che ti piacciono particolarmente?
La scena parigina è piuttosto interessante, clubs e clubbers un po’ dappertutto. Da cinque anni a questa parte il Concrete sparge buone vibrazioni e grazie a questo abbiamo un bel terreno dinamico sul quale operare. Negli ultimi tempi sono spesso alla consolle con Lowris e Ben Vedren ed è molto divertente, a questo si aggiunge il fatto che entrambi realizzino le loro tracce per Minibar (label fondata dallo stesso Cabanne ndr.).
Lazare Hoche (Mandar)
Ci puoi raccontare che ricordi hai della classica era del french touch, gli artisti che più ti piacevano ed il modo in cui l’hai vissuta personalmente?
Ok. Tra gli otto ed i quattordici anni ero appassionato di hip hop e new wave. Come tutti i ragazzini durante quel periodo stavo attaccato al televisore per guardare MTV con la speranza che vedere ed ascoltare le canzoni preferite di quel periodo. Alcuni video davvero forti giravano in quel periodo. Burnin, Sure thing, gli Air, i Cassius, questi erano alcuni dei prodotti made in France dell’epoca. Tutti mega classici dance francesi che erano diventati anche dei video clips. È attraverso questi che ho iniziato ad identificarmi con la musica dance francese, come tanti altri ragazzi della mia generazione, ascoltando la radio o guardando MTV.
Ovviamente era troppo giovane per andare nei clubs ai tempi. Ho iniziato a frequentarli intorno ai primi anni 2000 quando la minimal e la Ed Banger si ascoltavano ovunque, nella morente vita notturna parigina. È a questo punto, intorno ai diciotto anni, che ho scoperto la lunga storia della house francese ed ho cominciato a diventarne ossessionato. A partire dalla prima ondata, tra il 1991 ed il 94 con Garnier, St Germain, DJ Deep, Shazz e poi con la seconda ondata tra il 96 ed il 99 con Daft Punk, I:Cube, Motorbass, Sunshine People, DJ Gregory e labels come Roulè, Versatile.
Ci puoi raccontare qualcosa dei tuoi inizi, sia come clubber innanzitutto che poi come dj e produttore?
Nelle vesti di clubber, ho cominciato a frequentare locali interessanti quando ho iniziato l università, intorno al 2008. Più o meno nello stesso periodo ho cominciato ad acquistare dischi ed equipaggiamento, ho visto Move D live al Rex, è stato uno schock. Sono impazzito per i dischi, per la produzione in studio -e lo sono ancora- le persone che mi stavano intorno hanno iniziato a chiamarmi “NERD”, ma non si riferivano a Chad Hugo e Pharrell. Era invece un modo per dirmi “Bello, sta cosa della musica ti sta veramente dando troppo alla testa”.
Cosa ci racconti invece della club scene francese nel 2016? Ci sono clubs ed artisti che ti piacciono particolarmente?
Sta ancora andando alla grande, continua ad evolversi in maniera pazzesca. Quello francese è un pubblico tra i migliori in circolazione. Abbiamo numerosi grossi parties, locali e festivals. Non era decisamente cosi quando ho iniziato io, nel 2009. Un mucchio di labels e produttori francese pompano ininterrottamente buona musica. Potrei fare i nomi di Antigone, Cabanne, Point G, Jeremy Underground. Tra gli altri a girare il mondo rappresentando la bandiera francese ci sono gli Apollonia, per i quali nutro il massimo rispetto.