A distanza ben 8 anni dall’ultimo, splendido Just In Case We’ll Never Meet Again, torna oggi una delle band-culto di cui l’Italia può andare più orgogliosa: i romani Klimt 1918. Nati dalle ceneri di un gruppo death/doom metal a fine anni Novanta, in circa 18 anni il gruppo dei fratelli Soellner ha scritto pochi dischi ma uno più bello e intenso dell’altro, ripescando lo shoegaze decisamente in tempi sospetti, unendolo a una matrice new e dark wave e a un’epica post-rock. Non un caso che il gruppo goda di un seguito accanitissimo all’estero – Messico, ad esempio – mentre in Italia invece rimanga ancora una gemma sconosciuta al grande pubblico, principalmente perché promozionalmente legata all’ambiente metal e dark.
Oggi i Klimt 1918 pubblicano un monumentale doppio album, intitolato Sentimentale Jugend, che rappresenta il meraviglioso risultato artistico di una lunga e travagliata attesa. Ancora una volta la qualità è eccelsa e l’ascolto si rivela un’esperienza preziosa (non lasciatevi spaventare dalla durata). L’album sarà presentato live l’8 dicembre al Quirinetta di Roma. Abbiamo chiesto a Marco Soellner – voce e chitarra – di raccontarci i due dischi traccia dopo traccia.
Montecristo
Io sono un grande estimatore di Dumas. Va detto. Montecristo è a mio parere il più bel romanzo sulla vendetta che sia mai stato scritto. Ho sempre desiderato scrivere una canzone e dedicarla ad Edmond Dantes perché le persone che non perdono di vista i loro obiettivi nonostante le avversità della vita sono quelle che prediligo. Montecristo è un inno a chi ce la fa nonostante tutto. Ai coraggiosi. Ai puri d’animo che vendono cara la pelle.
Comandante
Pochi conoscono la storia di Jorge Ricardo Masetti, un giornalista argentino di Prensa Latina che venne inviato a Cuba ad intervistare Ernesto Guevara e Fidel Castro nel 1958 in piena rivoluzione. Durante la sua permanenza sulla Sierra Maestra insieme ai Barbudos, Masetti ha subito il fascino e l’entusiasmo di quei due giovani e carismatici guerriglieri. Toccato nel profondo da quell’esperienza decise di lasciare il suo lavoro e dedicarsi alla lotta armata.
Era convinto di poter spianare la strada a Che Guevara, quando avrebbe deciso di esportare la rivoluzione in Argentina. Cambiò nome in Comandante Segundo e cominciò a reclutare guerriglieri che lo seguissero nell’impresa. Ma la sua causa non trovò il favore del popolo. Finì a combattere con una manciata di fedelissimi contro le forze del regime militare. Scomparve nella giungla vicino La Toma, senza lasciare traccia.
Questa storia misconosciuta mi ha rincorso a lungo negli ultimi anni. Gridava di essere raccontata. Serviva una canzone dedicata al Comandante Segundo, simbolo di un romanticismo senza confini. L’uomo che è stato “padrone del suo destino” e “capitano della sua anima”, come direbbe William Ernst Henley.
La notte
Il nostro primo pezzo cantato interamente in italiano. Il testo è autobiografico e molto personale. Una riflessione intima sugli anni che passano, su questa Italia che sembra attraversare la notte più lunga della sua storia.
It was to be
È la canzone più epica, malinconica, rarefatta che abbia mai scritto. Molto lunga, diversificata, sostanzialmente divisa in due movimenti, inzia in modo molto sacrale e poi letteralmente esplode. L’arrangiamento le dona la maestosità di una colonna sonora cinematografica: esplosioni, tonnellate di riverberi e fuzz che si sommano, tracollano l’uno sull’altro.
Belvedere
Si chiamava Belvedere lo stabilimento balneare in cui ero solito andare quando ero molto giovane. Ogni tanto ci torno a passeggiare, fuori stagione, quando l’arenile è deserto e il mare ha il colore del piombo. Quando sono lì penso sempre al significato ingombrante che ha la nostalgia nella mia vita. Un turbine emozionale che funziona per contrappasso: ricordare i colori del passato per dare una cornice alle contraddizioni del presente.
Once we were
Una delle nostre più recenti infatuazioni musicali è il pop americano degli anni 50 e 60: The Drifters, The Ronettes, Platters e tutte quelle band influenzate dal drum beat “kick kick kick snare” di Hal Blaine e dai wall of sound di Phil Spector.
Volevamo un suono sospeso nel tempo, a metà strada tra shoegazing e noise pop. Il risultato è questa canzone dall’incedere quasi marziale, con grandi aperture melodiche ed un ritornello molto incisivo.
Take my breath away
Ammettiamolo, questa è una delle canzoni con cui siamo cresciuti. Era il 1986, nei cinema impazzava quel maledetto film di cui non dirò il nome. Le radio trasmettevano Take my breath away in continuazione. E noi ragazzini di appena dieci anni la odiavamo a morte perché detestavamo tutto quello che aveva a che fare con il romanticismo, l’amore, i baci e le femmine. Qualche anno fa, riascoltandola su YouTube, mi sono reso conto che si trattava invece di una canzone meravigliosa, con un refrain pazzesco. Pochi sanno che l’ha scritta Giorgio Moroder, un gigante dell’Italian Disco. Coverizzarla è stato divertentissimo. Abbiamo aggiunto fuzz e riverberi come se piovesse. Ora sembra un pezzo dei Jesus & Mary Chain.
Sentimentale
Un brano breve e solare, una scheggia impazzita all’interno di un album, Sentimentale, che invece è contraddistinto da brani molto lunghi e atmosfere assai scure. Volevamo invertire la tendenza per il tempo di una sola canzone. Uno spiraglio di sole in una giornata nuvolosa.
Gaza Youth (Exist/Resist)
Ho scritto il testo di questa canzone durante il bombardamento operato dall’aviazione militare israeliana ai danni della popolazione civile della Striscia di Gaza nel luglio del 2014. Ovvero quella che io considero la più grande sospensione dei diritti civili di una nazione operata dalla fine della seconda guerra mondiale ad oggi. Il brano lo dedico ai ragazzi di “Gaza Youth breaks out”, un’associazione umanitaria palestinese che si adopera a sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale sulla condizione disperata degli abitanti della Striscia di Gaza.
Nostalghia
Qualche anno fa ho collaborato con Alessandro Scibilia, uno dei disegnatori della Sergio Bonelli Editore, per la realizzazione di un commento sonoro ad una storia inedita di Dampyr, la popolare serie di fumetti horror creata da Mauro Boselli. Per una serie di sfortunati contrattempi il progetto non è andato a buon fine. Ma la canzone è rimasta. Consideratelo come un tributo ad Harlan Draka e ai suoi due compagni di avventure: Emil Kurjak e Tesla Dubcek. Tre amici, una missione impossibile da compiere, un viaggio incessante, le notti trascorse davanti un fuoco, lontani da casa, con la nostalgia che esplode nel petto all’improvviso.
Fracture
Una canzone che ha subito un percorso di scrittura molto travagliato. Stavo per perdere la speranza perché non riuscivo a dargli una struttura che mi soddisfacesse. Poi però, lavorandoci molto in sala si è trasformata in una delle song più convincenti di Jugend. Gli abbiamo dato una seconda possibilità e lei non ha tradito le nostre speranze.
Ciudad Lineal
A Ciudad Lineal abitava una ragazza speciale. Viveva in una stanza minuscola sotto un cielo terso di un profondo colore cobalto. A Ciudad Lineal si passeggiava lungo i boulevard spaziosi, fino a Ventas ed oltre. Di quella vita non è rimasto nulla se non questa canzone. Memorie messe in musica di un amore che non c’è più.
Sant’Angelo
Tanti anni fa registrammo una canzone intitolata “Passive”, contenuta nel nostro primo e unico demo “Secession makes post-modern music”. Era lenta e derivativa.
Una volta, per scherzo abbiamo cominciato a suonarla triplicando la sua velocità. Correndo la sua fisionomia ha cominciato a mutare. Era diventata vettoriale ed aerodinamica. Affilata come un rasoio e sonica come razzo. Con gusto quasi architettonico abbiamo aggiunto melodie lunghe e riverberate, vie di fuga come ad accentuare quella sua fisionomia da bolide ritrovato. Ne è uscita fuori una canzone nuova, una farfalla emersa dal bozzolo.
Unemployed & Dreamrunner
Il titolo è gia abbastanza esplicativo. È una dichiarazione di intenti, una rivendicazione sociale, una constatazione sentimentale. Essere disoccupati e perseguire un sogno irrealizzabile. Sentimentale Jugend è un album di vento, di nebbia, di sogni e, ovviamente di disoccupazione.
The Hunger Strike
Avevo visto quel bellissimo film di Steve McQueen, incentrato sulla figura di Bobby Sands, intitolato The Hunger, l’affamato, ed ho pensato che The Hunger Strike, lo sciopero della fame, fosse un titolo molto evocativo per una canzone. Si tratta di uno degli ultimi pezzi che ho scritto per Sentimentale Jugend. Abbozzata in sala, durante le prove. Il primo riff si è portato dietro il resto della canzone. Ha avuto fretta di nascere. L’avevamo appena partorita e già si reggeva sulle sue gambe.
Resig/Nation
L’esperimento era immaginare una canzone del disco con la sezione di fiati di Touch Me dei Doors. Siccome adoro quella canzone ed il suo incipit fulminante, ho sempre desiderato scrivere qualcosa di simile. Un brano dilatato e riverberato con le trombe. Shoegaze swing, un po’ musical, un po’ Bacharach.
Caelum Stellatum/Juvenile
Le tratto insieme perché sono due canzoni legate tra di loro. La prima, Caelum Stellatum ha un incedere molto post rock. Un brano strumentale maestoso, con tanto di sampler vintage, muri di chitarre e cori. La seconda, Juvenile, esplode come un proiettile post punk: batteria in 4/4 serratissima, basso distorto, rumori, rumori e ancora rumori, finale esplosivo con tremolo-barr e feedback. L’adoro. Anzi, le adoro.
Stupenda e misera città
Francesco mi aveva fatto sentire questo suo pezzo strumentale, super dilatato. Una sorta di cattedrale sonica divisa in movimenti, pause e crescendo. Ho pensato che sarebbe stato bello utilizzarla come sottofondo ad uno spoken-word, proprio come se fosse una colonna sonora.
La scelta del testo è ricaduta su “Il Pianto dell’Escavatrice” di Pier Paolo Pasolini.
Non sono un estimatore del poeta friulano, ma questo testo mi ha sempre affascinato molto. Una descrizione di Roma che non si dimentica, tutta cristallizzata in quel fatidico verso: “Stupenda e misera città”. Davvero difficile non rimanere estasiati, turbati, commossi da quelle parole.
Lycans
Ho scritto questa canzone per Simone Salvatori degli Spiritual Front. Da tempo si pensava di collaborare insieme. L’occasione è arrivata quasi per caso. Avevo questo pezzo molto energico. Una sorta di crocevia tra sonorità garage-gaze e noise pop con un crescendo finale terremotante. Ho subito pensato che sarebbe stato perfetto per lo stile vocale di Simone. Abbiamo provato a registrare con lui alcune tracce e ci siamo subito resi conto che era una bomba.