Questo è il disco ideale per entrare nelle cose nuove, tipo il lunedì di ogni nuova settimana.
Si chiama “ATLAS” e porta la firma morbida e sinuosa di Pieralberto Valli
ATLAS è un album che parla di un viaggio iniziatico, quello del suo stesso autore. E come ogni viaggio iniziatico, va al di là del proprio tempo.
L’aldilà nel tempo e nello spazio, Pieralberto lo raggiunge con la sua voce titanica e forte che si accompagna al pianoforte in un’elettronica mista al cantautorato che è profonda e leggera allo stesso tempo.
Lo ascoltate qui sotto mentre leggete il racconto traccia per traccia.
ATLANTIDE
(Da qualche parte in questo nulla)
Necessariamente questa è l’apertura del disco. Si parte dai mondi subacquei, mitologici, distanti del reale perché questo è il punto di partenza. Esiste un luogo di origine della nostra umanità? Siamo davvero i figli di una tradizione dimenticata? C’è un luogo da ritrovare, un luogo dove aspettarsi. Mancano ancora le coordinate, chiaramente, ma è giusto darsi appuntamento.
FALSO RICORDO
(Il ricordo spiegazzato di un sogno)
Ogni cosa, se svelata del proprio mistero, apre scorci potenzialmente infiniti. Cosa è reale? Cosa è un ricordo? Cosa è frutto della propria immaginazione? L’esigenza di andare, dritti fino alla conoscenza, presuppone una messa in discussione di ogni aspetto della vita, passato, presente o futuro. Bisogna appigliarsi a ciò che c’è di più reale, e il reale non sempre si rivela davanti agli occhi.
FRONTIERA
(Al di qua il nulla. Al di là ancora)
Come in Conrad, bisogna superare la linea d’ombra, la linea che separa le illusioni dalla realtà, le ombre dai corpi degli uomini veri. La frontiera è impalpabile, è invisibile. La frontiera siamo noi. Sarò io la mia stessa frontiera; la tua e la mia. Ci sarò io su quella linea d’ombra, a dividere la parte migliore di me da quella che dovrà essere dimenticata.
I NOSTRI RESTI
(Deve solo succedere)
Spogliarsi di ogni futilità, lasciare a terra i propri resti per alleggerire il carico di viaggio; denudarsi come un moderno San Francesco, abbandonarsi alle onde del mare, senza paura di ciò che rimarrà a parlare di noi in questo mondo. I nostri resti sono i resti della nostra civiltà, o perlomeno della sua superficie.
IL RUMORE DEL TEMPO
(Siamo ostaggio della polvere)
La polvere ci offusca la vista, rende opaco l’orizzonte. Ma la polvere, quella che Philip K. Dick definiva palta in “Ma gli androidi sognano pecore elettriche?” si posa su ogni cosa, prima e dopo il nostro passaggio. La nostra è una lotta di sopravvivenza con lo scorrere del tempo; una lotta persa in partenza perché ogni cosa si riassorbe e si rigenera costantemente. Siamo bloccati in un tempo non vero, un tempo che non suona, un tempo di rumore.
COSA RIMANE
(E’ solo un lento fluire)
Bisogna accettare il monsone. Bisogna accettare di essere trasportati via dai venti e dalle correnti. È l’unica salvezza, il lento fluire della vita e delle cose, il movimento continuo del micro e del macrocosmo. I monaci ci osservano da lontano, a indicarci la via.
LA NONA ONDA
(Qui dove mi vedi. Dove sono, sarò)
Alcune tradizioni nordiche vedono nella nona onda una minaccia mortale, e allo stesso tempo la possibilità di trascendere, di andare oltre il reale. Nella nona onda la vita muore e si rinnova. Si può morire restando vivi, si può morire al mondo e restare aggrappati alla vita. Una vita nuova.
ESODO
(Nel nero delle stelle assenti)
Il tempo di partire è finalmente giunto. È un esodo spirituale, ma è pur sempre fatto di passi. Come in Caino di Saramago, il segno sulla fronte è un simbolo tipico dei capri espiatori, ma è anche un lasciapassare per tutto ciò che deve ancora venire. Ora possiamo alzare lo sguardo e guardare verso l’alto, come in un deserto biblico.
NON SIAMO SOLI
(E intanto la Terra immobile gira)
L’iniziazione del fuoco è la via che svela la conoscenza dell’universo. Il mondo ora è visto dall’alto in basso, perché le due visioni devono rimanere attaccate, impresse nella stessa immagine. Il ciocco continua a bruciare lento e a rischiarare la vista. Ogni cosa si illumina e si rivela per ciò che è. Non siamo soli. Non siamo Soli.
L’AVVENTO DEI FUTURI
(Verrà un uomo. Verrà un tempo)
C’è una certezza finale, risolutiva, lampante. Arriverà un uomo, un uomo nuovo; arriverà un tempo, un tempo nuovo. Arriverà un uomo in un tempo e un tempo in un uomo. Arriveranno i futuri, con la loro carica elettrica e rigeneratrice. Il macrocosmo rinascerà in noi. Il macro nel micro. Il micro nel macro.