L’energia del suono
– Una chiacchierata coi Mount Kimbie
Intervista di Luca Martinez
Incontro i Mount Kimbie all’Ortigia Sound System Festival. Dom e Kai arrivano con il loro tour manager di due metri, sono un po’ stanchi ma ci mettono poco a riprendersi quando vedono la cena che lo staff ha ordinato per loro. Kai sportivo con la maglietta grigia della Champion x Wood Wood e Dominic in camicia a quadratini verdi e neri.
Nel 2013 avevamo intervistato i Mount Kimbie di Hotflush, dell’era Uk Techno, della diatriba sulla post-dubstep; quando dal loro piccolo studio erano passati ai grandi palchi e la macchina mediatica intorno a loro si era appena messa in moto.
Oggi abbiamo due artisti maturi che quattro anni dal loro ultimo album, presentano “Love What Survives“, di cui sta già parlato tutto il mondo.
“Love What Survives” è il titolo, ma suona più come una sentenza.
Synths vintage e korg (MS-20 e Delta); gli ingredienti impreziositi di volta in volta dalle doti artistiche di James Blake, Andrea Balency, Micachu e King Krule.
Kai a Londra da sempre e Dom dal 2016 a L.A. ma la voglia di fare musica insieme ha vinto sulla distanza, che è invece diventata il punto di forza di questo album.
Come mi dicono fin dall’inizio, spostarsi continuamente da uno studio all’altro li ha “costretti” ad incanalare le proprie energie su ogni singola traccia, piuttosto che preoccuparsi di mantenere lo stesso mood in tutto il disco. Si sono poi resi conto che era il modo giusto di lavorare, quello che cercavano e grazie a questo mutamento di prospettiva il disco ha tutta un’altra forza.
Mentre iniziamo a parlare ho ancora in testa “Blue Train Lines” con King Krule che si supera per l’ennesima volta e i ragazzi confermano il suo talento assoluto, destinato a brillare a lungo. Pensando ai due features nel disco con James Blake, chiedo se in questa occasione avessero dato indicazioni precise al loro caro amico ma mi viene risposto che la collaborazione è nata per caso in realtà, così come per tutti gli altri nomi. L’obbiettivo era semplicemente quello di coinvolgere amici ma anche artisti formidabili per poter dare alla loro musica una nuova dimensione.
“Volevamo più voci in questo album, ma ognuno di questi artisti per noi rappresenta qualcosa di più”
Ascoltando tracce come “Auditon”, “T.A.M.E.D.” troviamo l’essenza dei Mount Kimbie 2.0: vibrazioni alternative rock, pop sofisticato e l’influenza di Las Angeles. Così come qualche suono divenuto cavallo di battaglia o marchio di fabbrica se preferite ed è il caso di SP12 Beat. Il duo inglese attinge anche da sonorità post-punk, e subito dopo scalda il cuore con note soulful.
Mi sorge spontanea allora la curiosità di sapere se il nuovo tour sarà accompagnato anche da un visual show per dare una nuova veste al loro live.
“Abbiamo fatto tante date e ci sono ancora molti festival a cui dobbiamo prendere parte in questo periodo. Appena ci fermiamo un attimo ci penseremo ma probabilmente sarà ad Ottobre. Posso dirti che l’intento sarà quello di creare l’atmosfera giusta ma un visual show può essere anche fonte di distrazione per il pubblico.”
A questo punto dobbiamo capire come e se è cambiato il loro modo di comunicare e di promuove: “Avevate un weekly show sulla prestigiosa NTS Radio. Apprezzate ancora la radio come mezzo di comunicazione? O volete esplorare nuove strade?”
“La radio per noi è un mezzo fondamentale, che abbiamo usato tanto e ancora useremo. Internet è uno strumento pericoloso perché oggi attraverso algoritmi vengono consigliati solo ascolti simili, invece con la radio l’ascoltatore può scoprire generi nuovi e ritrovare il piacere di scoprire nuova musica.”
Mi confidano di essere cresciuti con i programmi radio di John Peel.
I Mount Kimbie fanno parte del colosso Warp che nell’immaginario comune è una major che detta legge sul mercato discografico. Mi interessava però anche approfondire il rapporto di questa label con i ragazzi; quando chiedo loro quale fosse stata la reazione dei capi al primo ascolto del nuovo album, ridono perché entrambi non si ricordavano le parole precise, bensì la reazione del festaiolo Steve (uno dei tre fondatori) quando è andato a sentirli la prima volta in Francia e loro avevano appena firmato. Non hanno mai visto persona più scalmanata e l’hanno definito una figura mistica.
“Loves That Survives” è il genere di album su cui partiranno le scommesse per indovinare i nomi dei futuri remixers. Anticipo che i due favoriti di Kai e Dominic sono William Basinsky e Nina Kravitz.
A quanto pare nessun brand si è ancora aggiudicato una traccia del disco da utilizzare nelle pubblicità ma i ragazzi ci sperano perché farebbe bene alle loro tasche dicono scherzando.
Mi lasciano indicandomi la loro artista italiana preferita: Suzanne Ciani, precisando che sono al corrente sia solo in parte italiana.
Li saluto e intanto ripenso al disco e a quanto abbia ragione il nostro Dariush: lo scopo dei Mount Kimbie è essere irripetibili.
L’ultima immagine, che mi piace inserire in chiusura, è quella di un mio amico che si avvicina a Kai per parlargli di come la scena siciliania si stia svegliando e si sente rispondere: “Grande! Ma a me non interessa, io adoro la Sicilia per i pomodori…“