Mighty rearranged, Robert Plant
Un passo indietro nella mia storia. Torno al mio amore per Robert Plant. Alla forza di chi a settant’anni ancora sforna album bellissimi, si emoziona per averlo per la prima volta prodotto da solo, e ti dice in faccia a muso duro: “non si torna indietro!”
A parte che queste parole per me sono importantissime: non si torna indietro. Un motto essenziale. Chissà se è sempre così, ma la carriera solista di Plant per me è un esempio di vita.
Anche io adoro l’oriente e la ricerca delle sfumature delle musiche gnawa, delle melodie egiziane, di quelle orientali. E in questo mi sento molto affine a lui. Forse direi che me le ha anche insegnate.
Una mattina, tornato da una di quelle sbronze devastanti, che fai solo quando vuoi veramente mettere a tacere il tuo cervello, che non riesci ad alzarti dal letto neanche per capire che ore sono, avevo da pochissimo messo nel mio ipod questo disco. Nell’eco sordo di quella stanza mi sentivo sollevato, illuminato. Non riuscivo a crederci: papà Plant aveva fatto un album incredibile! Si era superato in una maniera pazzesca. Pure io voglio essere così, ho pensato.