Ricordo ancora i tempi di X-Coast. Ero entrato in fissa per quei due giovani produttori capaci di sintetizzare mirabilmente l’attitudine dell’hip hop, la libertà del jazz e molte altre influenze dentro beat esplosivi. Tutte le volte che potevo li chiamavo a suonare. Fu così che conobbi Raffaele Costantino che, assieme a Knuf, animava quel progetto. Ne nacque una delle amicizie che maggiormente mi applico a coltivare. Questa premessa, buttata sul personale, solo per dichiarare che sono di parte quando si parla di lui. Da quel momento Costantino ne ha fatte così tante di cose che è facile perdere il segno. Snob (società di produzione), Meet In Town e Mukanda (festival musicali), LBL (etichetta discografica), Musical Box (trasmissione radiofonica su Radio2), sono le prime che mi vengono in mente ma so già di essere in difetto. Prima di tutto, però, Raffaele Costantino è un dj che col suo nome anagrafico e col progetto Dj Khalab fa girare dischi e suoni in tutto il mondo. Alla fine dello scorso anno ha fatto uscire, per i tipi di Arcana, un libro affascinante e molto bello. Si chiama ‘Storia di una playlist. Playlist di una storia’ e parte dal concetto che una playlist sia un atto d’amore per compiere il quale sia necessaria cura, attenzione, conoscenza, approfondimento, fantasia, consapevolezza e un mucchio di altre cose. Le declinazioni che Costantino ci propone tra le pagine del libro diventano storie, capaci di raccontarci i percorsi artistici di Flying Lotus, Thom Yorke, James Blake, Madlib e Donald Byrd tra gli altri.
Giovedì 16 febbraio avrò il piacere di presentare questo libro, assieme al suo autore, alla libreria Zoo di Bologna mentre venerdì 17, nel nuovo spazio fiorentino di BUH!, oltre a parlare del volume potremo goderci anche il live di Dj Khalab ad inaugurare la rassegna Rooty. Questa doppia occasione è diventata il pretesto per un’intervista attorno al libro.
Tra produzioni, dj set, consulenze musicali e direzioni artistiche… Quando hai trovato il tempo per pensare e scrivere questo libro?
Durante un viaggio in Costarica. Diventa buio presto nella giungla, quindi sul patio della mia casetta sugli alberi ho iniziato a dare un senso a quell’oggetto che tutti vogliamo anche se non abbiamo mai capito cosa farci. In quel momento l’ipad (senza wi fi) ha avuto un senso.
Sarà una deformazione personale ma da quando ho cominciato a leggerlo mi risuonava nella testa la tua voce. Credo che dipenda anche dalla qualità della scrittura, dall’affabulazione del racconto, da un ritmo che si percepisce nel testo… Sono state scelte editoriali ponderate o ti sei abbandonato al flusso della scrittura?
Il grosso del libro è stato scritto durante quel mese in Costarica e durante un periodo di 15 giorni in montagna. Vincenzo Martorella, che mi ha seguito a distanza con i suoi preziosi consigli, mi ha detto di scrivere di getto senza fermare il “groove” e coì ho fatto. Poi c’è stato un secondo periodo, più tecnico, dedicato alla ricerca, alla verifica dei fatti e all’editing.
Dopo aver cominciato dall’introduzione di Vincenzo Martorella ho seguito il suo consiglio e son volato alla postfazione di Quit the Doner. Letta tutta d’un fiato sono scappato in libreria a comprare ‘Storie dal mondo nuovo’. Come hai scelto a chi commissionare intro e outro?
L’introduzione era scontata. Vincenzo per me rappresenta molte cose. È stato mio insegnante di storia e cultura della musica afro-americana. È stato lui a farmi capire l’importanza dell’ascolto analitico, dell’analisi grammaticale della musica e tante altre cose. È stato il primo a stupirsi delle mie teorie anche quando ero un venticinquenne sfrontato e “ignorantello”.
Inoltre è stato lui a chiedermi di scrivere un libro per Arcana. A parte tutto questo, confrontarmi con Vincenzo sul tema musica (soprattutto durante le nostre sessioni di interminabili chat vocali) eleva il mio spirito.
Per la postfazione la scelta era meno scontata. Volevo una persona giovane, appassionata di musica e capace di scrivere belle storie. Daniele (Quit The Doner) è stata per me una grande scoperta. Prima da un punto di vista letterario, poi e soprattutto, per quanto riguarda il lato umano.
Mi è stato presentato da Enzo Abbate, un mio amico fraterno che fa il pubblicitario ma che è un grande appassionato di musica (ai limiti del maniacale) e del quale mi fido moltissimo quando si parla di linguaggi.
Con Quit ormai siamo diventati così amici che lui ha deciso di lasciare Bologna e trasferirsi a Trastevere a 50 metri da casa mia. Lui fa il mio bucato ed io il suo. In realtà ‘Storie Dal Mondo Nuovo’ l’ho scritto io!
In tema di collaborazioni: questo libro non sarebbe lo stesso senza le illustrazioni di Riseabove. Come avete sviluppato la vostra interazione?
Appena ho iniziato a definire la linea del libro, cioè quando ho capito che avrebbe preso questo taglio “fantastico”, mi sono subito reso conto che una parte visiva sarebbe stata utile per trasportare il lettore nel mio mondo. Quindi ho chiesto a Marcello Crescenzo (Rise Above), che conosco da una vita, di interpretare a modo suo il profilo che avevo descritto dei personaggi. E devo dire che la sua interpretazione ha aggiunto molto alla mia visione. Dopo aver visto le sue illustrazioni ho anche ritoccato qualche personaggio nel testo.
Mi interessa molto il concetto di verticalizzazione, uno di quelli che tornano maggiormente nel testo. Puoi parlarcene?
Per me verticalizzare vuol dire andare dritti verso un obbiettivo, provando ad essere specifici, lineari. Riuscire ad approfondire un argomento invece che toccarne mille superficialmente.
Qualche anno fa feci un post su Facebook per lamentarmi della mancanza di fantasia, proprio da un punto di vista narrativo, da parte della maggior parte dei festival Italiani. Le lineup tutte uguali, con Apparat, Caribou, Modeselektor in mille salse etc. (io stesso con MIT ho giocato per anni a questo gioco, prima di stancarmi). Venni attaccato da un paio di addetti ai lavori che mi diedero dell’hater. Come se io fossi il primo ragazzino che dice cose a cazzo sui social e non come una riflessione fatta da chi queste cose le ha fatte, professionalmente, per anni.
Ora invece devo dire che per fortuna, le stesse persone, dimostrando di essere intelligenti, hanno cambiato idea. Oggi si fanno mille complimenti a chi ha il coraggio di osare delle narrazioni più specifiche, chi evita di fare il supermercato della musica.
Non voglio assolutamente prendermi nessun merito: volevo solo farvi capire cosa intendo per verticalizzazione.
Visto che ultimamente dai le istruzioni di ascolto su alcuni dischi, vuoi consigliarci come leggere questo libro e usare le playlist nel modo corretto?
Seduti su un divano, Spotify aperto sul mio profilo con le playlist dei vari capitoli come sottofondo e tanta, tanta, pazienza e comprensione per la demenza senile dell’autore.
Un episodio che avresti voluto scrivere in questo libro e non hai scritto?
Quello su Herbie Hancock.
Che libro sogni di scrivere la prossima volta?
La seconda stagione della serie ‘Storia di una playlist, Playlist di una storia’.
di Andrea Mi