Avete presente il pezzo prima del ritornello in Bigmouth Strikes Again degli Smiths? Morrissey latra meravigliosamente questi versi: “And now I know how Joan of Arc felt/As the flames rose to her roman nose and her Walkman started to melt”.
Se devo dare un voce e volto a quella Giovanna D’Arco sofferente, con gli occhi al cielo, con le cuffiette in testa e il Walkman nella tasca dei jeans stretti, so benissimo a chi pensare. La mente va a Katie Sketch delle Organ, gruppo canadese che 10 anni fa, precisamente il 7 Dicembre 2006, annunciò il suo improvviso scioglimento senza quasi preoccuparsi troppo di chiarire le motivazioni.
Gruppo tutto al femminile, The Organ nascono a Vancouver più di 15 anni fa e tra il 2001 e il 2006 pubblicano un album, Grab That Gun e un EP, Thieves. La loro formula musicale è una new-wave (siamo appunto negli anni d’oro del revival) mista a post-punk con una fortissima componente autoriale. Grab That Gun e Thieves, dicevamo, e nulla di più. Ma che nessuno si azzardi a dire “cavolo, che peccato”. Le Organ si sono lasciate alle spalle una discografia perfetta, qualcosa che avrebbe avuto poco senso se fosse stato proseguito per più di una manciata di anni. Sin dai primi singoli era chiarissima ed intenzionale la mancanza di un’evoluzione, di uno stile proprio, di un percorso.
Prendiamo Brother, forse il loro pezzo più famoso. E qui si scatena il gioco di riferimenti: il basso alla Cure, quella chitarra satura di chorus e intrecciata alla Johnny Marr, l’incedere marziale della batteria alla Joy Division. E poi c’è lui, l’organo, elemento innalzato a stendardo della band (una band tutta al femminile che si chiama “l’organo”, facciamo notare) e musicalmente presenza eterea e grave, voce costante, coro caldo.
La forza delle Organ, oltre a pubblicare canzoni che sono diventate con 20 anni di ritardo veri e propri standard della new-wave (e quasi sorge il sospetto che le pulzelle canadesi siano state capaci di viaggiare negli anni ’80 come nell’episodio San Junipero di Black Mirror), è stata quella di rafforzare un immaginario tardo-adolescenziale con liriche grondanti miserabilism da tutti i pori. Provate pure a leggere i testi dei loro pezzi e ditemi se non ci troviamo di fronte a un talento fulgido nel pennellare quelle esitazioni, quei cuori spezzati (e che vanno immancabilmente a picco), quella drammatica normalità dei sabati sera passati seduti sul bordo del letto, insieme alla pesantezza d’animo e alla città che schiaccia e lascia senza fiato. Il tutto filtrato con una voce – e che voce! – di Katie Sketch, a metà strada tra Debbie Harris e Ian Curtis e dotata dell’eleganza emotiva di Morrissey.
A proposito di Morrissey e le Organ, due cosine. Sempre a Dicembre, però 20 anni prima rispetto alla rottura delle Organ, gli Smiths fecero il loro ultimo concerto alla Brixton Academy. Si separarono un anno più tardi causando un lutto generazionale mai sopito. Le motivazioni, almeno per loro, furono piuttosto chiare. Chi invece rimane vaghissimo sono proprio le Organ. Il giorno successivo alla rottura la parola passa a Jenny, proprio colei che sta dietro allo strumento che dà il nome al gruppo: “ci sono così tante ragioni che non saprei nemmeno da dove partire”. Una frase bellissima che sembra quella di una storia d’amore di due cuori che si scontrano e vanno a picco.