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Gold Panda è un artista che non necessità più di presentazioni: il suo talento è cosa nota. Quest’anno il producer britannico ha pubblicato il suo terzo album, Good Luck And Do Your Best, che sembra averne rivelato l’anima più “solare” e positiva, accantonando momentaneamente il feeling più scuro che permeava le opere precedenti. Un LP meno sorprendente rispetto al passato, ma che non denota per nulla una crisi artistica: Gold Panda è vivo.
In occasione del suo ritorno in Italia per tre date (5 novembre al Barezzi Festival di Parma, 11 al Dude di Milano e 12 al Monk di Roma per Manifesto) lo abbiamo contattato per parlare del suo ultimo disco, dei video degli ultimi singoli e del suo rapporto con il Giappone, terra di cui è innamorato e nella quale ha vissuto in diversi periodi della sua vita.
Il tuo ultimo video, In My Car, mostra il tuo splendido rapporto con tua nonna. Come ti è venuta quest’idea e qual è il legame che scorre tra la tua musica e la tua famiglia?
Ho sempre scritto musica a casa e questo significa crearla con la famiglia intorno. In origine volevo fare un video dal gusto rap con la mia crew, ma poi ho preso coscienza del fatto che stavo semplicemente vivendo con mia nonna e facendo cose semplici come comprare verdura per cena e guardare la tv. Volevo catturare la bellezza del quotidiano e della mia zona. Non è glamour, è solo un piccolo segmento di vita normale in Gran Bretagna. Sono fortunato a avere la mia famiglia vicino, andiamo d’accordo (per quanto possibile) e quindi trascorrere del tempo con loro è un piacere.
Il video di Time Eater invece sembrava soffermarsi sull’idea del “fuori”, del movimento, del viaggio come forza perpetua. I viaggi influenzano la tua arte?
In realtà penso che riguardasse più il concetto di lavoro. Lo scorrere del tempo mentre si prova a sostenere se stessi o gli altri. Anche solamente per esistere. Il modo in cui le persone devono vivere una giornata lavorativa di cui magari non sono felici pur di sostenere altri elementi della vita. In verità, a parte il Giappone, ho viaggiato davvero solo per i concerti, non sono poi un viaggiatore assiduo e non sono sicuro che potrei esserlo se non fosse per la musica. Viaggiare per piacere è davvero caro!
Il tuo ultimo album, Good Luck And Do Your Best, contiene input musicali variegati. Cosa ascoltavi mentre lo stavi componendo?
Principalmente hip hop degli anni Novanta. The Beatnuts, De La Soul, Cru. 12″ hip hop a caso da quel periodo. E anche buona house music di produzione artigianale.
Hai vissuto in Giappone ed è una terra che da sempre ti influenza. Quali sono le tue parole preferite in giapponese?
自動販売機
distributore automatico
ナス
melanzana
肉じゃが
niku jyaga. È un piatto di manzo e patata ma alla pronuncia suona come “Mick Jagger”.
Quali sono le tue canzoni preferite del disco?
Cambiano sempre, al momento Pink & Green e Halyards.
Rispetto al tuo passato, questo album ha un’atmosfera più calda. In che modo la melodia ha vinto sull’oscurità?
No, l’oscurità vincerà sempre.
Ma stavolta volevo fare un album pop positivo, felice, motivazionale.
Come sei entrato in contatto con City Slang e perché hai deciso di pubblicare questo disco con loro?
Li ho conosciuti tramite gli Health e Caribou. Ho fatto tour con entrambi e entrambi fanno parte del loro roster. Vado d’accordo con tutto lo staff e mi sembra la giusta casa per Gold Panda al momento.
Domande in collaborazione con Francesco Abazia
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