“Amore povero” è l’album di debutto di Dutch Nazari, esce per Giada Mesi e Undamento, come per i precedenti EP, con le intromissioni al microfono di Willie Peyote, Frah Quintale e Wairaki. Le tredici tracce dell’LP sono state interamente prodotte da Sick & Simpliciter che è riuscito a donare al progetto una varietà di sound per nulla scontata, creando insieme a Dutch delle melodie che attingono anche dal “bel canto” e donano ancora più originalità al progetto, che si scolla decisamente dal trend “abusa hi-hat”. ”
Senza girarci troppo intorno e senza sensazionalismi inutili, Amore Povero è un disco che se fosse uscito oltreoceano avrebbe ricevuto un 9 tondo tondo un po’ ovunque e probabilmente ne farà incetta anche da noi ma con risvolti purtroppo differenti. Per approfondire ulteriormente il discorso abbiamo fatto due chiacchiere proprio con il diretto interessato.
Ciao Duccio, la prima volta che ti intervistai eravamo agli sgoccioli del 2014, a pochi mesi di distanza dal rilascio di Diecimilalire e ci raccontasti che stavi scrivendo il tuo primo LP. A parte l’EP (Fino a qui) dello scorso anno e diverse collaborazioni, è stata una gestazione piuttosto lunga. Raccontaci brevemente le tappe che ti hanno portato alla pubblicazione di Amore Povero.
(tutte le volte che in questa intervista uso il “noi”, mi riferisco a me e Sick et Simpliciter, che ha curato la produzione dell’intero album).
In realtà il discorso Fino A Qui e il discorso Amore Povero non sono slegati tra loro. C’è stata una fase della durata di poco più di un anno (dalla fine del 2014 all’inizio del 2016 circa) in cui ho semplicemente fatto canzoni, senza troppo ragionare alla struttura di un disco. A Maggio del 2016 ci siamo trovati con un bel po’ di pezzi, e ci siamo accorti che ce ne erano alcuni che tra loro stavano insieme meglio di altri. Così è nata l’idea di raccogliere questi ultimi in un ep, che abbiamo appunto chiamato Fino A Qui. Questo ci ha anche permesso di avere più tempo per lavorare sull’uscita del disco. Fino A Qui infatti ci ha impegnati in una neanche troppo breve serie di concerti, che abbiamo chiamato, molto semplicemente, Fino A Lì (e non “Fino A Qui Tour”, perché un tour è comunque un’altra cosa). L’ultima data di Fino A Lì è stata l’8 febbraio: due giorni dopo è uscito il primo singolo dell’album, Proemio.
Parlaci del messaggio o della metafora contenuta nella copertina del disco che nasconde, passami il termine, un concetto “romantico”. Restando sulle metafore, l’accendino al centro di questo cubo prende fuoco. Se dovessi scegliere la traccia del disco che rappresenta quel fiammifero, quella di cui più vai fiero, quale sarebbe?
Per l’aspetto grafico del disco abbiamo avuto la fortuna di collaborare con due ragazzi che prima di essere degli artisti straordinari sono dei carissimi amici: Enrico Dalla Vecchia e Jacopo Baco (noto ai più come Baco Krisi, che tra i suoi numerosi talenti è anche un rapper molto forte). L’idea che loro hanno avuto è stata quella di associare l’Amore Povero al concetto di fuoco, che è sia il fuoco dell’amore che divampa, sia quell’elemento che in totale assenza di risorse (in povertà quindi) ti permette di sopravvivere, di scaldarti al freddo, di illuminarti al buio. I fiammiferi poi sono anche il simbolo di un qualcosa che si sta perdendo, che si usa sempre meno. Per rispondere alla seconda domanda, di tutte le canzoni contenute nel disco, forse quella che sento più vicina è Near Venice, che infatti è stata inserita sia nell’EP, sia poi nell’album. Tutte le persone menzionate nel testo sono miei amici veramente esistenti, e la tematica della canzone è in generale un buon esempio di come mi piace affrontare gli argomenti di attualità politica nei brani. I miei non sono mai pezzi militanti, non ti indicano la direzione giusta. Descrivono una situazione attraverso un leggero filtro che è quello del mio punto di vista.
“…a fare i pezzi sulle marche, cioè, nel senso…ancora ? Spero intendiate le Marche, cioè nel senso…Ancona” (Come Battisti) – è una delle punchline che mi sono rimaste più impresse. Letta così, potrebbe sembrare una critica generica alla nuova scuola ma in realtà non credo lo sia. Chi e cosa ti piace della nuova ondata che ha stravolto il gioco lo scorso anno e cosa invece non ti convince molto?
In realtà a me interessa mettere in discussione gli argomenti più che le persone, sollevare l’attenzione sul fatto che una canzone in cui si ripete all’infinito il nome di un marchio di alta moda è, se non altro, molto poco interessante. Quanto ai ragazzi della nuova scuola premetto che trovo che il livello generale sia altissimo. In particolare ho un occhio di riguardo verso la nuova scuola genovese del rap, Tedua, Izi e tutto quel giro lì, dei quali il mio preferito è senza dubbio Rkomi (che non è di Genova, ma è comunqe parte di quella famiglia).
Rispetto ai precedenti lavori ho notato immediatamente un uso massiccio e molto credibile del cantato, soprattutto nei ritornelli, dai risultati sorprendenti. Hai preso lezioni come Ghemon? Come mai questa scelta ?
Non ho ancora preso lezioni, anche se mi farebbe bene perché la padronanza che ho dello strumento-voce è più istintiva che didattica, e sapere esattamente cosa fai e perché mentre lo stai facendo è sempre una cosa molto utile. Io sono nato e cresciuto in una famiglia molto musicale, mia madre è musicologa, mio fratello è un polistrumentista che ha scelto di fare altro per vivere. Di mio ho sempre cantato, quando ero ai primi anni delle superiori, per dirti, Sick et Simpliciter ed io avevamo una band di cui io ero il cantante e lui il bassista. Poi ho scoperto il rap, e per un po’ sono stato fulminato da quella cosa, ho ascoltato e fatto solo quello per qualche anno (anche se comunque non ho mai smesso di cantare nei ritornelli, a partire dal brano Risorgere contenuto nel mio primissimo ep “Non lo avevo calcolato”, fino a numerosi brani del disco in assoluto più classic-hiphop a cui ho partecipato, “Massima Tackenza”, come Anime Stanche e Isolamento). Nell’ultimo periodo, da un lato ho riscoperto altre forme di scrittura, dalla slam poetry a un po’ tutte le penne migliori della canzone italiana, dall’altro ho riscoperto la musica in sé e per sé, le armonie, la compenetrazione tra parole e melodia e penso che tutte queste influenze si siano inevitabilmente riflesse nelle canzoni che ho scritto in questo disco.
Ascoltando il tuo disco, forse anche per il discorso del cantato ma soprattutto per la scelta di raccontare una serie di aneddoti e riflessioni personali, mi è venuto in mente più volte l’ultimo lavoro di Mecna. Sicuramente meno cupo e con meno autotune. Cosa ne pensi di lui e, se lo hai ascoltato, di Lungomare Paranoia? Quali sono gli artisti italiani che hai ascoltato negli ultimi mesi e che consiglieresti?
Come ti accennavo prima negli ultimi mesi ho fatto parecchio digging di artisti della musica italiana che mi sono reso conto di conoscere poco e che volevo approfondire meglio come Luigi Tenco, Paolo Conte, Pino Daniele, Piero Ciampi. Un disco uscito in questo periodo che mi è piaciuto moltissimo è quello di Giorgio Poi. Di rap come ti accennavo prima ho ascoltato davvero molto Dasein Sollen di Rkomi. Del disco di Mecna mi è piaciuta molto la canzone “Superman”.
Proprio Mecna in una delle ultime interviste ha affermato che la propria musica non ha la risonanza che in realtà meriterebbe. Mettendo da parte per un secondo l’umiltà, ti sentiresti di sottoscrivere questa uscita anche per quanto riguarda la tua musica ?
Premetto che ritengo l’umiltà un valore molto importante, né ritengo il fatto di considerarsi bravi una scusa per fare gli arroganti proteggendosi sotto la coperta del “almeno lui dice quello che pensa”.
Tutti pensiamo tante cose, credo che mantenere il proprio comportamento all’interno di uno standard di educazione sia una norma base di convivenza. Per quanto mi riguarda, fare l’arrogante non fa di te una persona genuina, fa di te una persona arrogante. Ciò premesso, credo che la musica richieda il suo tempo per crescere. Noi abbiamo fatto una serie di ep, che sono stati progressivamente ascoltati da sempre più persone. Ora uscirà il primo album ufficiale. Magari riparliamone tra qualche anno.
Near Venice è la mia traccia preferita dell’album (già presente nell’Ep Fino a qui, ndr). Ne parlammo anche nella precedente intervista, mi piace il modo in cui ti esprimi circa il tuo rapporto con le lingue, “conflittuale” ma allo stesso tempo appassionato, in cui tra l’altro mi sono rivisto molto. L’uso delle lingue straniere è sempre stato un tuo tratto distintivo. Come si è evoluto questo rapporto negli ultimi anni? Hai deciso di imparare altre lingue?
Negli ultimi anni ho avuto la possibilità di viaggiare molto poco purtroppo. Nè credo molto nell’imparare le lingue attraverso i manuali: le lingue sono comunicazione attiva, si imparano parlandole, sbagliando e risbagliando fino a memorizzarne le regole. Quindi no, non ho imparato altre lingue e purtroppo non ho avuto neanche molte occasioni per migliorare la conoscenza di quelle che già un po’ mastico. Speriamo in futuro di poter rimediare.
A proposito di lingue straniere, non credi che questa moda tanto bistrattata delle “Rap-Reaction” sia anche un veicolo di diffusione della musica italiana all’estero e che presto, almeno nella musica rap, alcune barriere e confini linguistici cominceranno a cadere ? Restando in Europa, con quale rapper straniero ti piacerebbe collaborare ?
A dire il vero si tratta di una moda che non ho ancora scoperto, nel senso che so solo che esiste un ragazzo che si chiama Rizzo che pubblica video in cui si filma mentre ascolta per la prima volta i brani, ma non ne ho mai visto uno, e non conosco il nome di nessun altro che fa questa cosa. La mia non è supponenza è proprio ignoranza,
quindi non mi posso esprimere in merito. Però ho visto un paio di video dei ragazzi inglesi che si filmano mentre ascoltano Ghali, oppure Marra e Guè mentre sono in macchina e mi hanno fatto sorridere!
Passando al rapper europeo con cui mi piacerebbe collaborare, farò finta che non ci sia stata alcuna brexit e ti risponderò Loyle Carner. È un rapper inglese che ha da poco pubblicato il suo primo album e mi sta piacendo molto!
(un paio di giorni dopo la realizzazione di questa intervista è apparsa sul canale degli ARCADEBOYZ una rap reaction proprio all’ultimo singolo di Dutch Nazari, ndr)
Nella title track ad un certo punto dici – “è più probabile che Obama diventi bianco, che io faccia carriera col rap, perché servono agganci e io non ne ho” – la dobbiamo interpretare più come un’iperbole o questa rimane, nonostante Youtube e i Social Network, ancora oggi la realtà dei fatti?
Direi un po’ entrambe le cose.
L’ultimo verso della traccia che chiude l’album recita: “…tipo la mia ambizione personale è rimasta finire un album…”. Quindi ti chiedo, sei soddisfatto? Cosa ti aspetti e cosa speri che cambi nella tua vita con il rilascio di questo disco?
Sì sono soddisfatto perché a me i pezzi piacciono molto. Quanto alle aspettative, io ho sempre sognato di girare l’Italia grazie alla musica, visitarne i luoghi, gustarne i sapori, scoprirne i dialetti e gli slang locali, e cantare le mie canzoni insieme a tante persone diverse. Questo è l’aspetto che più mi emoziona di quello che succederà nei prossimi mesi. Per il resto stiamo a vedere.