Quasi 4 anni dopo l’ultimo disco Raudo, i Gazebo Penguins sono tornati in pista con un nuovo album, Nebbia.
Il definitivo approdo alla post-adolescenza? L’arrivo inesorabile della maturità? Più semplicemente, un disco che suona smaccatamente Gazebo Penguins ma con la capacità di apportare nuovi elementi sonori – tra elettronica e post-rock – rispetto ai sentieri emocore già battuti in precedenza e di farci apprezzare la band emiliana in un modo ancor più viscerale e intimo. Piezz’e core: Nebbia è un album che vi emozionerà.
Lasciamo che sia il gruppo a raccontarvelo.
Partiamo da quest’assunto, che espresse molto sinteticamente Isadora Duncan: “Se potessi dirlo non lo danzerei”.
Raccontare una canzone senza esaurirla. Ed “esaurire” era il termine che si usava per un pozzo che si secca o una sorgente da cui non sgorga più acqua.
Bismantova
È quando la mancanza di qualcuno diventa assenza definitiva, inesorabile e ineluttabile (letteralmente); quando il nero è ovunque, e cancella ogni traccia conosciuta, e il mondo diventa qualcosa di inospitale. Nasce dalla morte di un amico comune, buttatosi (come tanti prima di lui) proprio dalla pietra di Bismantova. Ma il nero può essere anche una copertura, semplicemente un coperchio che nasconde, come in una foto venuta male, completamente nera: non vediamo nulla, ma sotto può esserci qualsiasi storia.
Nebbia
Me e le altre persone. Per quanto tempo è possibile stare soli? Quanto fa freddo quando siamo soli e non lo vorremmo? Quanto sono importanti gli altri perché io stia bene con me stesso? Spesso lo si capisce solo quando gli altri non ci sono più. La manutenzione degli affetti. È un pezzo in 5/4, un tempo dispari che assomiglia a qualcuno che cammina zoppicando ogni quattro passi, che assomiglia a chi avanza tentoni al buio – nella nebbia, quando non distingui le forme e sbagli sempre strada.
Febbre
È uno dei due cuori visivi del disco, con quell’ipotesi assurda di poter far scomparire tutto voltandosi alla velocità della luce, prima che tutti i colori del mondo arrivino ai nostri occhi. Poter operare un reset, cancellare ogni cosa, per poter ripartire. Ma è davvero possibile? Il fatto che sia un’ipotesi per assurdo potrebbe essere una risposta… Ma quanto serve una risposta, se può bastare una domanda?
Tutto il disco forse ruota attorno a questa domanda: Se potessimo far scomparire le altre persone, cancelleremmo la sofferenza?
Soffrire
È l’altro cuore, legato a doppia mandata alla domanda sopra: che utilità può avere star male? Al di là di avvicinarti a chi soffre o ha sofferto, al di là del creare un mattone di esperienza… ma chi farebbe cambio con noi per un mese di sofferenza? (non è un caso che si dica “vorrei sparire” quando il nero tocca il fondo). Non si impara niente, perché forse – semplicemente – non c’è niente da imparare.
Scomparire
Si domanda se ci sia un modo per far ripartire una storia, qualsiasi cosa sia andata storta, se ci sia una possibilità di creare un tempo ciclico, far sparire tutto e ricominciare. Tempo e spazio. Ma “non c’è niente che non abbia conseguenze”, perché a tutto segue obbligatoriamente qualcos’altro, e il tempo si rivela inossidabile e rettilineo. E lo spazio è il mondo di Porta, uno specchio che non corregge nulla: “se sono miope, il mondo è come me, senza un fuoco e sta lì per confondermi”.
Fuoriporta
iiiiiieee tou tou tou tooou wa wa waaa iiiiiiu
Porta
Allarga la riflessione ad un livello più metafisico, ancorandoci a quello che possiamo esperire, e solo quello, ovvero il mondo in cui ci troviamo a vivere. Anche credendo in Dio non cambia che tutto quello con cui ci dobbiamo confrontare è qui, ed è da questo qui che dipendiamo nella nostra ricerca di un senso. Gli archetipi di ordine e caos dell’universo quanto possono schiarirci il pensiero, se tutto quello che dobbiamo affrontare non andrà mai più in là dei confini del mondo?
Atlantide
Forse è quella che viaggia più a lato del centro del disco, parlando di un posto che non c’è più, o forse non c’è mai stato, ma comunque racconta di qualcosa che era un centro di relazioni, uno snodo che il potere ha sigillato, ha fatto sparire, perché la relazione spontanea, l’incontro non vigilato, spaventa il potere. Al potere incute paura perché preferisce persone sole, perché teme l’aggregazione incontrollata. Teme me, quando sono con gli altri.
Pioggia
È lo stupore di quando ci si accorge che una persona, la stessa persona, sia la medesima che possa farci vivere il meglio che si possa vivere, e al contempo il più profondo spaesamento. Ogni persona è doppia, in questo senso, restare assieme e restare soli convivono nelle medesime persone, e potenzialmente nel medesimo tempo. “Resto solo se resti con me”. Il disco finisce lì. Coincidentia oppositorum.