Antisocialites degli Alvvays è un disco che sa d’estate anche se l’estate l’ha acchiappata per il bordo di una manica di una t-shirt. Dove scappi?, gli chiede. È Settembre, risponde lei con un occhio velato dalle lacrime. E fugge.
Affretta il passo mentre ci dimentichiamo dei ghiaccioli in frigo, nascosti ormai dietro la busta di minestrone. E quest’autunno li troveremo come due archeologi che fanno la scoperta del secolo. Saranno lì con i loro colorini fluo a sorriderci, a scivolare tendendoci un agguato dallo scomparto più alto, come un fochino sul ghiaccio. Sono ancora qui.
L’estate corre come il Bianconiglio. E’ tardi, è tardi, col suo orologio nel panciotto, e se ne va di gran carriera. Perché ora è tardi, ha ragione, come dicevano gli Alvvays nell’incredibile Marry Me, Archie del disco precedente:
too late to go out, too young to stay in
È tardi per riavvolgere quella cassetta azzurra nel mangianastri, succhiando avidamente una rotella di liquirizia. Tardi per un bacio in riva al mare, quell’unico bacio che ti avrebbe consegnato di diritto all’eternità, riempiendoti di colori e luci. Tardi anche per quel giro in bici all’alba, quello che ti eri ripromesso avresti fatto in coppia per poi fare l’amore sull’erba mentre la città si svegliava lentamente.
E tardi, inevitabilmente, per quella timidezza testarda e cieca che ti ha fatto stare barricato in casa durante l’estate a leggere tomi e divorare i dischi del cuore, cercando di dimenticare quell’amore a cui neanche ti eri dichiarato (e che forse è nato e rimasto nella tua testa). Ora si è diversi, hai cambiato taglio di capelli, si è cresciuti tutti di un colpo, il sogno è finito, puff!, va a sciacquarti la faccia, dai.
Una volta un caro amico mi ha scritto:
L’estate è quello strano miscuglio di giovinezza e adultità. D’estate è più possibile vivere di fantasia, è il momento dell’anno dove ci sentiamo più forti e meno soli, e sappiamo in cuor nostro che abbiamo mille possibilità e strade da intraprendere, se solo vogliamo muovere il culo. Tanto Natale è già alle porte e per mugugnare e brontolare ci sarà tutto il tempo del mondo e la pioggia per settimane.
Antisocialites degli Alvvays suona così. È un disco che puzza di salsedine, di pelle e Nivea, di sguardi non corrisposti, di camminate in solitaria o ancora:
quella furia cristallina che troviamo nella seconda parte di Plimsoll Punks o in quel miracolo di Saved by a Waif (già conosciuta dai fan più affezionati come New Haircut);
quella sferzata con cambio di registro in Your Type che lascerebbe chiunque con un sorriso feliciotto;
quel momento pazzesco di Not My Baby in cui Molly Rankin canta a voce spiegata The nite is like a fading radio/The lake was frozen over long ago;
oppure le ballatone Already Gone, un pezzo che suona quasi Clientele o i mai dimenticati The Harvest Ministers, e la finale Forget About Life, con le tastiere che la fanno da padrona – e che in questo disco acquistano un peso specifico notevolissimo tanto da spostare l’equilibrio di una canzone verso uno o l’altro mood, l’euforia liberatoria o la serpeggiante malinconia.
Antisocialites degli Alvvays è enorme nel suo catturare un sentimento sfuggevole (sfuggevole come l’estate e la durata del disco, appena 33 minuti di caramellina gommosa) eppure così universale. Antisocialites parla di tutti noi a tutti noi. Di quello che siamo stati e che saremo, delle cose che rimpiangiamo di non aver fatto e che ci promettiamo di fare, l’estate scorsa, l’estate prossima.