Il terzo disco ufficiale di Cali, dal titolo emblematico L’uomo con due cuori, è stato rilasciato lo scorso 28 aprile dalla label italiana Unlimited Struggle e dalla Hector Macello, una delle realtà più influenti della scena austriaca. Il progetto, interamente prodotto dal beatmaker vicentino Morpheground e dal producer italo-austriaco Fid Mella, arriva quasi a sorpresa a distanza di tre anni da La Malattia, l’album di Cali insieme al producer AleAka, che nel 2014 ricevette quasi esclusivamente critiche positive e finì in parecchi listoni di fine anno tra i dischi più influenti.
Per approfondire il discorso ci siamo fatti raccontare dai diretti interessati alcune delle dinamiche del processo creativo del nuovo album fino al suo concepimento. Un LP che si discosta radicalmente dal trend del momento pur suonando più fresco, senza pretendere di esserlo a tutti i costi.
Non a caso siamo finiti anche a parlare di trap:
Il tuo ultimo LP a quattro mani con Aleaka, risale al 2014. Poi alcune tracce spaiate (2015/2016) fino alla pubblicazione de “L’uomo con due cuori”. Cosa è avvenuto nel frattempo in questi quasi due anni?
Cali: In questi due anni è successo che ho fatto delle esperienze stupende e delle esperienze terribili e le ho metabolizzate. Son stato in alcuni posti incredibili che mi hanno ispirato un romanzo e alla fine sono capitato a Vienna. Mi ero ripromesso di stare un po’ distante da ‘sta cosa della musica, per molti versi c’entro poco nell’ambiente e questo è frustrante dal punto di vista creativo. Mi chiude l’idea di dover essere presente perché la mia roba venga considerata. Quindi mi sono allontanato e dopo un po’, puntuale, mi è tornata la necessità.
Proprio nel 2015 ci occupammo dell’allora ascesa della trap italiana citandoti tra gli altri, pur avendo delle riserve circa la direzione verso la quale ti saresti mosso. Cosa ne pensi della “nuova” scena italiana?
Cali: Ne abbiamo parlato mille volte con Fid mentre ero lì e guardavo le cose da fuori. Questa nuova scena italiana rifiuta quasi totalmente di continuare a dare un’importanza esagerata a quello che c’è stato prima. E questa è la cosa bella. La cosa brutta è che lo fa con pochissime conoscenze musicali e con un gusto un po’ di plastica. Parlo della media chiaramente, c’è anche chi riesce a fare musica credibile pur suonando superfresco. La scena italiana in generale, per quella che è la mia visione, non ha mai accettato diversità al suo interno, andava un suono e tutti dovevano seguirlo per considerarsi “parte integrante”, ora ne va un altro e la cosa non è cambiata. Direi che è questo il problema, il motivo per cui sempre più gente si discosta e comincia a fare la musica che vuole fare.
Il titolo “L’uomo con due cuori” necessita forse di una parafrasi. Riguarda più il modo in cui hai tradotto, in questo nuovo capitolo, la tua proverbiale versatilità nel rap o ha prettamente a che vedere con la composizione del disco?
Cali: Ha a che vedere con la composizione del disco. E’ un’immagine, uscita casualmente in una session in studio, che piaceva a tutti e tre.
Nel “Making of” racconti dei tuoi viaggi tra Europa e Asia, durante il tuo anno sabbatico, che termina con l’arrivo a Vienna. Quanto hanno influito i tuoi spostamenti nel sound e nel “viaggio” di questo disco?
Cali: Il “viaggio”, intendo la parte scritta di questo disco, dipende totalmente da quello che ho visto, vissuto ed imparato in quell’anno di viaggi. Per me ha sempre funzionato cosi, è il mio modo di liberarmi rimanendo onesto con me stesso. Parlando del suono invece posso dirti che l’uomo con due cuori è il tipo di progetto che avrei sempre voluto fare, è il disco che io mi ascolterei e questa è una cosa molto più vecchia del mio anno sabbatico. Abbiamo delle influenze comuni e in questo disco sono uscite fuori.
Nel progetto oltre al tuo nome appaiono quelli di Fid Mella e Morpheground. Com’è stato distribuito il lavoro all’interno delle tracce? Come vi siete (ri)trovati a lavorare assieme?
Fid: Ci sono due fasi nel disco. Nella prima le produzioni sono state fatte individualmente, ancora prima che io e Morphe ci conoscessimo. Beat fatti o da lui o da me, in studio senza uno scambio creativo. Nella seconda ci sono le produzioni che abbiamo fatto a 4 mani (Man in the Mirror, Acquario di squali, L’uomo con due cuori, Problemi). Insieme ci siamo trovati bene e siamo stati molto produttivi nel periodo in cui Morphe è venuto a trovarci a Vienna. Poi il disco è stato completato, registrato, mixato e anche masterizzato da me.
Morphe: Penso che le collaborazioni giuste arrivino al momento giusto, senza il bisogno di forzare le cose. Questo progetto ne è la dimostrazione perfetta. Cali lo conosco forse dal 2006 e ci avevo lavorato in passato, ma per tempistiche e progetti propri abbiamo sempre fatto fatica a lavorare a più di un pezzo alla volta o a trovare il momento per fare un progetto un po’ più completo. Fid non lo conoscevo di persona fino a quando non sono andato a Vienna ma mi è sempre piaciuta la sua musica e lavorare con lui mi ha ispirato molto da un punto di vista di approccio alla produzione. E’ un treno a fare beats. Verso inizio Settembre 2016 scrissi a Cali chiedendomi che fine avesse fatto, siccome sapevo che si era spostato ad Hong Kong. Mi rispose dicendo che da Hong Kong si è poi trasferito in Croazia, e cosi, parlando, gli mandai i beats di Tarda Notte e Home. Ci scrisse qualcosa sopra in breve tempo e più o meno una settimana dopo si trasferì a Vienna e da lì iniziò a lavorare con Fid. Visto il suono collettivo che avevamo, abbiamo poi deciso di fare un disco assieme.
Cali: Conosco entrambi da un sacco di tempo, per me è stato semplice lavorare con loro. Eravamo vicini nel momento giusto. Io ho solo dovuto sedermi sulla poltrona magica dello studio di Fid, finirgli la vetrinetta dei liquori ed il resto è venuto da sé.
Da dove nascono tutte le influenze e i campionamenti soul/jazz che compongono il disco e la scelta di discostarsi nettamente dal trend del rap europeo?
Cali: A me personalmente piace fare l’opposto di quello che funziona al momento, giusto per dare la mia visione senza farmi influenzare o senza essere paragonabile a qualcosa di già sentito (anche se un po’ è naturale). Le influenze derivano dal triliardo di ascolti che abbiamo alle spalle su tutti i fronti possibili, dalla roba electro alla musica funk africana, dalla musica nata grazie agli afro-americani negli ultimi 50 anni al prog-rock europeo. C’è di tutto e ci riguarda direttamente o indirettamente.
Fid: Chi ci segue sa che le influenze soul/jazz nelle nostre produzioni sono degli ingredienti essenziali da sempre assieme a molti altri, non avevamo intenzione di discostarci da nessun trend; abbiamo semplicemente fatto la musica che ci piace fare, con influenze di ogni tipo senza paranoie e dogmi. Questo è sempre stato l’approccio.
Morphe: Più o meno 3 anni fa, siccome creavo ad orecchio e sapevo molto poco da un punto di vista musicale, decisi di approfondire un lato, in parte mancante, della mia cultura (sono sia italiano che afro-americano) e di studiarmi scale e accordi per suonare e soprattutto per arrangiare pezzi con la tastiera. I generi che più volevo rappresentare erano l’RnB, il Jazz, il Neo-Soul e tutta la Black music cercando di incorporare comunque anche suoni nuovi. Per questo disco, per una mia fissa personale, ho deciso di fare tutto senza usare campioni a parte per qualche campione vocale e qualche effetto. Probabilmente campionerò ancora in futuro ma volevo sperimentare interamente col suonato. Per me fare musica deve essere sempre una sfida con me stesso e lo è stato decisamente.
L’album esce per Unlimited Struggle e per l’etichetta austriaca Hector Macello che, oltre ad essere la label di Fid Mella, è ormai un nome importante nella scena sia in Germania che in Austria. Come è nata questa collaborazione?
Fid: Hector Macello è la label che ho fondato insieme a Mainloop per avere modo di fare uscire la mia musica e quella dei miei amici in modo immediato. Anche se più che una label è un collettivo di artisti. US è sempre stata la mia famiglia musicale in Italia oltre ad essere un etichetta professionale, per questo abbiamo chiesto aiuto ai fratelli di Unlimited per spingere questo disco.
Cali: Hector ha dentro, a mio gusto, alcuni tra i top producer in Europa. Molti di loro li ho conosciuti la prima volta in cui sono andato a Vienna, a 18 anni. Prima che amico e collaboratore sono fan di Fid, come sono fan della roba che fa Brenk(Sinatra) o della roba che sta facendo Clefco con Anthony Mills. Mi è venuto automatico buttare l’idea.
Morphe: Ho conosciuto molti dei membri di Hector quando sono stato a Vienna, avendo una visione molto vicina da un punto di vista creativo la cosa ha funzionato perfettamente. A creare con Unlimited mi trovo bene, li conosco da un po’ e ci ho già lavorato occasionalmente in passato nel corso di questi 10 anni. Tutto coincideva.
Immagino vi siate fatti un’idea della scena rap/hiphop per quanto riguarda il mercato “im deutschsprachigen Raum” (in lingua tedesca). In cosa si differenzia secondo voi da quella italiana? Cosa manca alla scena e al mercato discografico in Italia e viceversa?
Fid: La Germania ha un mercato musicale enorme e molto differenziato, in confronto quello austriaco, che ha un decimo degli abitanti, è quasi inesistente. Questo significa che per avere successo in Austria devi sfondare nel mercato tedesco, che non è una cosa scontata. I cosiddetti paesi GSA (Germania, Austria, Svizzera) nel migliore dei casi trovano un modo per entrare in una sorta di scambio culturale e questa è sempre una buona cosa per l’arte. Bisogna dire che questo scambio potrebbe essere molto più vasto. Comunque penso che realtà piccole come la nostra di Hector Macello riescono a occupare uno spazio più facilmente in un ambiente del genere. L’ Italia mi sembra un mercato più isolato sia economicamente ma soprattutto da un punto di vista artistico. Ci sono meno stimoli internazionali e tutto è più autoreferenziale, ci sono meno label indipendenti pronte a rischiare e l’arte soffre di questa cosa. Di conseguenza in Italia la qualità e la creatività artistica hanno perso valore col passare degli anni e questo si vede ovunque, non solo nell’ambiente musicale.
Morphe: Non conosco abbastanza la scena austriaca per esprimerne un’opinione ma la scena tedesca già nei primi anni 2000 aveva molti più artisti di origini straniere sia emergenti che mainstream rispetto all’Italia (anche adesso), ma per fortuna questo sta cambiando anche nel nostro paese. Penso che qui manchi apertura culturale se comparata a molti altri paesi europei, nel senso che difficilmente vengono incorporate idee che potrebbero arricchire le persone, la musica e anche l’arte in generale. A parte questo, penso anche che mancando la conoscenza dell’inglese (che non è facile ottenere non essendo incentivati ad impararlo), lo scambio di idee con altre culture sia penalizzato.
In un forum che si occupa di Rap italiano (ebbene si, esistono ancora! ndr) ho letto un commento che, visti anche i tuoi spostamenti logistici, mi ha fatto sorridere ma anche un po’ riflettere. Un utente nel topic riguardante “L’uomo con due cuori” scrive: “L’Italia non merita questo disco”. Siete d’accordo?
Cali: La domanda è spigolosa. Il discorso più che altro è che in Italia, dal mio punto di vista, non si arriverà mai ad avere una scena eterogenea (parlo di ciò che deriva dalla black music). Sembra che debba tutto funzionare per forza a tormentoni. Ad un giro esce uno e viene eletto il migliore in assoluto, quello che si prenderà la scena ecc.ecc.. Poi passa il tempo e ne esce un altro e viene eletto il migliore in assoluto e viene messo in ombra il “migliore in assoluto” precedente. E via così. Non c’è mai nulla di oggettivo, di basato sul merito artistico in questo meccanismo e non aiuta di sicuro a creare un panorama musicale vario proprio perché per avere un pubblico il tuo nome dev’essere sempre scritto in grande e devi fare quello che va al momento. E questo non è possibile. O sei tutto o sei niente. E neanche questo è reale. Per fortuna c’è chi fa la sua cosa e alla fine comunque riesce a farla girare, ma son casi rari. Io ho sempre fatto il cazzo che mi pareva, nel 2007 canticchiavo sul boombap, nel 2013 facevo cloudrap, ora questo, risultando sempre fuori moda col nome scritto a caratteri medi. Qual era la domanda?
Morphe: Ti direi che non facciamo discriminazioni, ma ciò significherebbe fare discriminazioni. Sto scherzando, ma concordo con quello che dice Cali. A volte vediamo la musica troppo sotto forma di generi o mode piuttosto che apprezzarla in silenzio o non, e non pensiamo esattamente a quello che ci piace. Non penso ci sia un meglio o un peggio, piuttosto che esistano colori e sfumature da apprezzare per gusto personale. Il problema sorge nel comparare o nel compararsi. Anche se a volte creare un contrasto per definire il “livello” di un qualcosa è parte della natura umana (e ciò ne facilita la catalogazione) ma spesso trovo che ne rovini l’aspetto artistico. Ogni espressione artistica la vedo come a se stante, da non collegare al passato o al futuro. Salvo per motivi di comunicazione, etichettare, misurare, calcolare o quantificare questa cosa è difficile, non è scienza o matematica o forse sì, ma sotto forma di musica. Perciò la valutazione la vedo aliena in senso oggettivo se vogliamo rendere questa musica duratura e non la cosa del momento e basta.
Ci saranno delle date live anche al di fuori dei confini italiani?
Cali: Mi piacerebbe dirti che il mio tour europeo è in fase di organizzazione ma la realtà è che non sappiamo neanche se portarlo in giro dentro i confini italiani. Vedremo, a seconda di come ci pigliamo.