Che Squarepusher sia uno dei più talentuosi producers della scena elettronica dagli anni 90 ad oggi, non ci sarebbe nemmeno più bisogno di sottolinearlo, né di dimostrarlo. La domanda, vista questa premessa, sporge dunque spontanea: il mondo ha veramente bisogno di un progetto come quello dei Shobaleader One -giunti con questo alla seconda release- e soprattutto di un disco come “Elektrac”? Vista in maniera superficiale l´operazione può essere Vista come un esercizio fine a se stesso, lo sfogo live di un musicista dalle infinite risorse, tra il nerdismo più sfrenato e la goliardia applicata al virtuosismo strumentale, roba che nemmeno il Frank Zappa più indulgente e logorroico… Ma viviamo in tempi di rivalutazione di certi valori ed allora ecco che questa raccolta di riletture da palco -ed in formazione basso/chitarra/tastiere e batteria- di alcuni classici del repertorio squarepusheriano acquista, nel grande schema delle cose, un suo senso. Assenti sono i maniacali “clusterfucks” ritmici marchio di fabbrica del bassista e produttore, sostituiti da una muscolare batteria che ne riprende i vertiginosi patterns aggiungendo di suo una componente umana che non disdegna nemmeno divagazioni e dilatazioni dub e che riesce a creare spazi che permettono alla musica di respirare. Ed anche grazie a questo che, in queste versioni registrate nel corso di uno dei vari tour della band, è assente quel senso di claustrofobia, di ansia tipo abuso di caffeina che certe sue prove discografiche degli ultimi anni portavano con se, rimpiazzate da una libertà e fluidità di esecuzione che rimanda, inevitabilmente visti i chiari punti di riferimento del combo, alla stagione d´oro del jazz elettrico e del progressive rock. Questo non contraddice il drill n bass per il quale Tom Jenkinson è conosciuto, ma anzi mette in mostra aspetti della sua musicalità che proprio nei labirinto dei suoi tecnicismi non sempre vengono valorizzati.