Uscito un po` in sordina lo scorso 30 Settembre e soffocato sotto la mole di super novità discografiche che quel fatidico venerdì ci ha regalato, andiamo a recuperare “Human Energy”, il ritorno di Travis Stewart, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Machinedrum. Con la realizzazione del precedente album, il bellissimo “Vapor City”, il produttore statunitense si era reso responsabile di una ingegnosa riattualizazione -ed allo stesso tempo celebrazione- del genere drum and bass. Per questo nuovo lavoro l’ispirazione viene da una ritrovata serenità nella vita privata di Stewart ed allo stesso tempo da una reazione ai tempi complicati che stiamo vivendo. Inoltre, l’intento “commerciale” -detto molto brutalmente- e la ricerca di un nuovo e più vasto pubblico attraverso una maggiore accessibilità sono chiari fin da subito. D’altra parte, “Every generation throws a hero up the pop charts”, come cantava Paul Simon nela sua “The Boy In The Bubble”, per cui sembra del tutto logico, vista la popolarità che la figura del dj/produttore ha oggigiorno, che un protagonista del sempre più popolare genere “elettronico” -sia ben inteso, definizione qui usata per semplificare la comunicazione- cerchi la sua via verso il mainstream. La carica di positività new age che Stewart ha voluto incanalare nella sua musica viene espressa tramite elementi presi a prestito dal pop più contemporaneo, tra ritmiche trap, dancehall ed estetica ipermoderna con strizzate d’occhio alla edm. Nonostante le critiche raccolte da questo disco alla sua uscita, chi scrive deve ammettere di trovare l’esperimento riuscito perché realizzato con stile e cura dei dettagli, musicalità, misura e buone intenzioni. Uno nutrito stuolo di collaboratori -i vocalists D∆WN, MeLo-X, Rochelle Jordan, Jesse Boykins III e ancora Ruckazoid, Roses Gabore, SK Simeo, Tosin Abasi e Kevin Hussein, resosi noto per il suo lavoro con Rihanna, hanno contribuito non poco a rendere ancora più piacevole il risultato.