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Tutti conoscono Lou Rhodes come incantevole voce dei Lamb, meravigliosa creatura musicale di Manchester che tra Novanta e Duemila si impose con un bel connubio di trip hop, jazz e elettronica. Se il duo – di cui il producer Andy Barlow è l’altra metà – è tornato all’opera con due dischi nell’ultimo lustro, la cantante inglese ha dato vita anche a una pregevole carriera solista che affonda le mani nel folk, di cui theysandeye rappresenta l’uscita più recente. In vista dell’unica data italiana al Quirinetta di Roma del 22 novembre, abbiamo contattato Lou per fare il punto della situazione, chiederle dei suoi mille progetti e farci dare consigli sulla sua città natale.
Hai registrato il tuo ultimo disco nella campagna del Wiltshire. In che modo quell’atmosfera ha influenzato la composizione?
Penso che l’atmosfera rurale abbia avuto effetti, così come d’altronde fa in molte cose nella mia vita. Immagino che l’album abbia un’aria molto naturale e rustica, ma penso che l’impatto principale dello studio sia stato il risultato della stupefacente strumentazione analogica vintage che abbiamo potuto usare lì, e che ha dato al disco quest’atmosfera senza tempo.
Hai co-prodotto theyesandeye con Simon Byrt. In quali modi ha aiutato la tua musica?
Simon e io abbiamo avuto un fantastico rapporto di lavoro nella realizzazione di questo disco. Lui ha un’ossessione per le reverb unit vintage e ne ha una discreta collezione. Questo è venuto fuori nella nostra prima conversazione quando ci siamo incontrati per la prima volta e abbiamo formato la base per l’idea di come volevamo registrare l’album. In più Simon ha un orecchio musicale davvero unico e suona una vasta gamma di strumenti, e questo ci ha permesso di condurre le canzoni in direzioni che non avevo immaginato prima. È stata un’avventura a finale aperto che mi è piaciuta davvero tanto.
La gran parte dei brani sono canzoni d’amore. Perché?
Forse sono un po’ dipendente dall’amore. D’altra parte, che altro c’è? No, davvero, ci sono altri argomenti nel disco: Sea Organ è un invito a svegliarsi e a prendersi cura del pianeta, Them riguarda l’umanissimo impulso di criticare gli altri, invece di assumersi le proprie responsabilità, sia nella vita di tutti i giorni sia nella politica. L’idea di canzone d’amore può essere molto aperta: All I Need è una canzone d’amore per la vita. Più di ogni altra cosa desidero esprimere tutto dal cuore. È questo il modo in cui reagisco alla musica che amo e perciò questo è il modo in cui vorrei che la mia musica raggiungesse le persone.
Nel disco c’è anche una cover di Angels degli XX. Perché l’hai scelta?
Penso sia stata lei a scegliere me. C’era qualcosa nel pezzo che diceva di un’altra versione in attesa di essere realizzata.
In alcune canzoni parli della natura: “true adoration of sweet mother nature”, per esempio. Ti definiresti un’ecologista o è più una sorta di approccio spirituale al tema?
Non proprio un’ecologista ma mi batto per condurre una vita più naturale possibile, per me l’unico modo per farlo. Spesso noto, però, che le persone mi trovino strana per questo approccio. Spesso la gente è così abituata a vivere in un mondo in cui tutto è altamente meccanizzato, sterilizzato e confezionato, da pensare che sia io strana se non voglio fast-food, additivi e aromi artificiali o qualcosa di cotto in un microonde; o se bramo l’aria fresca invece di quella confezionata o i campi piuttosto che le strade.
Com’è vivere in una comune?
Vivevo in una “comunità”, che è un po’ diverso dal cliché della “comune”. Condividevamo la cucina e altre mansioni e decidevamo in incontri settimanali come fare le cose. Era un gran bel posto, spesso impegnativo ma mi ha aiutata a crescere in modi che non avrei mai immaginato. Al momento invece vivo in un appartamento che è parte di un comprensorio di proprietà comunale, ma qui ho molta meno interazione con i vicini. Ogni tanto sogno di vivere in un posto molto remoto da dove guardare solamente l’oceano.
Sei figlia di una cantante folk. Come ti sei rapportata a quest’eredità? Ti senti parte della tradizione folk inglese?
Sono cresciuta circondata da musica acustica e ho cominciato a cantare prima ancora che sapessi parlare. Sebbene mia madre fosse una folk singer inglese, la gran parte delle sue influenze era americana o canadese (come Joni Mitchell, Leonard Cohen, Crosby Stills & Nash) e quindi il mio gusto musicale era abbastanza transatlantico. Ciò detto sicuramente sento che la scena folk inglese faccia parte della mia eredità. Sin da tenera età andavo a festival e club folk con i miei genitori e la mia primissima esibizione – avevo 11 o 12 anni – fu ad uno di questi eventi.
Hai anche pubblicato due libri illustrati. Ti sei divertita a realizzarli? Ce ne sarà un terzo?
I libri illustrati, quantomeno il primo, sono capitati per caso se vuoi. Avevo scritto una poesia su una creatura chiamata “The Phlunk” quando i miei figli erano piccoli e l’avevo dimenticata finché non l’ho ritrovata tra i fogli in un cassetto. Quindi ho deciso di farne un libro e ho trovato un illustratore meraviglioso che ha portato in vita “The Phlunk”. Lavorarci è stato davvero divertente. Non so se ce ne sarà un terzo. Dipende da dove giungerà il mio personaggio.
Mi piacerebbe scrivere qualcosa per adulti un giorno. Un romanzo o alcuni racconti…
Backspace Unwind, ultimo disco dei Lamb, risale ormai a due anni fa. Cosa dobbiamo aspettarci da te e Andy?
Beh… l’anno prossimo i Lamb compiono 21 anni perciò stiamo programmando qualcosa di speciale a riguardo per il corso dell’anno. Non posso davvero dirvi di più ora ma sarà impegnata in tour per theyesandeye comunque tra primavera e estate. Ho una serie di date in calendario nel nord Italia per l’inizio di gennaio e altre ancora in arrivo.
A marzo andrò per la prima volta a Manchester, la tua città natale. Dritte da darmi?
Devi andare al Northern Quarter che è la parte “cool & funky” della città e tenerti lontano dalla high street e da Piccadilly che è piuttosto triste. Per gli italiani immagino sia un po’ complicato per il cibo ma è pieno di bella musica e di cultura giovanile.
Devo dire che Manchester è una sorta di “gusto acquisito” per tanti. Il mio compagno è italiano e non l’ho ancora portato lì. Forse ho paura che non gli piaccia.
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