Il 2016 musicale ci è piaciuto particolarmente, quindi, oltre ai best of già pubblicati, abbiamo realizzato un piccolo riepilogo sonoro, mese per mese, scegliendo dei dischi che non hanno fatto parlare di sé a lungo, ma che meritano una menzione per la loro importanza artistica e l’apporto dato nei confronti della scena musicale d’appartenenza.
GENNAIO – Allan Kingdom, “Northern Lights”
Bisogna essere grati al Minnesota essenzialmente per tre cose: il film Fargo, l’ex centro dei Timberwolves Kevin Love e questo ragazzo che è emerso dall’accozzaglia di artisti che pullulano su SoundCloud grazie alla banger di Kanye West, All Day. Con Northern Lights, Allan ha dimostrato di non essere una meteora, bensì l’aurora boreale che illumina lo scenario del video della title track.
FEBBRAIO – Jack Garratt, “Phase”
Chi invece è passato troppo rapidamente sulle frequenze del nostro Paese (ricordate Worry?) è un barbutissimo hipster inglese, una delle voci migliori della nuova scuola R&B influenzata da James Blake –vedere la profonda influenza riscontrabile nelle strumentali di “Overgrown”. Nonostante “Phase” non abbia particolarmente stupito, conferma che il ragazzo non ha dimenticato come fare musica.
MARZO – Lil Yachty, “Lil Boat”
A dir la verità a Marzo non avevo la più pallida idea di chi fosse questo ragazzo, ma, mentre mi godevo ancora le sonorità dell’album di Kanye, lui aveva già conquistato pubblico e critica statunitense, grazie all’ormai classico tipo di disco che al primo ascolto fa ribrezzo, al secondo si canticchia con disprezzo e al terzo si sa già a memoria. Pochi e semplici gli ingredienti: unendo Burberry Perry (produttore, nonché bff), Atlanta (mamma della Trap e città di provenienza) e tanto autotune, ne esce un prodotto coeso che lascia trasparire la semplicità e la schiettezza di Yachty. Senza dubbio la novità dell’anno (che abbiamo prontamente intervistato).
APRILE – Snakehips, “All My Friends EP”
T.S. Eliot scrisse che “Aprile è il mese più crudele” e senza dubbio quest’affermazione è applicabile al caso dei due produttori in questione, che hanno avuto la sfortuna di pubblicare in data vicinissima all’uscita di “Views” e “Lemonade” quello che un gioielliere chiamerebbe cammeo, ovvero un piccolo gioiello di quattro tracce curato nei minimi dettagli, equilibrato, che ospita gli artisti-rivelazione dell’anno, quali Anderson Paak, Tory Lanez e Chance the Rapper. Senza dubbio una piacevole sorpresa.
MAGGIO – JMSN, “It Is”
Pensare che due anni fa “JMSN” (l’album) non abbia ricevuto le adeguate attenzioni a partire dagli States fa una certa impressione, ma dover rivivere la stessa situazione con un disco ancora più innovativo, dalle sonorità più vivaci dei precedenti, mette decisamente il nervoso, soprattutto quando hai la possibilità di apprezzarlo dal vivo. E se Christian mettesse, nel muoversi attraverso lo scomodo mondo del music business, lo stesso carisma che dimostra sul palco, non farebbe sicuramente fatica ad entrare nelle cuffie di chi non ha avuto ancora l’occasione di conoscerlo. Ma, diciamocelo, per fortuna quel JMSN che si vede costretto a fare ciò che gli viene imposto non esiste e mai esisterà.
GIUGNO – Tedua, “Orange County mixtape”
È fine giugno e, mentre migliaia di studenti si apprestano a maturarsi, un ragazzo di Cogoleto (GE) poco più grande di loro si appresta a stupire la scena hip-hop italiana. Compiango colui al quale non piace Tedua, perché so che non ci può fare niente, e gli auguro di pentirsi amaramente delle volte in cui lo ha accusato di non andare a tempo. Orange County suona schietto e poetico allo stesso tempo. E sarà che parlare della Liguria non è così semplice, sarà che entrambi gli autori si sono trasferiti a Milano, sarà che sono fresco di studi classici, ma OC ricorda molto la raccolta di poesie “Ossi di Seppia”, di Eugenio Montale, per cacofonie, tematiche e un forte senso di attaccamento alla terra d’origine –che sia arsa dal sole che splende nel video di “Buste della spesa” o da quello di “Meriggiare pallido e assorto”.
LUGLIO – ScHoolboy Q, “Blank Face LP”
Nel periodo musicalmente più morto dell’anno, pubblichi un album solo in due casi: o sei appena uscito di galera e hai un gelato tatuato in faccia, o ti chiami ScHoolboy Q. Negli anni in cui il rap e il pop vanno a braccetto, puoi piacere a chi ascolta prettamente rock solo in due casi: o ti chiami ScHoolboy Q, o ti chiami ScHoolboy Q (tratto da fonti certe, ndr). Blank Face è stato capace di tutto ciò, perché non etichettabile, fresco, dalle produzioni accattivanti e capace di non piegarsi alle mode del momento. Basta chiudere gli occhi e si è subito catapultati in una California fatta di Cadillac, erba e bucket hats.
AGOSTO – Vince Staples, “Prima Donna EP”
Quando i giochi estivi sembravano essersi ormai conclusi con l’atteso disco di Frank Ocean e l’attenzione mediatica verteva già sulla montagna di uscite previste per l’autunno, ecco spuntare un album dal titolo in italiano e una cover emblematica che raffigura il cantante in versione macrocefala. Vince racconta un sé stesso post-Summertime ’06 che, nonostante voglia tenersi lontano dallo stereotipo di rapper g’sta & rich, non riesce a mantenere il controllo della propria vita e ricade in uno stile di vita alla Californication che, come le vicende di cronaca ci insegnano, può essere ferro o può essere piuma.
SETTEMBRE – Mac Miller, “The Divine Feminine”
Fa sempre bene ricredersi sul conto di un artista, specialmente quando il cambio di opinione è in positivo. Mac Miller fa parte di quella schiera di cantanti che devono dimostrare continuamente la loro validità, senza un apparente motivo, anche perché il cantante di Pittsburgh le doti le possiede. Ma dopo il discreto flop di “GO:OD AM” il riscatto non era così scontato; eppure lui ha stupito tutti con un disco notevole perché inaspettato per quanto riguarda l’impronta musicale. È un ti amo annunciato al mondo verso Ariana Grande e il pezzo con lei è forse tra i suoi migliori di sempre.
OTTOBRE – A$AP Mob, “Cozy Tapes: Vol.1 Friends”
Quando escono tape variegati come questo si ha sempre la paura fondata che essi difettino di coesione e si limitino ad essere un miscuglio di pezzi senza un filo logico o musicale. Ma non è questo il caso, visto che il collettivo ha creato l’ennesima soddisfacente riprova che i newyorkesi non hanno nulla da invidiare ai loro cugini dell’altra costa per quanto riguarda beat e flow. Tra ospiti d’eccezione, diventati col tempo veri e propri amici, quali Skepta e Tyler, e un continuo omaggio, a partire dalla cover, ad A$AP Yams (pour up, ndr), Rocky e combriccola ci insegnano come diventare famosi e restare uniti non siano due fattori inconciliabili, bensì insieme un punto di forza.
NOVEMBRE – Kevin Abstract, “American Boyfriend: A Suburban Love Story”
Dopo più di un anno di attesa personale, ho finalmente un album in mano e uno spazio dove parlare di un artista che, se non verrà divorato dai “parties in LA”, potrà ereditare lo status di idolo che è fino ad oggi appartenuto a Kurt Cobain. American Boyfriend è frutto di un parto, un parto travagliato, che ha visto Kevin scappare dal Texas, traslocare a NY, trasferirsi in California, fare un tour per gli Stati Uniti e approdare il mese scorso al Carnival di Tyler —suo idolo di sempre. Citando un commento sotto un suo video: “Kevin please don’t stop what you’re doing”.
DICEMBRE – Post Malone, “Stoney”
Quando sentii per la prima volta il detto “Natale con i tuoi […]”, mai avrei pensato di applicarlo alla musica e soprattutto di utilizzarlo con un artista fresco di disco d’esordio. Posty ha saputo dosare abilmente black voice e autotune, dando una spinta propulsiva all’alternative R&B che PND non è stato capace di aggiornare con l’ultimo, seppur valido, progetto. La carriera del cantante di Dallas, amico intimo di Bieber, non sembra volersi arrestare: prima è entrato negli stereo delle nostre auto con la hit “White Iverson” (presente tra le 14 tracce), ora alla soglia delle feste si presenta con l’album che probabilmente finirai per ascoltare la mattina dell’31, dopo aver alzato il gomito una sera prima del previsto, e ti farà realizzare che, dopo tutto, non bisogna temere l’anno che verrà, finché ci sarà la musica.