ENZO CARELLA – Sfinge (1981)
Tanto è stato detto, molto, molto altro ci sarebbe da dire su questo capolavoro, per molti versi canto del cigno artistico del cantautore romano da poco scomparso (avrebbe rotto il silenzio in altre 3 occasioni durante il resto della sua vita, con un pugno di canzoni mai banali ma penalizzate da registrazioni non sempre all’altezza).
Per la prima volta orfano dei Goblin (che avevano suonato sui primi due dischi) ma forte della produzione magica di Elio D’Anna degli Osanna (qui anche al sax e al flauto) che aggiunge al solito piglio funk anche saporitissime spezie etniche e sognanti (col suo team D’Anna sarà al lavoro poco più avanti anche su “Musica è” di Enzo Cervo, altro capolavoro da riscoprire).
Cosa dire dinanzi a un disco simile? Proprio come una Sfinge, si staglia immenso, bellissimo, apparentemente perfetto, ma non ci lascia nemmeno per un secondo la sensazione che Carella, dietro al suo sardonico sorrisetto, ci parli da un posto altro, da un mondo sicuramente inaccessibile ma che possiamo avvertire anche noi come scuro, vizioso e infinitamente malinconico.
Qui Pasquale Panella firma il suo capolavoro, poco prima di prendere il timone della corazzata silenziosa di Battisti: quando cantati dalla voce dolce e lunare di Carella, i suoi versi, pieni di nonsense e brillanti allegorie risuonano magici, mai fine a se stessi e, non di rado, illuminanti.