Il 2017 è iniziato da poco, ma per noi l’album di Colombre è già uno dei migliori. Il tour è appena iniziato, toccherà molte città italiane e sarà uno dei nomi di questa edizione del MIAMI. Per chi ancora non lo conoscesse o vuole saperne di più rimandiamo le presentazioni qui.
In occasione del release party nello storico locale di Roma “Le Mura” abbiamo incontrato Giovanni Imparato e ci siamo fatti raccontare ogni traccia di questa preziosa e delicata perla del mare dal nome “Pulviscolo”.
PULVISCOLO
È venuta fuori come una sorta di improvvisazione di accordi e melodia e poi a un certo punto mi è successa una cosa importante che mi ha fatto prendere la decisione di fare questo disco. Il testo parla proprio di questa cosa: di quando capisci che le cose non possono più andare avanti insieme, serve un “nuovo mattino” e non puoi tornare indietro nelle scelte fatte. Il testo è venuto fuori nel giro di un pomeriggio e poi con il testo e con il titolo che dicevano ciò che mi era successo, sono diventati un po’ “la patente” del disco. E dopo anche tutti gli altri brani erano dei micro pulviscoli sparsi nell’aria, di cose che mi erano successe intorno. E quindi da lì, circa un anno e mezzo fa, ho avuto l’idea di chiamare il disco così.
FUORI TEMPO
Avevo questa progressione di accordi e questa melodia da un po’ di tempo, ma non avevo un ritornello che mi convincesse e soprattutto altre volte avevo provato a mettere delle parole ma non avevano alcun significato. Anche qui è successa esattamente la stessa cosa di Pulviscolo, una cosa importante che viene raccontata nella canzone e che era talmente evidente per me che poi le parole sono venute fuori nel giro di pochissimo tempo. E magicamente dove prima il cervello doveva infilare la parola, per costruire il testo su una melodia che avevo improvvisato, le parole sono venute fuori in una maniera quasi liberatoria. Ci tengo a mettere un piccolo asterisco… su quel ritornello che non avevo ci ha messo le mani Letizia (musicista e compagna di vita in arte Maria Antonietta ndr) che è un maledetto fenomeno e quindi mi ha svoltato il ritornello. Lei ha avuto l’intuizione di aprirla con quegli accordi e poi dopo nella produzione è stato molto prezioso mio fratello Marco che in questo pezzo si è sviscerato. Marco, che suona la batteria nel disco, ha piazzato in mezzo questa rullata che fa schizzare il pezzo e la parte che ho scritto sopra si è allacciata perfettamente e sulla coda ha fatto crollare il pezzo in questo modo inaspettato. Queste prime due canzoni le ho messe all’inizio perché sono state fondamentali per avere “un nuovo mattino”.
BLATTE
Ha una storia molto particolare perché l’avevo fatta usando dei beat elettronici in pre-produzione, poi quando abbiamo iniziato a provarla con batteria e basso, anche qui mio fratello nel suo modo unico di suonare ha reso ancora di più quello che è il testo, è riuscito proprio a tradurre questa instabilità. Volevo che tutto quanto annegasse proprio in un organo… ed è un organo giocattolo che ho comprato da un bambino a 10 euro!! L’ho messo nel chorus che ho trovato in studio, uno di quelli anni 90 analogici e giganti, e volevo che tutto fosse annegato come se fosse una sorta di rimando, di ricordo. E poi l’ho fatto sentire a IOSONOUNCANE, che conosco da tempo e ci stimiamo a vicenda, e ci siamo sempre detti facciamo qualcosa insieme ed è venuta fuori naturale questa cosa, gli è piaciuto tantissimo il pezzo. Poi mi ha fatto anche lui questo regalo con questi cori pazzeschi, con un file molto dettagliato e preciso di annotazioni. E pian piano abbiamo montato questi cori, poi anche Francesco (Aprili ndr) ha inserito le sue percussioni. È un disco che è partito in solitaria ma poi si sono uniti tanti preziosi contributi, un po’ come una pacca sulla spalla, diciamo che Jacopo (Incani) e Francesco mi hanno fatto questo regalo e la canzone ha preso una quadra che comunque ti assicuro per raggiungere il risultato finale l’abbiamo provato 20 volte, dopo ripetuti missaggi sul banco analogico in più riprese. Ma ne sono soddisfatto!
TSO
Una delle canzoni che preferisco. Anche qui il testo è venuto fuori in un momento in cui un mio amico è stato “rinchiuso” per fare questo trattamento tso. Avevo composto la canzone con l’omnicord, quindi con questo ritmo avevo pensato di lasciare questa idea molto LO-FI ma poi alla fine volevo che ci fosse una sorta di enfasi egiziana infatti c’è questo synth Cammello (che è proprio il nome del synth!) l’unico digitale del disco. È forse il pezzo più arrangiato perché ci sono tanti strati, ci sono tante cose che vanno e vengono ma sono tutte quante scritte, volevo proprio che si incastrassero con i cori, con i synth che arrivavano da dietro e poi sparivano ed è presente sempre questo basso che va su una mono nota un po’ come un canto gregoriano. Poi mi è venuto in mente di fare i cori russi, cosa di cui vado molto fiero, era proprio quello che vedevo quando cantavo (…) e anche questo testo tratta di cose che mi sono successe negli ultimi due anni più o meno.
DIMMI TU
È un pezzo che avevo da un po’, la cui melodia mi è venuta spontanea, all’inizio pensavo di farlo un po’ reggae ma non avevo il testo poi mi si è accesa la lampadina, ho guardato Letizia e mi sono detto “come ho fatto a non capirlo prima! Questa canzone parla di lei!” di quanto sia preziosa per me. Avevo la melodia ma non mi quadrava ancora e anche qui mio fratello ha svoltato la ritmica e devo dire che ho accettato di togliere una strofa su consiglio di Fabio per alleggerire la canzone, e caspita aveva ragione! Questo lo avevo pensato per i Chewingum, con un bit elettronico, però dovevo stravolgerlo perché non volevo che quello stile entrasse perché questa è un’altra cosa ma la linea di basso spaccava troppo perché Carta è troppo bravo su quello stile. Poi in mezzo nella parte dell’assolo cercavo un po’ di cose ma non mi convincevano, allora ho cercato un assolo col suono dell’eternità e secondo me questo suono è quello di Morricone in “Sean Sean” e mi sono detto cazzo ci metto questo. Avevo lasciato questa parte aperta per lo studio per vedere cosa succedesse, ho lasciato delle parentesi aperte senza essere troppo ligio, così l’abbiamo provata una volta prima di registrare e abbiamo preso la terza take buona.
Sveglia
L’avevo fatta acustica all’inizio e mi piaceva anche molto ma sentivo di voler mantenere la dolcezza di questa versione ma la tentazione di miscelarla con altre situazioni ha fatto sì che la canzone prendesse un po’ il sapore e l’andamento della canzone brasiliana, però con dietro invece questa batteria che sembra un po’ drum’n’bass, infine volevo questo momento di vuoto. Questo momento di vuoto che poi è un po’ il discorso che faccio a me stesso: questa voglia di fare ma d’altro canto a volte dici meglio che mando tutto all’inferno e altre che dici cazzo facciamolo! Vedi è paradossale perché quella sembrava la canzone più riuscita per lo meno dal punto di vista della demo ma poi è stata stravolta prendendo tutta un’altra forma, appunto perché ho lasciato la parte della registrazione come ulteriore momento creativo.
BUGIARDO
È una canzone legata a molti anni fa per una cosa che dovevo dire a me stesso, e quando ho preso coraggio di dirla il testo è uscito in modo abbastanza naturale. In realtà con i Chewingum ho sempre scritto canzoni in cui i testi erano sempre un po’ dei voli metaforici, in questo progetto invece ho voluto scrivere le cose che mi erano successe in modo più diretto e onesto. Qui mi ha illuminato un monito di Brian Wilson che diceva: ”Le cose non devono essere perfette, ma devono essere più vive e oneste possibili!”. Il basso lo ha suonato Nicolò Pagani che stava facendo delle prove per conto suo e faceva dei numeri incredibili con il basso… sentendolo suonare nell’altra stanza mi aveva lasciato stupefatto e dopo aver lavorato tutto il giorno ai pezzi suoi ha trovato un momento per contribuire al brano creando una parte super.
DESERTO
Molto importante perché l’avevo scritta tra le prime, ancora con i Chewingum ma era lontana dall’estetica di quel sound. E anche in questo pezzo c’è una sorta di perla del mare, quindi un regalo da parte di una persona che ho conosciuto suonando che si chiama Francesco Aprili (già batterista di Boxerin Club, Wrongonyou, Giorgio Poi ndr) grazie a Fabio Grande che lo aveva chiamato per fare delle percussioni del disco. In questo pezzo non avevo fatto in tempo a registrare la batteria e quindi ho chiesto a Francesco di suonare. Però mi piaceva metterlo un po’ in questa situazione imprevista, quando non sai bene come devono andare le cose. Volevo lasciare questo tipo di feeling e lui è stato molto bravo perché aveva sentito il pezzo un paio di volte e ha fatto subito la parte di questa batteria con un pad elettronico. Ho messo questa canzone per ultima perché ti lascia con questa speranza che “dal deserto sta nascendo un oceano”… mi è venuto in mente vedendo uno di quei documentari su Realtime o Dmax…o forse qualcosa di più serio!