A Strueia hai già stretto la mano qui, quando ci si presentava con sole due note e un brano rilassato, a preannunciare la chitarra, il bosco, lo spleen.
Il suo album esce proprio oggi per Mia Cameretta Records e Noia Dischi: a guidarvi nell’ascolto il track by track scritto dallo stesso Strueia.
CANZONE CON DUE NOTE
Una mattina mi ero svegliato con questo motivo di pianoforte in testa che mi ricordava tantissimo Twin Peaks.
Ho looppato due accordi di chitarra e ci ho messo sopra dei suoni in reverse di una Roland R8. La prima parte della strofa è un’amara riflessione sulla fine di una relazione e sulla conseguente distanza emotiva e geografica. Un giorno mandai il provino a un mio amico che mi disse: “è bello, ma devi svilupparla. Non puoi scrivere una canzone che ha sempre due accordi”. A me però piaceva così: less is more!
Nell’ultima parte canto le mie scuse per lo scarso impegno compositivo. Ma anche no!
Nota per gli smanettoni: le chitarre acustiche sono state registrate con un Golden Age R1 dentro un preamp Telefunken degli anni 60 proveniente dagli studi di Abbey Road di Londra.
La chitarra, nello specifico, era la mia Gibson L30. Detto questo potete masturbarvi le orecchie oppure semplicemente esclamare “sticazzi”!
AGOSTO
Qualche volta capita di scrivere canzoni senza che me ne accorga. Certe volte sono frutto di un cazzeggio che poi se mi piace elaboro, certe volte comincio a suonare un pezzo di qualcuno e vado in fissa con dei cambi di accordi.
Magari sto sul divano con la chitarra in mano a pensare quanto sia bello il cambio da Re a Re7+ in My Way di Frank Sinatra o suonando Driftin Back di Neil Young mi chiudo su quei passaggi da Mi- a La che fa molto Crazy Horse….cose così.
Nel provino il tema principale lo avevo fatto suonando un synth che ricordava molto Battisti, in studio Andrea Catenaro lo ha sostituito con delle chitarre che…. uh! Ah! Dovreste sentirle.
Ci abbiamo messo un sacco di impegno e un sacco di tempo per registrare le chitarre di questo disco. Qui ce ne sono almeno sei, ma che sembrano due.
Da qui “la chitarra” del titolo del disco.
La coda del pezzo era molto più lunga ma abbiamo optato per sfumarlo.
Vi siete mai chiesti dove vanno a finire le canzoni quando sfumano?
CANZONE DEGLI AMICI CHE SE NE VANNO
Una canzone piena zeppa di synth che ci siamo divertiti molto a registrare in studio.
Il giro di basso di Gianlorenzo Nardi dovrebbe vincere un premio Pulitzer, o almeno un prosciutto! Il testo è un’amara riflessione sugli amici che (come suggerisce il titolo) se ne vanno, in senso figurato oppure letterale.
“Qualcuno è andato per età, qualcuno perché già dottore e insegue una maturità, si è sposato, fa carriera ed è una morte un po’ peggiore”.
Nel periodo in cui l’ho scritta ero spesso imbambolato a pensare all’universo, al senso della vita, ai cazzi miei, al mondo, al ritorno di Voldemort e a tutte quelle robe lì!
Da qui “lo spleen” del titolo del disco.
Da qualche parte nel mio hard disk esiste anche una versione registrata su nastro con un Fostex M80 molto bellina.
DA SOLI
Altre riflessioni amare (faccio sempre riflessioni amare) e stralci di conversazioni avuti con una persona lontana. La lontananza non è mai solo quella fisica. Sto in fissa con gli accordi in settima maggiore, mi fanno pensare a Nico e mi sembrano allegri e malinconici allo stesso tempo.
Questa credo che sia la canzone che abbiamo registrato e cestinato più volte.
Il provino che avevo fatto a casa mi ricordava un pezzo di John Frusciante che si chiama A fall thru the ground, Filippo cercava di spingerlo più verso sonorità alla Angel Olsen. Alla fine abbiamo trovato un compromesso e adesso assomiglia un sacco a… boh, ditemelo voi!
Quel giorno in studio mi sa che eravamo un po’ scazzati e ci siamo inventati la cosa di piazzare un microfono nel bosco per riprendere i suoni degli uccelli e del vento e delle foglie e di tutte quelle robe lì.
Inoltre in quel periodo (ma ancora adesso) facevo lunghe passeggiate in montagna pensando all’universo, al senso della vita, ai cazzi miei al mondo, al ritorno di Voldemort e a tutte quelle robe lì! Parecchi testi li ho scritti su un quaderno immaginario camminando e facendo il ritmo coi piedi sulle foglie.
Da qui “il bosco” del titolo del disco.
UNA COPPIA
Una piccola rivincita.
Quando salivo sull’autobus per andare a scuola c’era una coppia di ragazzi poco più grandi di me che ascoltava tutte le mattine la cassetta di qualcuno dividendosi gli auricolari.
Io avevo ancora le cuffie sfigate del walkman e li guardavo col ghigno soddisfatto di chi si gode appieno la stereofonia di Use Your Illusion I e II. Erano anni che volevo scriverci una canzone. Una piccola rivincita dicevo: la loro! Su di me che probabilmente non capivo la natura romantica del gesto non andando oltre alle osservazioni tecniche da sfigato, quanto loro non capivano che probabilmente uno dei due si stava perdendo il basso.
Non importa davvero! Nel testo ho messo Pet Sounds perché nel periodo in cui l’ho scritto non ascoltavo altro e volevo omaggiare la band più grande del mondo dopo Elvis Presley.
La prima take del brano era venuta fuori una cosa molto stoner, più bassa di un tono e con Marcello Newman che faceva un assolo di chitarra pazzesco a torso nudo sotto al sole di luglio. Poi abbiamo optato per inserire nel disco una delle numerose take successive, più alta di un tono e velvetundergroundizzata col pianoforte martellante e Ettore che fa un assolo di chitarra pazzesco col maglione e il raffreddore.
TUTTO OK
Filippo mi aveva mandato il provino di un pezzo strumentale con un giro di basso ipnotico molto bello. Lo abbiamo registrato di nuovo aggiungendo organi e theremin e Simone Alteri che quel giorno era venuto in studio perfettamente calato nei panni di David Gilmour a Pompei.
In quei giorni in studio filava tutto talmente liscio e alla grande che “è tutto ok” era diventato un mantra.
“Filippo, il cesso non scarica”
“È tutto ok!”
CANZONE DEGLI ALBERI
Una piccola poesia su un incontro fugace.
Ho sempre immaginato i protagonisti come una coppia alla Paulie e Juno.
Nei giorni in cui l’ho scritta ero in fissa persa con Marty Robbins e ascoltavo Hank Williams per riprendermi, non so come questo mi abbia influenzato ma quando la canto ho sempre un cappello bianco a falde immaginario in testa.
Anche qui abbiamo fatto diverse take, ma alla fine abbiamo scelto la prima. Si vede che quel giorno eravamo carichi a pallettoni!
Oltre a Erika che fa dei cori super canta anche Mario Martufi dei Mosquitos, che se non li conoscete dovreste un casino!
WOW!
Il giro di basso è un evidente omaggio a 7 e 40 di Battisti, il testo è un omaggio a una grandiosa serata passata a bere solo acqua fino alle 7 e 40. Credo sia una delle prime canzoni registrate per il disco. Anche questa è passata attraverso diversi arrangiamenti e qualche ripensamento sulla scelta di inserirla nel disco.
Quel giorno il signore che suona il sax in calzoncini e t-shirt del club del tennis ci ha raccontato per ore di quando faceva il proiezionista al cinema e di come fosse più bello quando si proiettava su pellicola. Noi eravamo in trepida attesa del momento in cui ci avrebbe raccontato di quando inseriva il fotogramma di un pene in un film per famiglie, ma quel momento purtroppo non arrivò mai! Tipo la scena con la mamma di Johnny Labbra nel film The Commitments.
Ci spedisce sempre una cartolina comunque!
CANZONE DEL BINGE WATCHING
Guardo un sacco di serie tv in certi periodi dell’anno.
Il testo ha un mood vagamente alla Magnetic Fields, che sono uno dei miei gruppi di musica di tristezza preferiti.
Qui al basso c’è il bassista più grande di tutti i tempi dopo Aston Family Man Barrett, oltre ai grandiosi contributi di Sandro Traversi e Cristiano Pizzuti dei Black Tail.
(spero di avervi incuriosito così tanto con la storia di Aston Barrett da comprare il disco per leggere i credits)
SALUTO AL SOLE
I maligni sosterranno che si tratti solo di un riempitivo di fine disco, i fricchettoni troveranno che sia un pezzo buono da mettere in loop all’alba quando la festa è finita.
Quel giorno Luca si era presentato in studio col suo nuovo Hohner Planet T da provare e Filippo si era inventato tutta una trappola di microfoni per catturare i fantasmi (immaginavo io!). Mi sono seduto alla batteria e abbiamo registrato cose per circa un’ora. Quello che sentite è il riassunto di due minuti di una giornata passata a smanettare sul banco e spostare microfoni. Il titolo è un omaggio ai gatti, che secondo me fanno yoga.
Comunque io sto dalla parte dei fricchettoni!