I Vessels non hanno bisogno di presentazioni.
Non siamo i soli a definirli una delle band pop electronic più importanti della musica contemporanea.
Lee J Malcolm, Martin Teff, Peter Wright, Tim Mitchell e Tom Evans non rilasciano spesso interviste: prendiamo quindi questa occasione come una prova di quanto sia importante per loro il quarto album The Great Distraction, uscito il 29 Settembre per la Different Recordings.
Il 28 Settembre è uscito il video di “Mobilise” con protagonisti gli stessi membri della band insieme al campione britannico di Jet Ski. Le riprese sono state fatte alla foce del fiume Tamigi e alla fortezza di Red Sands. Queste torri armate stendono un’ombra minacciosa sulla scena e la traccia al tempo stesso risuona come una chiamata alle armi per uno scontro imminente in un’ambientazione futuristica ed inquietante.
“Mobilise”, ci dicono i ragazzi, è il cuore del disco per via delle sue poliritmiche imprigionanti che rievocano un senso di malinconia e il desiderio di continuare a sperare.
Ciao ragazzi,
prima di tutto piacere di conoscervi. Quasi scontato dirvi che sono un vostro grande fan. Trascorsa una giornata intera con il vostro album in cuffia, mi sono venute in mente alcune domande oltre a quelle che avrei voluto farvi da sempre.
A mio avviso è il miglior album dei Vessels e uno dei migliori del mese.
Tom, inizio da te, chiedendoti se consideri ancora la vostra musica come “Live Dance Music”, definizione data da te qualche anno fa, o se ritieni che dietro a questo disco ci sia qualcosa di più.
Tom: Sì, questa definizione combacia ancora con quello che stiamo facendo ora. Potremmo anche definire le nostre produzioni come “live electronica” perché alcuni brani di questo album sono molto introspettivi e meno da dancefloor, ma penso comunque siano due definizioni interscambiabili.
Chi scrive di musica spesso è interessato a conoscere le influenze musicali dietro ad ogni uscita, io sarò uno di questi, ma vi chiedo se ognuno di voi può indicarmi una band, un produttore, una traccia o semplicemente una scena musicale in particolare, che ritiene esser stata essenziale per incanalare le energie giuste che hanno poi portato alla realizzazione di The Great Distraction.
Tom: Tim Hecker, perché riesce a creare con la sua musica un’atmosfera particolare, quasi tangibile e al tempo stesso ti fa vagare anche con la mente.
Il suo sound è impeccabile, denso e incredibile.
Tim: Caribou – Our Love. Caribou e la sua band rappresentano per me un punto di riferimento per l’abilità con cui usano i synth, le percussioni (sia suonate sia come sample) e vocals, con un incredibile varietà di pezzi che si adattano al dancefloor ma al tempo stesso ti scaldano il cuore.
Lee: Rival Consoles – Night Melody. Mi perdo in questo disco. Le ritmiche e i beats che contiene ti lasciano senza parole.
Martin: Erik Luebs, perché nelle sue produzioni la precisione e il virtuosismo incontrano l’imperfezione e la fragilità umana.
Pete: Kamasi Washington – Truth. Ancora meglio sentirlo live!!
Tom, durante un’intervista hai affermato che la musica contemporanea non ha bisogno di essere rilasciata su formati fisici, ma questo album è uscito in vinile.
Penso che ascoltare la musica in vinile sia un’esperienza totalmente differente, direi un rituale e ci si concentra molto più sul processo d’ascolto di quanto si faccia nel caso di un file audio. La musica, insieme a molti altri elementi che compongono il background culturale dell’uomo, ha perso potenza ed è facile che passi inosservata per via della sua onnipresenza, ma la rinnovata popolarità dell’ascolto del vinile potrebbe bilanciare le cose, effettivamente.
Avete coinvolto molti artisti. Perché proprio loro?
Tom: Nel caso di Katie Harkin posso dire che è un’amica da diverso tempo, figura di spicco della scena musica a Leeds e la sua voce era perfetta per il sound di “Deeper In A Sky”.
Siamo grandi fan di The Flaming Lips e quando hanno accettato di collaborare ci siamo sentiti tutti e cinque sulla luna. Vincent Neff e John Grant hanno sempre scritto delle canzoni bellissime e l’hanno fatto anche per noi.
Quarto album, ragazzi. E’ stato difficile trovare le energie per questo capolavoro o tutto è venuto da sé?
E’ stata dura, non ti mento! Avevamo in mano il 90% del disco un anno prima di avere i master e abbiamo impiegato un altro anno ancora per raggiungere quel 10% che ci mancava. Penso sia uscito un ottimo disco, ma gli ultimi mesi sono stati faticosi.
Quando vi siete accorti che eravate sulla strada giusta?
Tom: Se devo scegliere un momento, direi quando abbiamo sistemato la track list nell’ordine giusto. In quell’istante ho capito che c’eravamo.
Ho visto che avete allestito un live show particolare.
Tom: Si abbiamo curato noi le luci, usando l’Infinity Mirror e programmazione sincronizzata LED, il tutto comandato via Ableton Live durante la nostra performance, per migliorarla e arricchirla di dettagli.
Cosa ricordate del vostro album di debutto?
Tom: Ricordo che eravamo molto ispirati dalla storia del Pachyderm Studio, in Minnesota, dove l’abbiamo registrato. Io ero ossessionato dai Nirvana e dal loro “In Utero” che è stato registrato sempre là, e per me è stato un successo anche solo stare tra quelle mura. Ricordo ancora l’emozione che ho provato quando Lee ha collegato tutti i nostri pedali per dare la giusta sfumatura alla nostra “Walking Through Wals”.
Siete voi a scegliere il nome dell’artista che apre i vostri concerti o è qualcosa di cui si occupano altre persone?
La performance che ci precede deve essere di un artista in grado di creare il giusto mood e ci deve piacere musicalmente ovviamente, ma spesso l’aspetto cruciale da tenere in considerazione è quanta strumentazione questo o questi si portino dietro perché il nostro setup è piuttosto ingombrante e sarebbe complicato e stressante rimontare tutto poco prima del nostro inizio. Quindi deve essere un live set conciliabile con la nostra strumentazione già sul palco, senza ulteriori modifiche o cambiamenti.
Non mi piace parlare al posto degli artisti, quindi chiedo direttamente a voi che cosa è cambiato dall’ultimo disco dei Vessels.
Allora, il nostro Lee si è dato alla sintesi modulare e questo penso si noti in questo album anche perché è lui per lo più che scrive i brani. Non abbiamo modulari sul palco, ma molti suoni saranno fatti dal suo Eurorack.
Lo slogan di questo disco?
“Making noise from light in dark times”, penso sia appropriato!
Cosa fate tutti insieme quando non siete i Vessels?
Mangiare, bere qualcosa insieme, andare a ballare, condividere molta musica, giocare ai videogiochi, guardare film, stare con i nostri figli e disperarci per quello che accade nel mondo.
Il mio evergreen: tre nomi di remixer e perché.
Dark Sky, perché sono i numeri uno.
Bicep, per la loro capacità di produrre dance music.
Four Tet, perché tutto quello che tocca Kieran diventa oro. Non ho mai ascoltato un suo remix che non mi sia piaciuto.
Ci siamo incontrati tempo fa all’Ex Diurno, a Milano. Non siamo riusciti a prenderci una birra. Ho qualche possibilità la prossima volta?
Tom – Certo! Speriamo di tornare in Italia il prossimo anno!