Venerdì 9 giugno Bradley Zero, uno dei più cosmopoliti e innovativi dj della scena contemporanea inglese, sarà ospite di Lattex Plus, nella rinnovata location di Precisamente a Calafuria, un club storico della costa livornese che per quest’evento ospiterà 12 ospiti nazionali ed internazionali per 5 venerdì.
Intervista di Giacomo Alberto Vieri.
Dunque, tu sei cresciuto a Leeds, una città in continuo cambiamento, stimolante: che tipo di infanzia hai avuto e che ruolo ha giocato la musica nella tua crescita come persona e come artista?
Beh, anzitutto ci tengo a dire che la scena house e techno di Leeds è una delle più strutturate al mondo. Io vivevo in campagna, circondato dalla natura e da poco altro, andavo in città il fine settimana, lavoravo nei pub e nei bar, ogni anno andavo al Leeds West Indian Carnival, dove ho scoperto la musica rock per la prima volta. E poi devo tutto al Sub Dub, una vera istituzione di Leeds, un party in stile giamaicano che però ha anche degli elementi di dubstep, techno e jungle. Artisti come Dennis Rootical e Marc Iration hanno creato una vera e propria piattaforma come non ne avevo mai viste prima, una community: si respira un’atmosfera di condivisione e di passione pura attorno ai loro progetti. Dunque direi che Leeds è stata propria una tappa cruciale del mio percorso, poi dal 2006…Londra ha fatto il resto.
Hai mosso i tuoi primi passi, intorno al 2009, lanciando un programma radio (Rhythm Section), un progetto stimolante ed innovativo che ti garantì visibilità e fama: quali sono i ricordi più belli legati a quell’esperienza e alla fatica fatta per costruire l’inizio della tua carriera?
Vi racconto soltanto la prima diretta, per rendere l’idea. Registravo negli studi di South City Radio – che adesso si chiama Reprezent – a Peckam. Andai on air con un’amica, Rose Dagul, e avevamo come ospite Paul Purgas degli Emptyset.
Ero incredibilmente nervoso, mi tremavano le mani e la voce. Premevo i tasti scorretti, ero impacciato. Paul (una delle persone più piacevoli e divertenti che abbia mai intervistato) seppe mettermi a mio agio e da quel momento mi sembrò di volare. Cominciai a prendere sicurezza e finii la puntata ripetendo in continuazione: “Ecco, finalmente l’ho capito. Questo è esattamente ciò che voglio fare nella vita”.
Raccontaci qual è la condizione perfetta per mettere musica? Quella giusta vibe che ti fa decollare una serata.
Beh, dire “un buon sistema sonoro”, è quasi scontato: più importante delle casse e degli amplificatori è la stanza. Rendere perfetta l’acustica di un luogo è fondamentale.
Più forte non significa sempre e per forza migliore! È molto importante iniziare tranquillamente: le orecchie delle persone possono acclimatarsi, la gente deve parlare e sentirsi reciprocamente.
Come DJ do massima importanza ai volumi, sono quelli che creano il mood ideale. Per il resto direi che non amo stare sul palco, preferisco suonare a livello o leggermente sopra la folla, mi piace che ci sia anche soltanto una luce rossa, trovo che quel colore cambi automaticamente lo stato d’animo, trovo divertente salutare le persone col microfono, ringraziarle e dar lor la buonanotte e quando sono in forma, magari, anche canticchiare qualcosa.
Per finire, non vado da nessuna parte senza il mio mixer per eccellenza, l’E&S DJR 400. E infine un sacco, ma proprio tantissimi dischi.
Quali sono le tue più grandi fonti di ispirazione? Verso dove guardi quando componi o metti musica?
Le persone, la natura, la quiete. Certo per fare il mio lavoro sarebbe impossibile non amare l’atmosfera festaiola e tutta l’adrenalina e il glamour che ruota attorno alle serate e al clubbing, ma se non lo si bilancia con del sano tempo off, con la famiglia, la tranquillità, i propri interessi, allora diventa impossibile trovare l’equilibrio perfetto, lo stimolo propulsore per dare il massimo. Ricavarmi degli spazi per andare ed essere altrove: questo è il mio trucco.
Stai diventando un artista davvero cosmopolita, che riesce a suonare con disinvoltura in eventi e location internazionali e spesso molto diversi fra di loro. Qual è una delle tue esperienze più memorabili?
Ce ne sono davvero tante, in realtà. Potrei dirvi che suonare al Cairo per l’anniversario della Primavera Araba, in una festa in Piazza Tahrir, circondata dai militari egiziani, in un clima quasi surreale, fuori dal tempo e dalle definizioni…beh, sicuramente è una di quelle.
E poi amo molto l’Australia, un paese che a livello naturalistico mi affascina più di ogni altro. Vorrei avere più tempo per visitarla al meglio, l’ultima volta che ci sono stato ero da solo e sono andato a visitare il Red Centre: un luogo davvero indimenticabile!
Sebbene tu sia così giovane, hai già collezionato una serie di partnership e collaborazioni incredibili: qual è l’obiettivo a cui aspiri e che hai ancora non hai raggiunto?
Quest’anno abbiamo aperto uno spazio che ci ha tolto abbastanza ore di sonno: la prossima mossa è quella di cercare nuovi talenti, giovani, che non riescono a farsi ascoltare dalle radio o dai producer. Rappresentare questo gruppo di ragazzi, dar loro una possibilità, provare a colmare il grosso gap generazionale che si è creato nella musica elettronica…questa è una sfida faticosa, ma mi sento prontissimo.
E poi… poi spero di riuscire a trovare il tempo per dipingere un po’ e suonare la batteria. Voglio avvicinarmi a vivere la vita con la teoria del “giorno per giorno”: per adesso c’è ancora da stare nella mischia e darsi daffare.